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  • Giovedì 16 novembre 2023

L’opposizione in Madagascar ha chiesto di boicottare le elezioni presidenziali

Si sta votando oggi dopo settimane di grandi proteste e dubbi sulla legalità della candidatura del presidente uscente Andry Rajoelina

Un elettore nella capitale Antananarivo il 16 novembre 2023 (AP Photo/Alexander Joe)
Un elettore nella capitale Antananarivo il 16 novembre 2023 (AP Photo/Alexander Joe)
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Da giovedì mattina in Madagascar si sta votando per il primo turno delle elezioni presidenziali dopo sei settimane di proteste da parte dell’opposizione, che ha descritto il voto come un «colpo di stato istituzionale» e «una farsa» per rieleggere l’attuale presidente Andry Rajoelina. Il voto è iniziato alle 6 di mattina e finirà alle 17 (15 ora italiana). Mercoledì nella capitale Antananarivo era stato imposto un coprifuoco: il capo della polizia ha detto che la decisione era stata presa a seguito di vari atti di sabotaggio tra cui l’incendio di un seggio elettorale.

Il Madagascar è una repubblica semipresidenziale con una popolazione di 30 milioni di persone, 11 milioni delle quali si sono registrate per votare. È considerato uno dei paesi più poveri al mondo: secondo la Banca Mondiale, nel 2022 il 75 per cento della popolazione viveva al di sotto della soglia di povertà.

L’attuale presidente Andry Rajoelina ricopre questa carica dal gennaio del 2019. Prese il potere per la prima volta nel marzo del 2009, con il colpo di Stato che costrinse alle dimissioni l’allora presidente Marc Ravalomanana, e governò il paese fino al 2014, quando gli fu impedito di ricandidarsi. Si presentò però alle elezioni del 2018 e vinse al secondo turno con il 56 per cento dei voti battendo proprio Ravalomanana, che accusò la commissione elettorale di aver facilitato la vittoria di Rajoelina.

– Leggi anche: La Russia si è immischiata anche in Madagascar

A giugno del 2023, un’inchiesta condotta da diversi giornali, fra cui il quotidiano francese Le Monde, rivelò che Rajoelina era diventato cittadino francese nel 2014, perdendo di conseguenza la cittadinanza malgascia, dato che il Madagascar non ammette la doppia cittadinanza. Rajoelina si è giustificato dicendo che l’aveva fatto solo per facilitare il proseguimento degli studi all’estero dei suoi figli. Tuttavia, questo significa che non avrebbe potuto candidarsi alle elezioni del 2018, né diventare presidente. Anche la sua candidatura alle elezioni del 2023 non sarebbe valida, ma a settembre la Corte Costituzionale aveva respinto i tre ricorsi dell’opposizione che ne chiedevano l’invalidamento proprio per la mancanza di nazionalità malgascia.

Così, da oltre un mese e mezzo si stanno svolgendo in tutto il paese manifestazioni che chiedono il ritiro della sua candidatura, represse violentemente dalla polizia. Da settimane ai manifestanti è impedito di entrare in Place du 13 Mai, luogo simbolico della capitale dove si sono verificati tutti i principali eventi della politica malgascia.

Oltre a Rajoelina ci sono altri 12 candidati, 10 dei quali si sono coalizzati e hanno rifiutato di partecipare alla campagna elettorale e ai dibattiti televisivi per denunciare quella che sostengono essere una violazione della Costituzione. L’opposizione è sicura che anche il risultato del voto verrà modificato e accusa Rajoelina di sfruttare il suo controllo sulle istituzioni per favorire la sua rielezione. I 10 candidati hanno quindi chiesto alla popolazione di boicottare le elezioni non andando a votare.

A metà ottobre la Corte Costituzionale aveva rimandato di una settimana la data del primo turno dopo che due candidati, fra cui l’ex presidente Marc Ravalomanana, erano stati feriti in due momenti diversi da granate lacrimogene lanciate dalla polizia. Le Nazioni Unite, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione per la situazione dei diritti umani e della pace in Madagascar, e hanno detto che seguiranno le elezioni con attenzione.

Le proteste di sabato nella capitale Antananarivo (AP Photo/Alexander Joe)

La tensione è cresciuta ancora la settimana scorsa, quando la presidente dell’Assemblea nazionale Christine Razanamahasoa, che fa parte dello stesso partito del presidente, ha chiesto formalmente al governo di sospendere le elezioni, sostenendo che al momento non ci sarebbero «le condizioni per un’elezione pacifica, credibile e accettata da tutti». Rajoelina ha respinto la richiesta, definendola «inverosimile», e Razanamahasoa, che partecipò al colpo di stato del 2009 e fu una delle figure più importanti della politica malgascia, è stata espulsa dal partito.

Nelle scorse settimane circa sessanta organizzazioni della società civile e sindacati malgasci avevano chiesto di annullare o posticipare le elezioni per scongiurare la possibilità di una «crisi ancora più dura e violenta».

Razanamahasoa ha chiesto l’intervento della Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale (SADC), un’organizzazione internazionale che lavora per la cooperazione politica e l’integrazione socio-economica tra quindici paesi africani. La SADC ha detto che seguirà attentamente lo svolgimento delle elezioni, ma che non ha il potere di chiedere al governo di rimandarle. Intanto la Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) del Madagascar, che si occupa di garantire il corretto svolgimento delle votazioni, ha detto di essere pronta a fornire risultati affidabili già il 17 novembre, anche se molti hanno giudicato insufficienti i mezzi impiegati per garantire l’efficacia della sua operazione di controllo.