Che mangino croissant, o cornetti, o brioche

Sono tre dolci da colazione diversi, spesso confusi e chiamati in modo differente al Nord, al Centro e al Sud

Una scena del film Colazione da Tiffany
Una scena del film Colazione da Tiffany

Se vivete nel Nord Italia è possibile che la mattina chiediate al bar per colazione caffè e brioche; quasi certamente, però, il dolce da colazione che desiderate è il cornetto, come viene chiamato correttamente nel Centro e nel Sud Italia, dove è una cosa ben distinta dalle brioche, ugualmente diffuse. C’è anche un terzo dolce che in Italia si mangia spesso a colazione e che viene a volte confuso con gli altri due: il croissant francese. In realtà si tratta di tre prodotti che hanno ingredienti, preparazioni e storie differenti, e gli equivoci linguistici sono spesso oggetti di conversazioni – conversazioni letteralmente da bar – a cui possono tornare utili alcuni riferimenti storici e gastronomici.

La brioche

La brioche è un dolce lievitato francese a base di farina, latte, lievito di birra, zucchero e un’alta quantità di uova e burro, che lo rendono soffice, profumato e con una leggera crosticina più scura. Oggi la quantità di burro nell’impasto può essere metà della farina ma tradizionalmente era pari a due terzi. Inoltre si utilizza poco zucchero perché la brioche viene spesso farcita con creme, cioccolata, marmellata e confetture.

La tipologia più diffusa in Francia è la brioche à tête detta anche brioche parisienne: viene cotta in uno stampino e ha una forma simile a un pandoro rovesciato con sopra una pallina. Poi c’è la brioche Nanterre, cotta sempre in uno stampo da forno ma più grande e composta da due file affiancate di tre palline l’una. Durante l’Epifania in Provenza, nel Sud della Francia, si prepara la brioche des rois: un dolce fatto con l’impasto della brioche arricchito con aroma di fiori d’arancio e sormontato da arance e ciliegie candite.

 

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In Italia la brioche à tête è diffusa sia a Napoli sia in Sicilia, dove viene chiamata anche brioscia o brioche col tuppo (come la crocchia di capelli) e servita come accompagnamento alla tipica granita o al gelato. A differenza che in Francia, in Italia si aggiungono all’impasto aromi di limone, arancio e vaniglia, e si utilizza sia lievito madre che di birra per sviluppare meglio il gusto e l’aromaticità del dolce.

L’origine della brioche non è certa ma nel Medioevo, in Francia, esistevano già dolci simili, prodotti con farina, lievito, burro, latte e uova. Nel 1611 il dizionario di lingua inglese e francese compilato dal lessicografo inglese Randle Cotgrave definiva la brioche come un «rotolo o paninetto di pane speziato» proveniente dalla Normandia. Secondo l’etimologia più accreditata la parola deriverebbe dal verbo brier, antica forma di broyer in francese normanno, che significava «lavorare l’impasto con una broye o brie», una specie di rullo di legno usato per impastare. Un’altra etimologia diffusa ma non accreditata è quella sostenuta dallo scrittore Alexandre Dumas nel suo Il grande dizionario di cucina, pubblicato postumo nel 1837: brioche deriverebbe da brie, il formaggio che secondo lui originariamente avrebbe fatto parte dell’impasto, e da oche, che significa fico, e che indica la forma del dolcetto.

Inizialmente, comunque, la brioche era un tipo di pane a cui vennero aggiunti sempre più burro e uova, fino a farlo diventare popolare tra l’aristocrazia francese già dai tempi di re Luigi XIV (1638-1715). Non è invece corretta la comune attribuzione della frase Qu’ils mangent de la brioche («Che mangino brioche») alla regina Maria Antonietta in risposta a una rivolta del popolo senza pane e affamato: la frase si trova già nelle Confessioni  di Jean-Jacques Rousseau, scritto nel 1765 e pubblicato nel 1782, prima dell’arrivo di Maria Antonietta in Francia, nel 1770.

La buona riuscita di una brioche dipende dagli ingredienti usati e in particolare dalla qualità del burro utilizzato. La lavorazione è piuttosto complessa e lunga, perché prevede due impasti e una lievitazione in due tempi, di cui almeno 12 ore in frigorifero. Per finire, la brioche va distinta dal pan brioche, il pain brioché francese, che è più denso, ha una minore quantità di burro e viene utilizzato spesso nelle preparazioni salate come il panettone gastronomico.

Il cornetto
Il cornetto all’italiana è una cosa diversa dal croissant francese, pur avendo una forma simile. È un dolce lievitato che deriva dal kipfel o kipferl: un dolce viennese a forma di mezzaluna, attestato dal 1227 con il nome chipfen, che fa parte dell’antica tipologia di cibi a forma di mezzaluna diffusi fin dai tempi antichi come omaggio alla dea della luna.

Secondo la leggenda, il kipfel sarebbe nato per festeggiare la fine dell’assedio ottomano di Vienna, nel 1683. Si racconta infatti che i soldati turchi avrebbero cercato di entrare in città scavando delle gallerie sotterranee per sorprendere gli abitanti ma sarebbero stati scoperti dai fornai intenti a preparare il pane. La mattina dopo un pasticciere di nome Vendler avrebbe festeggiato la vittoria con un dolce a forma di mezzaluna, il cornetto appunto, simbolo dei nemici sconfitti. L’assedio di Vienna avrebbe dato origine anche alla tradizione del caffè: si racconta che gli Ottomani, lasciando in fretta l’accampamento, avrebbero abbandonato dei sacchi pieni di caffè non tostato; li avrebbe scoperti l’ufficiale polacco Jerzy Franciszek Kulczycki, che avrebbe aperto la prima caffetteria di Vienna nel 1683 (anche se altri studi sostengono che sarebbe stata aperta dal mercante Johannes Theodat nel 1685).

Grazie agli stretti rapporti commerciali tra Austria e Repubblica di Venezia, questo dolce a forma di mezzaluna arrivò in Italia attorno al 1768 e si diffuse insieme ad altri piatti tipici austriaci come i krapfen (bomboloni fritti e ripieni di crema) e il gulasch (uno stufato di carne e verdure insaporito con la paprika) dopo l’istituzione del Regno Lombardo-Veneto a inizio Ottocento. Venne quindi lavorato e trasformato dai pasticcieri veneti e chiamato cornetto. L’impasto prevede farina, latte, uova, zucchero, sale, lievito e il 10 per cento di burro, che viene poi sfogliato (cioè lavorato con una tecnica simile a quella della pasta sfoglia) con l’aggiunta di un altro 25 per cento di burro.

 

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Il cornetto si chiama così al Centro e al Sud, mentre al Nord viene spesso chiamato erroneamente brioche. Un’altra differenza sta negli orari in cui lo si consuma: al Nord si trova quasi solo a colazione mentre alcuni forni nel Centro e nel Sud Italia lo sfornano caldo a notte fonda o nelle prime ore del mattino, mentre i fornai sono al lavoro e il negozio non offre molto altro.

Il croissant
Quasi certamente anche il croissant, come il cornetto, deriva dall’austriaco kipferl. Alcuni sostengono che sarebbe stato portato a Parigi dalla regina Maria Antonietta d’Austria che, come detto, arrivò in Francia nel 1770: era la sua colazione preferita e la fece diventare comune tra gli aristocratici che frequentavano la corte. Di certo si sa che era tra le preparazioni della Boulangerie viennoise (Pasticceria viennese), aperta a Parigi tra il 1838 e il 1839, dall’ufficiale austriaco August Zang. Il locale serviva i dolci tipici viennesi (quelli che ancora oggi in Francia vengono chiamati viennoiserie) e il kipferl era la specialità. In poco tempo divenne di gran moda, venne replicato da altre pasticcerie parigine e prese il nome di croissant, che significa mezzaluna.

 

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A Parigi, però, il croissant si è trasformato rispetto all’originario kipferl. La differenza principale è che l’impasto non prevede uova (in alcuni casi si spennella l’albume sulla superficie per renderla dorata) e ha una quantità di burro compresa tra il 30 e il 40 per cento del totale. Anche la lavorazione cambia ed è simile a quella della pasta sfoglia: la pasta viene laminata (cioè tirata) a freddo con uno spessore di circa 6 millimetri e sopra si stende una quantità di burro plastico (più facile da lavorare) dello stesso spessore. Poi la pasta viene ripiegata e tirata per altre tre volte, così da ottenere le tipiche stratificazioni del croissant. Rispetto al cornetto, il croissant ha meno zucchero e viene anche mangiato salato, farcito con salumi o formaggi.

In Francia si specifica se il croissant è au beurre, cioè al burro, riconoscibile dalla forma arrotolata ma dritta, o semplicemente croissant, impastato con la meno pregiata margarina e dalla forma incurvata. Un tempo quelli che avanzavano venivano venduti il giorno dopo come croissant aux amandes, cioè farciti con crema alle mandorle e cosparsi di mandorle a lamelle (oggi invece sono prodotti freschi, come gli altri della viennoiserie). Anche il pain au chocolat è, di fatto, un croissant au beurre: ha una forma rettangolare e insieme al burro vengono impacchettati panetti di cioccolato fondente.

Il cornetto insomma ha un impasto più corposo del croissant, è più soffice, ha più zuccheri, gli aromi e le uova, inoltre viene spesso farcito con creme e marmellate; l’assenza di uova nel croissant fa risaltare il sapore del burro, la bassa quantità di zuccheri lo rende adatto anche per le farciture salate mentre l’impasto sfogliato lo rende facilmente riconoscibile alla vista e al gusto.

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