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  • Domenica 12 novembre 2023

Il racconto del rapimento di Luis Manuel Díaz

Il padre del calciatore del Liverpool Luis Díaz è stato sequestrato per 12 giorni da un gruppo di guerriglieri colombiano, per errore

Luis Manuel Díaz (AP Photo/Ivan Valencia)
Luis Manuel Díaz (AP Photo/Ivan Valencia)
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Luis Manuel Díaz, padre del calciatore colombiano del Liverpool Luis Díaz, ha raccontato pubblicamente cosa gli è successo dopo essere stato rapito dall’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), un gruppo di guerriglieri attivo in Colombia. Díaz era stato rapito il 28 ottobre ed è rimasto sotto sequestro per quasi due settimane prima di essere liberato giovedì.

Díaz ha raccontato che inizialmente pensava che i rapitori avrebbero chiesto un riscatto, ma che la sua liberazione è poi avvenuta senza alcuno scambio di denaro. Secondo quanto dichiarato dall’ELN, che ha rivendicato la responsabilità dell’accaduto, il rapimento di Díaz sarebbe stato «un errore».

Díaz era stato rapito da alcuni uomini armati vicino a un benzinaio di Barrancas, la cittadina nel nord della Colombia, vicino al confine col Venezuela, dove vive insieme alla moglie, Cilenis Marulanda, che era stata a sua volta trattenuta per qualche ora e poi liberata. Díaz, che ha 58 anni e gestisce una fondazione sportiva per avvicinare i bambini al calcio, ha raccontato di aver dovuto fare a cavallo un lungo tragitto di montagna, sotto la pioggia e in balia di molti insetti, senza riuscire a dormire per giorni.

La polizia colombiana sospetta che sia stato rapito da alcuni affiliati al gruppo mafioso locale Los Primos e sia stato consegnato all’ELN in un secondo momento. Sabato ha fatto sapere di aver arrestato quattro persone sospettate di essere responsabili del rapimento e di aver smantellato il gruppo Los Primos, in un’operazione condotta con l’aiuto dei servizi segreti britannici. Díaz ha raccontato di essere stato trattato meglio dopo essere stato consegnato al gruppo dell’ELN, che gli ha promesso che lo avrebbero liberato il prima possibile. «Mi hanno detto di stare tranquillo, che non mi sarebbe successo nulla, che sapevano che ero una persona umile e apprezzata dai miei compaesani per il lavoro che svolgo».

Durante una partita, la scorsa domenica, Luis Díaz aveva alzato la maglia della sua squadra dopo aver segnato un gol per mostrarne un’altra, con la scritta «libertà per papà».

In un primo momento la polizia aveva sospettato di una banda di criminali locali, ma poi il governo aveva data per certa la responsabilità dell’ELN. L’Esercito di Liberazione Nazionale è un gruppo di guerriglieri marxisti-leninisti con circa 3.500 membri, ed è considerato l’ultimo gruppo armato di sinistra ancora attivo in Colombia, accusato di finanziarsi tramite le operazioni minerarie illegali e il traffico di stupefacenti. Lo scorso 9 giugno era stato annunciato un accordo di cessate il fuoco della durata di sei mesi fra il governo colombiano e i leader dell’ELN, che si erano impegnati a interrompere i rapimenti. L’accordo fa parte di una serie di delicati negoziati di pace voluti dal presidente Gustavo Petro e osteggiati dall’opposizione: non è da escludere che il rapimento di Díaz e la risonanza internazionale che ha avuto possano rallentarli.