La mostra su Gengis Khan che la Cina voleva censurare

È stata inaugurata al museo di Nantes con tre anni di ritardo perché le autorità cinesi avrebbero voluto raccontare a loro modo la Mongolia

Il dettaglio di un ritratto di Gengis Khan del Quattrocento (Wikimedia Commons)
Il dettaglio di un ritratto di Gengis Khan del Quattrocento (Wikimedia Commons)
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Il 31 ottobre al Castello dei duchi di Bretagna, il museo di Storia di Nantes, è stata inaugurata una mostra chiamata “Gengis Khan: come i mongoli cambiarono il mondo”, la prima che sia mai stata organizzata in Francia sul celebre condottiero e sovrano mongolo che al momento della morte era a capo del più vasto impero mai esistito fino ad allora. La mostra raccoglie più di 400 oggetti che nelle intenzioni del museo vogliono offrire una panoramica completa dell’espansione dell’impero mongolo tra il Duecento e il Trecento attraverso documenti scritti, elmetti e carte geografiche: un evento che vada al di là delle storie di guerrieri e dei combattimenti sanguinosi che fanno parte dell’immaginario collettivo.

In realtà la mostra avrebbe dovuto essere inaugurata nel febbraio del 2021, però è stata posticipata perché a detta del museo le autorità cinesi, con cui i curatori avevano cercato di collaborare, volevano avere il controllo di come parlare di Gengis Khan, del suo impero e della Mongolia.

Oggi la Mongolia è un paese con una superficie pari a cinque volte quella dell’Italia e un totale di 3,4 milioni di abitanti, poco più di quelli della Città metropolitana di Milano. Ai tempi di Gengis Khan, che morì nel 1227, faceva parte di un impero che si estendeva dal mar Caspio all’oceano Pacifico ed era due volte più grande di quello Romano nel momento della sua massima espansione. Fu una provincia cinese dalla fine del Seicento al 1921, l’anno in cui ottenne l’indipendenza dalla Repubblica di Cina: da allora una minoranza di persone di etnia mongola continua a vivere nelle regioni cinesi vicine al confine con il paese. Negli ultimi anni il governo cinese ha cominciato a reprimere duramente le minoranze che vivono nel territorio.

Il museo di Storia di Nantes aveva cominciato a organizzare la mostra in collaborazione con il museo di Storia di Hohhot, la capitale della regione cinese della Mongolia Interna, che si trova a nord-ovest del paese e confina con la parte orientale della Mongolia. In un comunicato dell’estate del 2020 il direttore del museo francese e curatore della mostra, Bertrand Guillet, aveva però segnalato alcune ingerenze da parte della Cina, che aveva attribuito «all’inasprimento delle posizioni del governo cinese contro la minoranza mongola nel paese».

Il museo disse che il Partito Comunista Cinese aveva chiesto che nella mostra non comparissero tra le altre parole come “impero”, “mongolo” e nemmeno il nome di Gengis Khan. Sempre stando a quanto riferisce il museo, in un secondo momento le autorità cinesi avevano chiesto di avere il controllo su vari aspetti dell’organizzazione della mostra, e per esempio avevano fornito una nuova presentazione curata dall’ente cinese che si occupa di Cultura. Guillet insomma ha detto che la Cina voleva «riscrivere parzialmente la storia della cultura mongola con lo scopo di presentare una nuova narrativa nazionale».

Alla fine il museo di Nantes ha deciso di non assecondare queste richieste e di organizzare la mostra con il sostegno delle autorità della Mongolia, e in particolare con la collaborazione del museo nazionale Chinggis Khaan (Gengis Khan).

Guillet ha detto che la mostra è stata pensata per andare al di là del personaggio di Gengis Khan, che «in termini piuttosto offensivi è conosciuto come un sanguinoso tiranno», e per «esplorare la convivenza tra popolazioni sedentarie e nomadi», in un periodo in cui la globalizzazione favorì enormi scambi culturali tra Oriente e Occidente, con conseguenze significative per lo sviluppo di molte società. La mostra è stata dichiarata un evento «di interesse nazionale» dal ministero della Cultura francese. Le visite guidate sono tutte prenotate fino alla fine dell’anno.

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