In Italia nel 2022 sono aumentate le persone in condizione di povertà

Secondo l'ISTAT soprattutto a causa dell'inflazione: sono oltre due milioni, perlopiù straniere, giovani e con famiglie numerose

Persone in fila per la distribuzione degli alimenti al Pane Quotidiano, a Milano (ANSA/MOURAD BALTI TOUATI)
Persone in fila per la distribuzione degli alimenti al Pane Quotidiano, a Milano (ANSA/MOURAD BALTI TOUATI)
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Secondo nuovi dati ISTAT nel 2022 in Italia sono aumentate le persone e le famiglie che si trovano in povertà assoluta. Secondo gli statistici, la povertà assoluta è quella condizione in cui si trovano persone con un livello di reddito o consumi così bassi da non riuscire ad avere una vita dignitosa: in base a questa definizione in Italia le famiglie povere sono 2,18 milioni (l’8,3 per cento del totale), per un totale di 5,6 milioni di persone (il 9,7 per cento del totale). Rispetto al 2021 ci sono 114 mila famiglie povere in più, 357 mila persone.

L’ISTAT sostiene che la causa principale di questo incremento sia l’inflazione, cioè l’aumento generale del costo della vita: con lo stesso reddito è stato possibile comprare sempre meno cose e chi era poco sopra la soglia di povertà con l’aumento dei prezzi si è ritrovato al di sotto. Questa soglia cambia a seconda della grandezza della famiglia, della regione e della dimensione del comune di residenza (banalmente, una persona single a Milano ha spese diverse da una famiglia di tre persone). Ogni anno la soglia è poi rivalutata in base al tasso di inflazione.

L’aumento della povertà era comunque prevedibile e atteso, proprio per il grande aumento dei prezzi che c’è stato lo scorso anno. È vero che l’inflazione è un fenomeno che riguarda tutti, perché tutti i redditi e gli stipendi non si adeguano subito al costo della vita aumentato, ma è anche vero che non incide allo stesso modo su tutti. In economia l’inflazione è spesso chiamata “tassa sui poveri” perché pesa molto di più su chi ha redditi bassi e che quindi destina la maggior parte delle proprie entrate ai consumi di sostentamento, e quindi spende quasi tutto in cibo, affitto e bollette: proprio quelle cose che nel 2022 sono diventate più costose.

Alcune misure del governo hanno comunque aiutato a contenere una maggiore diffusione della povertà: secondo l’ISTAT senza i bonus sociali per l’energia e il gas le famiglie in povertà assoluta sarebbero state dello 0,7 per cento più numerose.

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Guardando all’incidenza della povertà assoluta, che si ottiene dal rapporto tra il numero di famiglie povere sul totale delle famiglie residenti, si notano sei caratteristiche che sono rimaste costanti negli scorsi anni: l’incidenza è più alta al Sud; cresce con più componenti in famiglia; diminuisce all’aumentare dell’età; è notevolmente più bassa per chi ha un titolo di studio più alto; è molto più elevata per le famiglie in cui c’è almeno uno straniero; ed è alta anche quando in famiglia c’è qualcuno che lavora, il che conferma che talvolta una sola persona non basta per evitare la povertà familiare.

In particolare per quanto riguarda il primo aspetto, al Sud l’11,2 per cento delle famiglie sono povere; nelle isole il 9,8 per cento; nel Nord Est il 7,9 per cento e nel Nord Ovest il 7,2 per cento; il Centro ha il valore più basso, con il 6,4 per cento delle famiglie in condizione di povertà assoluta.

Inoltre l’incidenza della povertà assoluta è più alta nei comuni più piccoli fino a 50mila abitanti che non siano una periferia delle aree metropolitane. In questi comuni la povertà è diventata più diffusa da un anno all’altro, in particolare in quelli del Nord. Al Sud c’è stato invece un miglioramento nelle grandi città, dove l’incidenza della povertà è scesa dal 14,7 per cento al 10,1.

L’incidenza è più alta anche tra le famiglie con un maggior numero di componenti: raggiunge il 22,5 per cento tra quelle con cinque e più componenti, l’11 tra quelle con quattro per poi scendere gradualmente al 7,5 per cento per i single. Le coppie con tre figli in condizione di povertà sono il doppio di quelle con solo due figli e il triplo di quelle con un figlio solo. L’incidenza delle famiglie povere diminuisce poi all’aumentare dell’età della persona di riferimento della famiglia: le famiglie più giovani possono spendere di meno perché hanno in media redditi più bassi e anche minori risparmi accumulati o beni ereditati su cui poter contare.

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Ci sono poi molti meno poveri tra le famiglie in cui la persona di riferimento ha un titolo di studio più alto: tra le famiglie con all’interno una persona almeno diplomata quelle povere sono il 4 per cento, mentre quelle con al massimo una licenza elementare sono il 13 per cento.

Tra le famiglie straniere la povertà è notevolmente più presente, e in questo caso a prescindere da dove abitino o dall’età. I cittadini stranieri in povertà assoluta sono oltre 1,7 milioni, con un’incidenza del 34 per cento, oltre quattro volte e mezzo superiore a quella dei cittadini italiani (7,4 per cento). Per le famiglie con almeno uno straniero l’incidenza è pari al 28,9 per cento, è al 33,2 per le famiglie composte esclusivamente da stranieri e al 6,4 per le famiglie di soli italiani.

Inoltre, per le famiglie di soli stranieri ci sono più difficoltà nelle grandi città: tra queste, nei comuni intorno alle grandi città l’incidenza della povertà è al 34,4 per cento, contro il 5,1 per cento delle famiglie composte da soli italiani. L’incidenza più elevata è nel Sud e nelle isole, con quote di famiglie con stranieri in povertà quasi quattro volte superiori a quelle delle famiglie di soli italiani (rispettivamente 35,7 e 9,5 per cento). È al Centro dove le famiglie povere con stranieri sono meno diffuse: sono il 26,5 per cento, poco meno che al Nord (27,8 per cento).

Infine non è trascurabile l’incidenza della povertà tra chi ha un lavoro, a conferma di quanto in Italia spesso gli stipendi siano inadeguati al costo della vita: tra le famiglie con almeno un occupato il 7,7 per cento è in condizione di povertà assoluta.

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