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  • Sabato 14 ottobre 2023

In Israele le “safe room” sono la norma

Le stanze di sicurezza dove si sono rifugiati molti israeliani durante l'attacco di Hamas sono presenti per legge in ogni casa costruita dopo il 1992: furono pensate per proteggere dai razzi

In cerca di riparo dopo un allarme (AP Photo/Ohad Zwigenberg)
In cerca di riparo dopo un allarme (AP Photo/Ohad Zwigenberg)

Le cosiddette “safe room” (“stanze di sicurezza”) sono state al centro di molti racconti relativi agli attacchi dei miliziani di Hamas della scorsa settimana, che hanno colpito oltre venti diverse comunità israeliane vicine al confine con la Striscia di Gaza. Si tratta di stanze blindate, presenti per legge in ogni abitazione costruita dopo il 1992 e ancora più comuni nelle città vicine al confine: sono state pensate per offrire un riparo sicuro durante gli attacchi con i razzi o con i missili.

Dopo i primi allarmi sabato mattina, relativi a un intenso lancio di razzi, molte persone e famiglie si sono immediatamente rifugiate in queste “stanze di sicurezza”, alcune rimanendoci per molte ore. Le safe room hanno come funzione principale quella di proteggere da un attacco esplosivo e non sempre prevedono una chiusura sicura dall’interno. In alcuni casi persone, famiglie o intere comunità nei kibbutz sono state sorprese e uccise dai miliziani di Hamas proprio nelle safe room. In altri le persone barricate dentro sono state costrette a uscire dal fatto che gli assalitori, che hanno avuto molto tempo a disposizione, avevano dato fuoco alle abitazioni. Ma c’è anche chi è sopravvissuto agli attacchi proprio chiudendosi nelle safe room e aspettando per molte ore di essere soccorso dall’intervento dell’esercito, che è stato molto tardivo.

Le safe room sono obbligatorie per legge per tutti gli edifici pubblici e privati costruiti dopo il 1992: furono introdotte dopo la prima guerra del Golfo, quando l’Iraq lanciò 42 missili balistici SS-1 Scud contro Israele.

La loro costruzione deve rispettare criteri molto rigidi, con pareti e soffitti in cemento armato, porte ed eventuali finestre in ferro, dimensioni minime predefinite e capacità di resistere alle esplosioni. Non sono proprio dei rifugi antiaerei: non è previsto che ci si resti dentro a lungo. Non ci sono quindi bagni né si ha accesso all’acqua corrente.

Le safe room più moderne hanno finestre che possono essere sigillate solo all’occorrenza e possono essere scambiate per normali stanze nei momenti in cui non vengono chiuse: alcune famiglie le usano come camere da letto, soprattutto per i bambini piccoli, che non potrebbero rispondere con prontezza agli allarmi delle sirene. Anche per questo uso quotidiano non sempre contengono i beni di prima necessità che sono più consueti nei rifugi di emergenza. Molti dei sopravvissuti agli attacchi hanno passato molte ore dentro le safe room e hanno raccontato di non aver avuto a disposizione né cibo né acqua.

Queste stanze non hanno una porta blindata che possa resistere a un’intrusione, mentre tutte per legge devono prevedere la possibilità di un’uscita di emergenza in caso di incendio.

Una stanza di sicurezza ad Ashkelon in Israele (Photo by Ilia Yefimovich/Getty Images)

Altre safe room sono invece più simili a veri e propri rifugi, poco arredate e usate solo nei momenti di emergenza: è il caso della gran parte delle strutture presenti negli edifici pubblici o in quelli condivisi. Le stanze di sicurezza negli anni si sono dimostrate perfettamente funzionanti per proteggersi dagli attacchi dei razzi. Tranne rare eccezioni non sono presenti nelle case della Striscia di Gaza: per gli abitanti palestinesi durante i bombardamenti in corso da parte di Israele l’unico riparo possibile è costituito dai rari rifugi pubblici, non sempre facilmente raggiungibili e non sempre davvero sicuri.

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