Il Nobel per la Fisica a Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L’Huillier

Grazie ai loro esperimenti hanno reso possibile la produzione di impulsi di luce di brevissima durata per studiare gli elettroni come non era mai stato possibile prima

Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L'Huillier 
(AP Photo/Michel Euler, Matthias Schrader and Ola Torkelsson/TT News Agency via AP)
Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L'Huillier (AP Photo/Michel Euler, Matthias Schrader and Ola Torkelsson/TT News Agency via AP)
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Il Premio Nobel per la Fisica del 2023 è stato assegnato a Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L’Huillier «per i metodi sperimentali che generano impulsi di luce di un trilionesimo di secondo (“attosecondo”) per lo studio della dinamica degli elettroni nella materia». Il Nobel è uno dei più importanti e prestigiosi riconoscimenti nel campo delle scienze: quello per la Fisica viene assegnato dal 1901.

Grazie alle loro attività di ricerca, i tre premiati di quest’anno hanno prodotto nuovi strumenti per studiare gli elettroni e i fenomeni che li riguardano all’interno degli atomi e delle molecole. Con i loro esperimenti, hanno dimostrato che si possono ottenere impulsi di luce di brevissima durata, che possono poi essere utilizzati per misurare il moto e le variazioni di energia.

L’occhio umano non riesce a cogliere i movimenti molto rapidi delle cose che ci circondano, come per esempio le pale di un ventilatore quando viene attivato al massimo. Le macchine fotografiche, le cineprese e le videocamere ad alta velocità ci hanno permesso di superare questo limite e di rendere visibili ai nostri occhi fenomeni che altrimenti apparivano confusi, quasi fusi insieme nel tempo.

Qualcosa di analogo avviene nei laboratori dove si cercano e sviluppano sistemi per osservare uno specifico istante di un fenomeno, che magari avviene in pochissime frazioni di secondo. Questi sistemi di rilevazione e misurazione devono essere velocissimi, più del fenomeno stesso osservato, per poterlo fermare nel tempo. Se l’osservazione viene svolta a livello atomico, non è un’impresa da poco.

All’interno delle molecole, gli atomi si possono muovere in un milionesimo di miliardesimo di secondo (cioè in un “femtosecondo”) e per osservare questi cambiamenti si utilizzano rapidissimi impulsi di luce laser che però non permettono di visualizzare anche i movimenti degli elettroni, così rapidi da apparire sfocati in un femtosecondo. Gli elettroni cambiano infatti posizione ed energia a una velocità compresa tra uno e alcune centinaia di “attosecondi”, cioè di un miliardesimo di miliardesimo di secondo.

Compiere osservazioni in un intervallo di tempo così breve era un problema non da poco, considerato che per lungo tempo si era pensato che il limite del femtosecondo con gli impulsi di luce fosse invalicabile. Non c’era quindi possibilità di studiare i fenomeni tipici degli elettroni ed era quindi necessaria una nuova “fisica dell’attosecondo”.

La luce è un’onda elettromagnetica e di conseguenza ha diverse lunghezze d’onda, cioè la distanza tra due massimi dell’andamento della sua intensità. L’impulso di luce più breve possibile può quindi essere immaginato come la durata di un singolo periodo: il tempo che trascorre tra due massimi dell’onda. In linea teorica, si può formare qualsiasi lunghezza d’onda utilizzando altre onde. Se si vogliono creare impulsi molto brevi, per esempio, si possono combinare insieme lunghezze d’onda più corte.

(Wikimedia)

Per ottenere questo risultato un laser da solo non è sufficiente: occorre farlo passare attraverso un gas. Così facendo, la luce interagisce con i suoi atomi e porta a degli ipertoni, cioè onde che nello stesso tempo compiono più cicli rispetto all’onda di partenza generata dal laser. Nel 1987 Anne L’Huillier con il suo gruppo di ricerca riuscì a produrre ipertoni proprio in questo modo dimostrando che la tecnica poteva essere impiegata per superare la barriera del femtosecondo, come avrebbe indicato in vari studi e ricerche pubblicati negli anni Novanta.

Quando il laser interagisce con il gas, distorce il campo elettrico che mantiene gli elettroni intorno al nucleo degli atomi, portando alcuni degli elettroni ad assorbire e rilasciare energia sotto forma di impulsi luminosi. E sono proprio questi impulsi prodotti dagli elettroni a creare gli ipertoni che possono essere osservati nell’esperimento. Il fenomeno naturalmente varia a seconda del gas che viene utilizzato, con la produzione di onde diverse che permettono di studiare varie caratteristiche.

Quando la luce laser passa attraverso un gas, si verificano sovrapposizioni ultraviolette a causa degli atomi presenti nel gas e queste sovrapposizioni possono trovarsi in fase: se i loro cicli coincidono, si formano impulsi di attosecondi concentrati

Nel 2001 Pierre Agostini con il proprio gruppo di ricerca riuscì a produrre e ad analizzare una serie consecutiva di questi impulsi, riuscendo a raggiungere i 250 attosecondi. Più o meno nello stesso periodo Ferenc Krausz stava lavorando a un sistema per isolare un singolo impulso arrivando a 650 attosecondi. Entrambe le esperienze di laboratorio avevano dimostrato la possibilità di utilizzare impulsi nell’ordine degli attosecondi per svolgere esperimenti di misurazione e analisi in una frazione minuscola di tempo.

Negli ultimi venti anni i sistemi per farlo sono stati ulteriormente raffinati e permettono di studiare il movimento degli elettroni intorno ai nuclei degli atomi. Si possono ora produrre impulsi di poche decine di attosecondi e si stima che il sistema potrà essere ulteriormente affinato per spingersi al di sotto di questo nuovo limite.

Grazie alla fisica dell’attosecondo possiamo misurare il tempo che impiega un elettrone per abbandonare un atomo, comprendendo meglio come il processo sia legato a quanto l’elettrone è legato al nucleo atomico. È inoltre possibile cogliere le oscillazioni nella distribuzione degli elettroni in particolari molecole e materiali, con una precisione maggiore rispetto a un tempo quando venivano effettuate misurazioni basate per lo più sulla statistica. I progressi nel settore iniziano a rendere possibili nuovi approcci di studio e analisi nell’elettronica e anche nel settore della medicina diagnostica.