L’arte di cancellare i propri post da Instagram

Un tempo lo facevano le celebrità, ora è un'abitudine per i più giovani, che vogliono controllare meglio la propria immagine

(Instagram)
(Instagram)

Fin dal 2013 su Instagram è possibile archiviare i propri post, ovvero renderli invisibili agli altri utenti che visitano il proprio profilo senza però eliminarli definitivamente, con la possibilità di renderli di nuovo visibili quando si vuole. Negli ultimi anni, però, questa funzione ha cominciato a essere utilizzata molto più massicciamente di un tempo, sia da parte di celebrità e profili aziendali, sia tra le generazioni più giovani, che tendono ad archiviare se non cancellare periodicamente le foto pubblicate per mantenere maggior controllo sulla percezione di sé che gli altri hanno quando visitano il loro profilo.

La tendenza, specie tra le celebrità, non è nuova: già nel 2014 uno dei fotografi allora più famosi della piattaforma, Richard Koci Hernandez, aveva deciso di cancellare quasi tutte le proprie foto, spiegando che «le fotografie che pubblico su Instagram sono un’evoluzione di ciò che sono come fotografo, e sul mio profilo c’erano molti post di quando il mio lavoro era meno maturo». Il primo caso che aveva veramente fatto discutere, nell’agosto del 2017, era stato però quello della cantante Taylor Swift, che oltre a cancellare tutte le proprie foto da Instagram aveva anche smesso di seguire tutti ed eliminato la foto profilo. La mossa era servita ad attirare l’attenzione e la curiosità dei media subito prima di annunciare un nuovo album, Reputation, dopo che la cantante era comparsa poco in pubblico per vari mesi.

Da allora, quella di azzerare i propri post su Instagram in vista di un grande annuncio o in seguito a un lutto o a una separazione è diventata un’usanza relativamente comune tra chi ha account pubblici. L’ha fatto l’attrice Blake Lively nel 2018 prima di lanciare il film Un piccolo favore; il cantante Zayn Malik sempre nel 2018 dopo essersi lasciato con la fidanzata, la modella Gigi Hadid; la cantante Jennifer Lopez nel 2022 per annunciare un nuovo album (il primo dal 2014); il marchio di moda Versace quest’estate, per svelare la campagna della collezione Autunno 2023 e rendere più coerente la veste grafica del brand sui social network.

Le celebrità non sono però le uniche a mantenere un controllo molto serrato di ciò che è visibile sui loro profili Instagram. Da qualche anno soprattutto le persone più giovani, in età tra le scuole superiori e i primi anni di università, hanno adottato un approccio a ciò che mostrano online che si discosta molto da quello delle generazioni precedenti, soprattutto su Instagram. Se le persone che usano la piattaforma fin dall’inizio, nei primi anni Dieci, pensano a Instagram come a un album fotografico da scorrere per ricordare ciò che consideravano importante o interessante qualche anno prima, è molto raro che sul profilo di un adolescente appaia più di qualche manciata di foto. Spesso, anzi, i loro profili sono completamente vuoti, e le fotografie che vengono pubblicate vengono archiviate o eliminate del tutto con una certa frequenza anche quando i loro profili non sono pubblici, e quindi visibili a chiunque abbia Instagram, ma privati, cioè visibili solo alle persone a cui il proprietario dell’account ha permesso di vedere il profilo.

In parte si tratta di una questione puramente estetica: molti giovani ritengono che un profilo dove appaiono troppe foto sia semplicemente brutto da vedere, e archiviano i vecchi post per mantenere un po’ d’ordine. Ma in senso più ampio è un approccio che riflette una netta differenza tra come i social network vengono vissuti dai più giovani e dalle generazioni precedenti.

– Leggi anche: La fine dei social network per come li conosciamo?

«Più che altro noi usiamo Instagram come “vetrina”», spiega Anna, liceale perugina di 18 anni. «Una delle prime cose che si fanno quando si sente parlare di una persona nuova è andare a vedere il suo profilo. Ci si fa un’idea delle persone tramite i social, e quindi si ritiene che il profilo rifletta quella che un utente vuole far passare come idea di sé. Più foto ci sono e più si è esposti. Togliamo le foto perché non ci rappresentano più, non perché sono “troppe” sul profilo. Si tolgono perché non sono più in linea con l’immagine che vuoi dare alla persona che non ti conosce che guarda il tuo profilo».

Un’idea molto condivisa è quella secondo cui un profilo su Instagram non dovrebbe essere un archivio delle proprie esperienze e avventure (o semplicemente dei momenti in cui ci si sente particolarmente belli), ma soltanto uno spazio dove condividere quello che si pensa e si vuole mostrare di sé in uno specifico periodo, con l’intenzione di eliminare tutto appena dovesse cambiare qualcosa.

«Le generazioni più vecchie sono cresciute su piattaforme in cui si caricano interi album fotografici di una festa, che probabilmente esistono ancora se si vanno a cercare su Facebook. Ma gli adolescenti di oggi non vedono i propri post da questa prospettiva: vogliono catturare un singolo momento piuttosto che conservarlo come ricordo per il futuro», spiega la giornalista Amelia Tait, che da anni scrive di social network. «I millennial si trovano in una fase in cui iniziano a essere nostalgici e guardiano indietro sui propri profili social per rivivere alcuni ricordi. Ma per chi sta ancora crescendo, l’elemento nostalgico non esiste ancora: non mi sorprenderei se tra qualche anno alcuni di loro saranno sconvolti nel rendersi conto di aver perduto alcuni dei propri ricordi».

Questa volontà di mantenere un controllo molto più stretto su ciò che un ipotetico pubblico può percepire di sé sui social network è in linea con un’altra tendenza molto diffusa, non solo tra i più giovani. E cioè quella di condividere molto più sulle Stories – ovvero la sezione di Instagram dove i contenuti pubblicati scompaiono dopo 24 ore – o all’interno di cerchie private più selezionate – come le “storie verdi” per amici stretti su Instagram, i messaggi privati o i gruppi Whatsapp – che sul proprio feed pubblico.

«Non voglio essere percepita dalle persone che non sono a me vicine: e per tenere aggiornate le persone a cui tengo ci sono le Stories per amici stretti», dice la ventiquattrenne Emma, di Treviso. «Io guardo i profili altrui soltanto per farmi gli affari loro, e presumo che anche gli altri facciano lo stesso, e onestamente non voglio che lo facciano con me».

– Leggi anche: Cos’è Webboh, «la Novella 2000 del tremila»