Alcuni manifestanti hanno bruciato la casa del sindaco di Derna, la città libica più colpita dalle alluvioni della settimana scorsa

(EPA/STR)
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Alcuni manifestanti hanno dato fuoco alla casa di Abdulmenam al Ghaithi, fino a pochi giorni fa sindaco di Derna, la città libica più colpita dalle alluvioni della settimana scorsa. Il governo della Libia orientale ha detto di aver sospeso dal suo incarico al Ghaithi e tutti i membri del consiglio comunale di Derna. Le proteste sono iniziate dopo che era emersa con maggiore chiarezza la responsabilità delle autorità nel collasso di due dighe, che ha provocato la distruzione di alcuni quartieri e più di 11mila morti.

I manifestanti si sono lamentati dell’incapacità del governo di gestire la crisi. Sebbene all’inizio le autorità avessero indicato la causa del disastro nell’eccezionalità delle piogge, con il passare dei giorni infatti si è capito che le segnalazioni del rischio dovuto al cattivo stato di manutenzione delle dighe erano state ignorate dalle autorità. Fra questi c’è una ricerca pubblicata l’anno scorso, che indicava la vulnerabilità di Derna al rischio idrogeologico e la necessità di compiere interventi di manutenzione sulle dighe a monte dalla città.

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La manifestazione si è concentrata attorno alla moschea al Sahaba, uno dei principali monumenti di Derna, sulle rive del Wadi Derna, il letto di un corso d’acqua effimero che esondando ha distrutto la città. La Libia è un paese desertico privo di fiumi, dove però occasionalmente possono formarsi corsi d’acqua effimeri che in arabo sono chiamati “wadi” o “uadi”. I manifestanti hanno anche protestato contro il governo della Libia orientale, con slogan che richiamano all’unità del paese, diviso da oltre dieci anni di guerra civile. Ora in Libia ci sono due governi, quello orientale, che governa anche a Derna, con sede a Tobruk, e quello di Tripoli, nella parte occidentale, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale.

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