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  • Mercoledì 13 settembre 2023

Gli incantatori di serpenti sono sempre meno

A lungo parte della tradizione indiana, sono oggi presenti perlopiù in comunità emarginate, e continuano ad avere ben poco di magico

incantatori serpenti
(Mark Kolbe/Getty Images)
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Delle circa 4mila specie di serpenti conosciute circa 600 sono velenose, e il 7 per cento di queste è in grado di uccidere o ferire seriamente un essere umano. La consapevolezza di questo pericolo e il desiderio popolare di esorcizzarlo sono probabilmente all’origine di una pratica tradizionale e spettacolare per lungo tempo diffusa in alcuni paesi dell’Asia meridionale e dell’Africa, ma oggi perlopiù vietata e apparentemente destinata a sparire: quella di catturare e “ipnotizzare” i serpenti, o più comunemente “incantarli”.

Nel corso del Novecento, quello di suonare una specie di clarinetto a due canne (il pungi) mentre un serpente si solleva dall’interno di una cesta e oscilla a ritmo di musica non era solo uno spettacolo molto diffuso e rappresentato sui media internazionali, ma un mestiere specifico dei membri di alcuni villaggi dell’India. Questo avvenne prima che venisse equiparato per legge all’accattonaggio e poi vietato dagli anni Settanta in poi sulla base di altre leggi sulla protezione della fauna selvatica. È tuttavia una tradizione ancora presente in alcune delle zone più povere del paese, portata avanti da comunità nomadi come i Bedia nel Bengala occidentale. Ed esiste anche in altri paesi asiatici, tra cui Pakistan e Bangladesh, e in misura minore in alcuni paesi nordafricani, tra cui Marocco ed Egitto.

Per ragioni principalmente geografiche il serpente più utilizzato nello spettacolo degli incantatori è stato ed è ancora il cobra dagli occhiali (Naja naja), una specie originaria del subcontinente indiano, in cui è tra le quattro specie di serpenti responsabili del maggior numero di morsi a esseri umani. Oltre che una specie protetta in India in base a una legge del 1972, è un animale venerato da almeno duemila anni nella mitologia e nella cultura indù (i Naga erano figure semidivine, per metà serpenti e per metà esseri umani).

La natura ambigua del rapporto delle persone con i serpenti è alla base di diversi rituali, tradizioni e manifestazioni religiose e culturali ancora presenti, seppure in misura minore rispetto al passato, nei paesi del subcontinente indiano. Da un lato i serpenti sono temuti e venerati, dall’altro sono ancora in parte catturati e cacciati illegalmente perché centrali in funzioni religiose e spettacoli da strada, o per il loro veleno (peraltro richiesto perché necessario per produrre antidoti).

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Un incantatore di serpenti a Pushkar, nello stato indiano del Rajasthan, il 26 ottobre 2017 (AP Photo/Deepak Sharma)

Nel mese di agosto in India, in Nepal e in altri paesi di tradizione induista, giainista e buddista si celebra una festa dei serpenti chiamata Naga Panchami: è una delle circostanze in cui è ancora possibile vedere circolare qualche incantatore di serpenti, soprattutto nei villaggi del Maharashtra. In alcuni casi la loro assistenza è infatti richiesta – e retribuita attraverso piccole donazioni – per maneggiare i cobra catturati giorni prima e benedetti, che poi ricevono offerte a base di latte e curcuma nel giorno della festa.

Sia le pratiche rituali che quelle di strada che prevedono l’utilizzo di serpenti vivi, già vietate in India e sempre più rare, sono da tempo oggetto di critiche da parte di organizzazioni che si occupano di diritti degli animali. Le contestazioni si concentrano non soltanto sulla cattura vietata degli animali, ma sulle violenze che subiscono per permettere agli incantatori di maneggiarli con relativa sicurezza.

Nei tradizionali spettacoli degli incantatori di serpenti non c’è infatti niente di magico, ed esistono diverse precauzioni che limitano il rischio di essere morsi, come raccontato nel libro Secrets of the sideshows dallo statunitense Joe Nickell, tra gli scrittori più conosciuti e attivi nella demistificazione delle pseudo-scienze. Nickell osservò uno spettacolo di incantatori di serpenti a Marrakech, in Marocco, nel 1971, e ricevette molte delucidazioni da un suo amico indiano prestigiatore.

Prima di tutto l’incantatore si trova a una distanza di sicurezza dal cobra, più o meno fuori dalla portata del morso. E il serpente è di solito indebolito, rallentato e piuttosto riluttante ad attaccare, a causa della fame e della disidratazione. In alcuni casi è stordito con particolari sostanze, o ha la bocca cucita, o viene privato dei denti o del veleno dalle ghiandole prima dello spettacolo (veleno poi rivenduto a prezzi molti alti). Tutte queste pratiche portano il serpente a morire nel giro di poche settimane o mesi. Gli incantatori più esperti rifiutano le misure più drastiche e basano il loro spettacolo soltanto sulla previsione dei comportamenti dei cobra e sulla conoscenza delle distanze da cui sferrano normalmente i loro attacchi.

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Un incantatore di serpenti a Mithabar, vicino a Nuova Delhi, nel 1955 (Three Lions/Getty Images)

Sebbene i serpenti abbiano organi uditivi, non hanno un apparato esterno che permetta loro di percepire suoni al di sopra di una certa frequenza (anche se uno studio recente ha in parte rivisto la soglia per alcune specie). I movimenti del cobra, scrive Nickell, non seguono quindi i suoni prodotti dall’incantatore: seguono lo strumento, il pungi, che l’incantatore tiene e ondeggia tra le mani a ritmo della musica, e che agli occhi del serpente appare probabilmente come una minaccia. Quando l’incantatore smette di suonare e di muoversi, anche il cobra si ferma: a quel punto, dopo aver preso bene le misure, l’incantatore provoca il cobra agitando un bastone o una mano e lo induce a sferrare un attacco a vuoto, per poi afferrarlo più facilmente dietro la testa e rinchiuderlo nella cesta.

Per lungo tempo le abilità degli incantatori furono insegnate ed esercitate in apposite scuole in cui i serpenti venivano tenuti in cattività, anche in zone centrali dell’India e relativamente vicine a grandi città come Nuova Delhi. Attualmente questa attività sopravvive in aree molto limitate del paese, tra cui il villaggio bengalese di Poradih, popolato da poche famiglie della comunità musulmana dei Badia (o Shershabadia), tra le più povere di tutta l’India. Nel 2019 il sito Insider raccontò che la maggior parte delle persone di Poradih, un’area priva di terre coltivabili, vive in case di fango, è coinvolta in qualche modo nella cattura e nell’allevamento dei serpenti, e guadagna l’equivalente di uno o due dollari al giorno.

La messa al bando delle attività dei cacciatori e degli incantatori di serpenti, disse a Insider l’antropologo indiano Amit Kumar Ghosh, ha progressivamente privato la comunità della sua principale forma di sostentamento e di quello che loro descrivono come parte della loro storia e del loro patrimonio culturale. Secondo i Badia quelle attività servono peraltro a proteggere le comunità dai serpenti e a impedire alle persone di essere morse da quelli che entrano nelle loro case. Si stima che i morsi di serpente siano la causa di oltre 2,5 milioni di casi di avvelenamento e circa 125mila morti all’anno.

 

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La tradizione degli incantatori di serpenti è ancora diffusa anche in Pakistan, tra gli Jogi, una comunità nomade nella provincia del Sindh. Nel 2015 il quotidiano pakistano Dawn descrisse le tecniche di allevamento dei serpenti come parte degli insegnamenti impartiti dai maestri (ustad) ai bambini, e scrisse che ogni famiglia nella città di Amarkot possiede un cobra o un altro tipo di serpente.

Ai serpenti non sono estratti i denti, ma i bambini li maneggiano comunque con disinvoltura. «Un serpente non può mordere un bambino Jogi, e anche se lo facesse non lo danneggerebbe perché somministriamo una goccia di veleno di serpente come suti [primo cibo] ai nostri neonati, e questo garantisce l’immunità contro il veleno dei serpenti per tutta la vita», disse un ustad a Dawn.

L’aumento della popolazione, la deforestazione e gli altri interventi degli esseri umani sull’ambiente hanno via via reso più complicato per gli Jogi trovare serpenti in natura e catturarli. E con il passare del tempo, scrisse Dawn, anche l’interesse delle persone per i serpenti e per gli incantatori di serpenti è diminuito, insieme all’interesse della nuova generazione di Jogi nel proseguire il mestiere dei loro antenati.