Cosa si sa delle indagini sull’incidente di Brandizzo

Si stanno concentrando su alcune omissioni nelle procedure di sicurezza e i due superstiti sono indagati

La stazione ferroviaria di Brandizzo (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
La stazione ferroviaria di Brandizzo (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
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Venerdì la procura di Ivrea ha iscritto due persone nel registro degli indagati per l’incidente ferroviario avvenuto nella notte tra mercoledì e giovedì a Brandizzo, vicino a Torino, in cui cinque operai sono stati investiti e uccisi da un treno. Gli indagati sono i due superstiti: Antonio Massa, tecnico di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) e addetto al cantiere in cui lavoravano gli operai, e Andrea Girardin Gibin, capocantiere dell’azienda Si.gi.fer incaricata dei lavori di manutenzione.

Le indagini si stanno concentrando sulle dinamiche dell’incidente e in particolare dovranno appurare come un treno sia potuto passare su un binario su cui una squadra di operai era al lavoro. Le prime indicazioni provenienti dalla procura sembrano indicare che ci siano stati uno o più errori e omissioni nelle procedure di autorizzazione all’avvio dei lavori. In particolare, secondo quanto detto dalla procura ai giornali, mancherebbe il documento ufficiale di autorizzazione all’occupazione del binario, il cosiddetto modulo M40. Al momento la posizione più delicata sembra quella di Antonio Massa, dipendente di RFI che aveva il compito di dare il via all’operazione di manutenzione e sostituzione dei binari, dopo aver verificato che i transiti ferroviari sulla linea fossero interrotti.

La notte dell’incidente i cinque operai che poi sono morti – della ditta appaltatrice Si.gi.fer di Borgo Vercelli – stavano lavorando sul binario 1 della stazione di Brandizzo per sostituire una porzione lunga sette metri di rotaie, quando un treno vuoto con 11 vagoni proveniente da Alessandria li ha travolti: erano le 23:53. Secondo i programmi l’intervento sarebbe dovuto cominciare a mezzanotte e proseguire fino alle 2.

Secondo quanto scrive Repubblica nell’edizione di sabato la procura di Ivrea sarebbe entrata in possesso di alcuni filmati delle telecamere di sicurezza della stazione: in questi si vede la squadra di operai che arriva sul luogo dell’intervento già alle 23. Dopo alcune fasi di preparazione, avrebbe cominciato a lavorare intorno alle 23:40. Sempre secondo la ricostruzione di Repubblica nei filmati li si vedrebbe interrompersi e spostarsi per far passare un primo treno in transito.

Secondo quanto ricostruito dalla procura nel frattempo Antonio Massa sarebbe stato in comunicazione con la dirigente dell’Ufficio Movimento di RFI, con cui avrebbe dovuto verificare che non fossero previsti passaggi di altri treni. Secondo quanto riportato da vari giornali tra cui La Stampa, in un primo interrogatorio con i magistrati Massa avrebbe ammesso di essere stato certo che il treno che avrebbe poi ucciso gli operai fosse già passato. Ciò potrebbe essere successo perché il treno era in ritardo di 10-20 minuti o perché si trattava di un passaggio che non avveniva normalmente, ma era stato aggiunto da qualche giorno per un’interruzione su un’altra linea.

L’errore di valutazione non dovrebbe comunque essere stato sufficiente a creare un incidente mortale: le procedure di sicurezza prevedono che il via libera ai lavori debba essere dato solo dopo aver ottenuto un’autorizzazione attraverso appunto il modulo chiamato modulo M40, che viene rilasciato da RFI a garanzia che non siano previsti treni in transito. Il modulo sarebbe dovuto essere firmato sia dall’addetto di RFI, Antonio Massa, che dal capocantiere Andrea Girardin Gibin.

I due superstiti non sono stati in grado di produrre questo documento e per questo sono indagati: l’ipotesi di reato è disastro ferroviario e omicidio plurimo con dolo eventuale. La componente dolosa (cioè di intenzionalità), se dimostrata, aumenterebbe la gravità del reato e presupporrebbe che gli indagati abbiano accettato il rischio che l’incidente potesse verificarsi.

Agenti di polizia alla stazione ferroviaria di Brandizzo (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)

Secondo quanto emerge da testimonianze e ricostruzioni di addetti ai lavori sui giornali, accade in alcuni casi di cominciare i lavori senza il modulo: l’M40 arriverebbe solo «a fine turno». A differenza di quanto accade con l’Alta Velocità sulle linee ordinarie il sistema di comunicazione e autorizzazione si baserebbe solo su telefonate fra uomini sul campo e sala comando della “Movimentazione”. Anche cominciare le operazioni in anticipo sarebbe piuttosto usuale: i tempi per le lavorazioni sono molto stretti, le ditte che ricevono gli appalti per i lavori devono chiuderli rigorosamente entro l’orario stabilito per non incorrere in pesanti penali e quindi spesso guadagnano qualche minuto.

Secondo la procura non ci sarebbero responsabilità invece da parte dei macchinisti del treno, che hanno regolarmente completato il loro viaggio avendo ricevuto un semaforo verde. Andrà accertato anche perché il semaforo sia rimasto verde: secondo alcune testimonianze la squadra al lavoro sui binari ha la possibilità di metterlo sul rosso prima di cominciare le operazioni sui binari.