• Sport
  • Martedì 29 agosto 2023

Il mestiere dell’esperto di calciomercato

Fabrizio Romano sta introducendo un linguaggio chiaro e più accuratezza in un ambito giornalistico da sempre caratterizzato da notizie false e voci infondate

di Riccardo Congiu

Fabrizio Romano insieme all'ex calciatore Samuel Eto'o (Bruno De Carvalho/SOPA Images via ZUMA Press Wire)
Fabrizio Romano insieme all'ex calciatore Samuel Eto'o (Bruno De Carvalho/SOPA Images via ZUMA Press Wire)

Nell’estate del 2008 un giornalista irlandese, Declan Varley, si inventò l’esistenza di un giovane calciatore molto promettente, di 16 anni, moldavo. Lo chiamò Masal Bugduv, ispirandosi alla pronuncia del titolo di un romanzo di uno scrittore irlandese. Diffuse vari dettagli su vari blog e forum di discussione, gli antenati dei social network, presentando il giocatore senza caricarlo di troppe aspettative e con uno stile di scrittura asciutto: Bugduv, nella descrizione di Varley, era un solido centrocampista, non un attaccante dai tanti gol, e nonostante la giovane età era già forte fisicamente, abbastanza da potersi inserire in una squadra di giocatori più esperti di lui. Bugduv, scriveva Varley, giocava in un club moldavo, inventato anche quello.

Poi Varley inserì nuovi elementi. Creò un finto giornale moldavo che faceva titoli su Bugduv, scrisse che Bugduv aveva ricevuto la sua prima convocazione in nazionale e infine arrivò a fare quello che si era proposto fin dall’inizio: scrisse in un articolo che l’Arsenal, una delle più importanti squadre inglesi e al mondo, era interessata ad acquistare il giovane Bugduv. A quel punto il nome del calciatore cominciò a circolare anche sui media tradizionali britannici, fino a essere addirittura inserito in una lista dei 50 giocatori più promettenti di quell’anno stilata dal Times, uno dei più antichi e importanti quotidiani del Regno Unito.

La storia di Bugduv venne smentita solo diversi mesi dopo. Varley disse di aver voluto mettere in atto un «esperimento sociale» sul funzionamento del calciomercato, quel periodo in cui le squadre possono vendere e acquistare calciatori. Disse di averlo fatto dopo essersi stancato di dover subire ogni estate il rincorrersi di pettegolezzi, indiscrezioni e voci infondate su quali giocatori avrebbe comprato la sua squadra del cuore, l’Arsenal appunto. Le indiscrezioni e le voci che Varley leggeva finivano quasi sempre per non concretizzarsi, un’esperienza comune a molti tifosi di calcio, che spesso seguono le notizie di calciomercato con un interesse ai limiti della morbosità.

Insomma, la storia di Bugduv era una banale “bufala”, e il motivo per cui nessuno se ne rese conto è che da anni il giornalismo sul calciomercato è quello in cui vengono diffuse più notizie false. Non solo, è anche quello in cui i buchi nell’acqua e le falsificazioni di vario genere sono più tollerate, perché le notizie sono così tante e contraddittorie che risulta quasi scontato che non possano essere tutte vere. Se già nel 2008 poteva essere difficile destreggiarsi tra notizie vere e false, e riconoscere l’inganno di Varley, con la comparsa dei social network e la nascita di nuovi media e piattaforme legate al calciomercato la situazione è persino peggiorata.

In questo stesso contesto, però, negli ultimi tre anni si è affermato Fabrizio Romano, il 30enne giornalista più rispettato e di maggior successo riguardo al calciomercato non solo in Italia ma anche all’estero: attualmente Romano ha più di 18 milioni di follower su Twitter e 23 milioni e mezzo su Instagram. Raggiunge molte più persone di molti altri giornalisti italiani anche perché da tempo si è abituato a scrivere solo in inglese, e da quando lo fa lui hanno iniziato a farlo molti altri.

Per certi versi il suo successo può apparire controintuitivo, perché Romano scrive e parla di calciomercato in modo diverso da come si è sempre fatto: verifica le notizie usando un linguaggio chiaro e non elusivo; spiega il contesto ed eventuali incertezze intorno a una trattativa, anche andando contro eventuali interessi del pubblico affinché quella trattativa si concluda; cita come fonte i giornalisti che arrivano prima di lui su una notizia (una pratica poco diffusa nel giornalismo italiano), ma non prima di averla verificata personalmente.

Romano, insomma, applica semplici principi del giornalismo tradizionale – correttezza, accuratezza, buona fede, verifiche – in un ambito in cui per molto tempo si era smesso di farlo, e in cui si usava (e si usa ancora) un linguaggio a parte.

Negli articoli di calciomercato si leggono formule misteriose e a cui si dà un senso solo in quel contesto, come «Suggestione Ronaldo per la Fiorentina», o «Cagliari, spunta l’idea Messi» solo per fare qualche esempio con accostamenti fantasiosi. Spesso si parla di «ultimatum», di «blitz» dove una squadra «sorpassa» un’altra in una trattativa per un giocatore, senza che si capisca bene cosa significhi e anche se poi magari non lo compra nessuna delle due squadre. Un “like” di un giocatore sui social network, in un articolo di calciomercato, può diventare «l’indizio social» dell’esistenza di una trattativa.

Nelle scorse settimane, quando si parlava della possibilità che il brasiliano Neymar tornasse al Barcellona (era sotto contratto con il Paris Saint-Germain), a Romano arrivò l’informazione che avesse invece una grossa offerta da una squadra dell’Arabia Saudita. Romano era a Parigi proprio per vedere la prima partita di campionato del Paris Saint-Germain, e una fonte che riteneva affidabile gli disse che i sauditi dell’Al-Hilal avevano presentato un’offerta per Neymar.

«Era mezzanotte, quindi era anche difficile verificare la notizia», dice Romano, che però iniziò lo stesso a mandare messaggi e fare telefonate. «Secondo me in quei casi l’ossessione fa la differenza. Non ci sono regole, ma per me nel calciomercato non ti puoi rilassare». Dice di aver poi ricevuto verso mezzanotte e mezza le conferme che gli servivano sul fatto che fosse stata presentata un’offerta, anche se ancora si sapeva poco. «Ho scritto quello che sapevo con certezza: che l’Al-Hilal aveva fatto un’offerta enorme a Neymar e che Neymar era molto tentato».

Oggi ci sono intere trasmissioni televisive dedicate al calciomercato, podcast, canali Twitch e YouTube, profili sui social network. Funzionano perché la domanda è alta, d’estate su Google aumentano sensibilmente le ricerche su un giocatore che potrebbe trasferirsi, sugli acquisti di una certa squadra o di un’altra, o anche solo sulla parola “calciomercato”. E la domanda è alta perché in questo periodo le notizie di calciomercato sopperiscono alla mancanza di notizie sul calcio giocato, che per circa tre mesi rimane in pausa. Ma c’è anche una ragione più ineffabile e difficile da comprendere per una persona disinteressata al calcio: e cioè che alla maggior parte dei tifosi piace sentirsi dire che la propria squadra acquisterà un grande giocatore, sperare che quell’acquisto avvenga davvero, e se poi non succede arriverà un’altra «suggestione».

Per rispondere a queste esigenze negli anni si è sviluppata la figura professionale del giornalista “esperto di calciomercato”, quasi tutte le testate che si occupano di sport ne hanno almeno uno. È un mestiere attorno al quale c’è grande curiosità ma di cui si sa generalmente poco. I più famosi sono quelli che compaiono in televisione, che vengono chiamati per dialogare con un conduttore o una conduttrice rispondendo a una serie di domande sugli obiettivi di una squadra, sugli sviluppi di trattative in corso, su possibili scenari. Rispondono con grande sicurezza, ma in molti casi non si sa da dove provengano le informazioni, una cautela giornalistica utile anche a non rovinare i rapporti con le fonti.

Romano dice che la maggior parte delle volte le fonti di un giornalista che si occupa di calciomercato come lui sono «presidenti, direttori sportivi, intermediari, agenti dei giocatori e a volte i giocatori stessi», ma a seconda dei casi la fonte più attendibile «potrebbe essere chiunque»: un amico di un giocatore, un parente, una persona beninformata per qualsiasi ragione. Di volta in volta il giornalista dovrebbe capire a chi affidarsi.

Negli ultimi anni però è molto aumentato il numero di persone che lavorano a una singola trattativa: ogni giocatore ha uno staff nutrito di agenti e avvocati, che spesso hanno a loro volta collaboratori. Lo stesso vale per i direttori sportivi delle squadre, cioè i dirigenti che tra le altre cose si occupano del calciomercato, i quali hanno a disposizione intermediari e collaboratori vari. In molti casi poi i parenti dei giocatori, soprattutto quando sono molto giovani, pretendono di partecipare alle trattative. Poi ci sono i social media manager dei calciatori, quelli delle squadre, e tantissimi altri addetti ai lavori.

La conseguenza più immediata di questo fatto è che con un tale coinvolgimento di persone le notizie escono più di un tempo. Ci sono molte più persone che hanno accesso a una possibile fonte di una trattativa di calciomercato, e per questo da quando esistono i social network sono nati moltissimi profili che si presentano come insider, cioè con fonti dirette sulle notizie. Spesso hanno nomi fittizi e che dicono di saperla lunga su una certa squadra o sui giocatori seguiti da certi agenti, e la loro credibilità viene misurata in quante notizie riescono ad anticipare o in quante ne sbagliano. Spesso su queste pagine si leggono post di rivendicazione del tipo: «Come avevamo anticipato, [nome del giocatore] è stato acquistato dalla Juventus».

È possibile che alcuni di questi profili abbiano davvero fonti affidabili, ma magari fanno affidamento su una sola persona, o comunque su troppo poche per poter dare una notizia con certezza. Una buona norma usata soprattutto nel giornalismo anglosassone è che si arrivi a pubblicare una notizia solo se ci sono almeno due conferme indipendenti su uno stesso fatto. Secondo Romano, a volte, nel calciomercato ne servono addirittura di più, proprio perché circolano troppe versioni. «Finché non sei convinto del tutto», dice.

Dipende anche da quanto è grossa la notizia: un esempio è quella che lui stesso ricorda come una delle più importanti che ha diffuso in esclusiva, le dimissioni di Zinédine Zidane da allenatore del Real Madrid nel 2021. «Sapevo che Zidane aveva scritto nel gruppo WhatsApp del Real Madrid ai giocatori “domani vado via, vi saluto alle 10 all’allenamento”», racconta. La fonte del messaggio era «una persona vicina a un giocatore», ma il fatto che Zidane lo avesse scritto a molti contemporaneamente aveva fatto pensare a Romano di non essere l’unico a saperlo, per quanto si trattasse di una decisione inaspettata. Si affrettò quindi a fare molte chiamate alle sue fonti nel Real Madrid e vicine a Zidane. Solo dopo aver ricevuto più conferme twittò molto brevemente: «Esclusiva. Zinédine Zidane ha deciso di LASCIARE il Real Madrid con effetto immediato».

La notizia fu ripresa su tutti i giornali e su tutte le televisioni prima spagnole e poi del mondo, e il nome di Romano come primo giornalista ad arrivare sulla notizia girò moltissimo.

Ma più che sui grandi “scoop”, negli ultimi anni la fama di Romano si è fondata soprattutto sul fatto che sbaglia molto raramente. Lui stesso riconosce la costanza come il fattore decisivo per la sua credibilità, anche rispetto alle notizie in esclusiva. In un contesto pieno di falsificazioni e titoli sensazionalistici, ci si guadagna credibilità non tanto per le cose vere che si dicono – quelle in fondo le dicono tutti, a un certo punto – quanto piuttosto per quelle false che non si dicono.

La frase con cui Romano designa un affare fatto online è diventata una specie di meme, un verdetto per le persone appassionate, di cui ci si fida oltre ogni ragionevole dubbio: ogni volta che una trattativa va a buon fine, Romano scrive «here we go», cioè ci siamoè fatta. Cominciò a scriverlo un po’ per caso, ma si diffuse al punto che iniziarono a usare quella formula anche gli stessi calciatori. Per annunciare l’acquisto dell’italiano Lorenzo Insigne, a gennaio del 2022, il Toronto FC scrisse: «Non è ufficiale finché Fabrizio Romano non dice le parole magiche… HERE. WE. GO!», con un breve video in cui Romano confermava l’affare fatto.

Diverse squadre negli anni hanno chiesto a Romano di annunciare per loro l’arrivo di un giocatore, in modo da avere la maggiore risonanza possibile. Sui social infatti ormai Romano ha quasi sempre molti più follower delle squadre di cui parla, anche le più celebri e tifate: su Twitter per esempio ha più del doppio dei follower del Milan (8,5 milioni) e oltre sei volte quelli dell’Inter (3 milioni), solo per fare due esempi italiani.

Secondo Romano il fatto che faccia pochi errori dipende anche dal mezzo principale con cui ha scelto di fare il suo lavoro, cioè i social network: «Io non ho obblighi, non ho uno show televisivo da riempire entro la sera, non ho un titolo in prima pagina da fare la mattina. I social ti lasciano la libertà di riempire i tuoi spazi come e quando vuoi», dice, «mentre il media tradizionale ti obbliga a riempire». Ed è una questione che ha a che fare anche con il modello di business e il modo in cui si mantiene: «Nel giornalismo tradizionale c’è stata sempre più la necessità di vendere copie, di far abbonare persone, di vendere qualcosa: io non devo vendere niente, non guadagno sul numero di persone che entrano sulle mie piattaforme».

La maggior parte dei ricavi di Romano oggi arriva dai sistemi di monetizzazione di YouTube, dove pubblica video regolarmente, e dagli sponsor che compaiono durante le sue dirette e nei suoi podcast: decine di milioni di follower sono un bacino allettante per qualsiasi inserzionista, assai più di un giornale e probabilmente anche più di una televisione. Quando il calciomercato è fermo, Romano scrive spesso per il Guardian e ha una collaborazione consolidata con i programmi sportivi della tv americana CBS. Fa quasi tutto da solo, tranne le grafiche con cui annuncia gli affari fatti sui suoi profili e altri aspetti tecnici come il montaggio dei video e dei podcast, per cui si fa aiutare da due collaboratori.

Che Romano punti più sulla costanza che sul grande scoop si vede anche dal fatto che non fa differenze in base all’importanza delle trattative: si occupa di qualsiasi trasferimento nei principali campionati, anche quelli che hanno un pubblico meno esteso. La scorsa estate per esempio annunciò per primo che il difensore giapponese Maya Yoshida, da poco svincolato dalla Sampdoria appena retrocessa in Serie B nel campionato italiano, aveva raggiunto un accordo per giocare con i tedeschi dello Schalke 04, con cui aveva già fissato le visite mediche. Aggiunse un piccolo dettaglio apparentemente insignificante: «Yoshida ha rifiutato molte offerte, compresa quella del Trabzonspor», una squadra turca. Yoshida stesso condivise la notizia di Romano commentando: «Questo tizio è incredibile, nemmeno mia moglie sapeva del Trabzonspor».

Il rapporto diretto e frequente con i calciatori è un’altra novità degli ultimi anni. Oggi molti atleti intervengono regolarmente sui social network, anche per commentare le notizie che li riguardano e in alcuni casi per smentirle. A gennaio per esempio il portoghese Rafael Leao commentò una notizia su presunte richieste avanzate da suo padre per rinnovare col Milan scrivendo: «Fake news come sempre». Romano si è fatto una certa fama anche fra i calciatori, che a volte lo avvertono personalmente quando stanno andando a firmare un contratto o a fare le visite mediche con una squadra. Con alcuni, come il norvegese Erling Haaland, che gioca con il Manchester City ed è considerato uno dei calciatori più forti al mondo, Romano ha instaurato anche rapporti d’amicizia.

L’influenza che si è guadagnato Romano ha portato molti a pensare che possa persino cambiare l’esito delle trattative in base a quello che scrive, o che non scrive. Lo scorso anno, in un lungo articolo su di lui, il New York Times suggerì che avesse oltrepassato la linea tra osservatore del mercato e «partecipante» in grado di influenzarlo. Romano dice che i grandi numeri dei suoi profili social hanno prodotto una sopravvalutazione del suo ruolo all’interno del calciomercato: «Faccio solo il giornalista, scrivo notizie e le spiego non diversamente da altri, non ci sono segreti da rivelare».

È indubbio comunque che il rapporto con le fonti negli ultimi anni sia molto cambiato, e per giornalisti come Romano sia diventato molto più diretto. Fino a pochi anni fa il calciomercato si faceva perlopiù negli hotel e nei ristoranti, e in Italia quasi sempre a Milano, con molti incontri fra direttori sportivi e agenti dei calciatori. Romano stesso ha iniziato così: girando gli hotel della città o le sedi delle squadre in cerca di una certa persona a cui chiedere qualcosa, o altre volte solo per confermare che un incontro tra due intermediari fosse avvenuto. «La pandemia ha cambiato tutto», dice Romano. «Oggi solo una piccolissima parte del calciomercato si fa in questo modo, la maggior parte delle conversazioni avviene in riunioni online o comunque non più in presenza».

Confermare incontri di questo genere, e soprattutto il contenuto delle conversazioni, è molto più difficile, e i pettegolezzi sono molto più frequenti. Oggi Romano racconta di essere diviso tra la necessità di avere sempre il telefono carico e attivo e quella di incontrare personalmente alcuni agenti o dirigenti delle squadre. Gli capita per esempio di decidere di partire per Londra o per Parigi per confermare l’esistenza di trattative importanti o anche solo per capire meglio alcune cose, ma allo stesso tempo può farlo solo «con il primo volo alla mattina presto, perché non posso permettermi nemmeno un’ora senza cellulare durante la giornata».

Negli ultimi mesi gli esperti di calciomercato si sono trovati a doversi costruire da capo rapporti e fonti in Arabia Saudita, uno stato che sta facendo enormi investimenti sul calcio e che sta convincendo alcuni dei calciatori più forti e famosi a trasferirsi dall’Europa, grazie a offerte milionarie praticamente impareggiabili per qualunque squadra europea. Per farlo Romano ci è dovuto andare più volte, e anche grazie alla sua fama già consolidata è stato invitato dalle squadre del posto a vedere alcune partite del campionato arabo, la Saudi Pro League.

L’espansione delle sue fonti e dei suoi contatti all’estero è avvenuta gradualmente. Romano iniziò a lavorare molto giovane per il sito del noto giornalista sportivo Gianluca Di Marzio, l’esperto di calciomercato più noto di Sky Sport, da cui dice di aver imparato tutto sul metodo. Entrò lui stesso a Sky Sport che aveva appena vent’anni, mentre frequentava l’università Cattolica a Milano (che poi non avrebbe finito per dedicarsi solo al lavoro). In quel periodo si occupava perlopiù di trattative italiane, con poche eccezioni. Lavorare in una redazione come quella di Sky però lo aiutò ad ampliare i suoi contatti, finché non decise di lasciare per avere maggiore libertà, dedicandosi solo ai suoi profili social.

Cominciò a scrivere in inglese capendo che c’era grande domanda di notizie sul calciomercato anche all’estero, soprattutto in Inghilterra, il cui campionato è il più competitivo e prestigioso al mondo. «Noi abbiamo giustamente il mito del giornalismo anglosassone, ma sulle notizie di calciomercato fino a 5 o 6 anni fa era tutto tabloid, gossip, invenzioni», dice Romano. «Mi sembrava ci fosse lo spazio per portare anche lì la passione morbosa italiana per il calciomercato, per i dettagli apparentemente insignificanti, ma con il rigore del giornalismo anglosassone tradizionale».

Per diversi anni si pensò che il giornalismo online dovesse essere leggero, produrre soprattutto una grande mole di traffico e convincere il lettore a cliccare sugli articoli con titoli ammiccanti quando non del tutto falsi. Oggi questo modello si è rivelato in profonda crisi, soprattutto per via del grosso calo dei ricavi dovuti alla pubblicità, su cui i giornali hanno una concorrenza molto maggiore. Il giornalismo sul calciomercato non è stato da meno, secondo Romano: «Credo che il clickbait sia strafinito e che si vada sempre più nella direzione di spiegare alle persone come stanno le cose. Nessuno mi ferma più per chiedermi chi prende la sua squadra, quello possono saperlo da soli, ma molti mi chiedono come funzionano esattamente le clausole del contratto di un giocatore».

Parte del successo di Romano sta nel fatto che molti giornali sportivi, soprattutto in Italia, non hanno ancora assimilato bene questi cambiamenti. Per spiegare questo aspetto Romano fa l’esempio di quello che secondo lui è stato l’acquisto più sorprendente di quest’estate: il Chelsea, squadra di Londra, ha comprato per 22 milioni di sterline (circa 25 milioni di euro) un ecuadoriano giovanissimo, del 2007, Kendry Páez. La notizia è stata accolta come l’ennesima conferma del fatto che le squadre inglesi spendono molto più di tutte le altre, persino per un sedicenne che quasi nessuno ha mai visto giocare.

«Invece ci sono un sacco di cose affascinanti da raccontare», dice Romano. «Páez viene dall’Independiente del Valle, la stessa squadra in cui è cresciuto Caicedo, che è stato venduto per 130 milioni quest’estate. Allora dobbiamo chiederci: come sta cambiando il calcio in Ecuador? In che modo lavorano all’Independiente del Valle?».

Moisés Caicedo è stato uno degli acquisti più sorprendenti dell’ultima sessione di mercato: è del 2001, ecuadoriano anche lui, passato al Chelsea dopo un’ottima stagione col Brighton, un’altra squadra inglese, ma nonostante l’annata positiva non era molto conosciuto a livello mondiale. Romano spiega che una clausola nella vendita di Caicedo prevede che una percentuale vada alla sua prima squadra, l’Independiente del Valle appunto, che riceverà circa 28 milioni di euro e li reinvestirà nella costruzione di una scuola calcio: «La intitoleranno a Caicedo, che ha solo 20 anni, una cosa inimmaginabile», dice Romano. «Se fossi un direttore di un giornale sportivo nei mesi primaverili investirei nel racconto di storie come questa, anche sul campo, invece di scrivere di ipotetici trasferimenti che nella maggior parte dei casi non si concretizzano. Quando non ci sono le notizie c’è l’approfondimento».

– Leggi anche: Il più discusso programma di calciomercato d’Europa