Cosa succede nei primi istanti di un bombardamento atomico

Prima un bagliore accecante, poi una enorme palla di gas incandescente che brucia istantaneamente tutto quello che incontra

(AP Photo)
(AP Photo)
Caricamento player

Una delle scene più commentate di Oppenheimer – il nuovo film di Christopher Nolan su Robert Oppenheimer, “il padre dell’atomica” – è quella che mostra con grande efficacia l’esplosione della prima bomba nucleare della storia, nel deserto della Jornada del Muerto nel New Mexico nell’estate del 1945. Il successo di quel test, noto come “Trinity”, rese possibili i successivi bombardamenti delle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki poche settimane dopo, una delle ultime atrocità della Seconda guerra mondiale. L’esplosione nel film è realistica e spettacolare, ma avendo scelto di mostrare il test nel deserto e non i bombardamenti sulle città giapponesi, la ricostruzione non offre molti elementi per farsi un’idea di ciò che accade nei primi istanti di un’esplosione nucleare in un’area popolata.

Immaginiamo che una bomba atomica da 1,2 megatoni (circa 5 miliardi di megajoule), la più potente a caduta libera attualmente negli arsenali degli Stati Uniti (80 volte più potente di quella di Hiroshima), venga sganciata sopra una grande città.

È una giornata come tante altre: ci sono persone in giro per strada, tra chi fa shopping, è al lavoro o sta andando a prendere i figli a scuola. All’improvviso un bagliore accecante cambia per sempre la vita di milioni di persone: sopra la città, ad alcune centinaia di metri dal suolo, per massimizzarne l’effetto, è esplosa una bomba atomica.

In un millesimo di secondo si produce una palla di gas incandescente (o per meglio dire di plasma) di circa 2 chilometri di diametro e molto più calda del Sole. Chiunque si trovi al suo interno non ha nemmeno il tempo di capire che cosa stia accadendo: viene vaporizzato all’istante, insieme a buona parte di ciò che ha intorno.

La detonazione, a grande distanza, di una delle bombe nucleari dell’Operazione Castle condotta dagli Stati Uniti sulle Isole Marshall nel 1954

A maggiore distanza, le persone hanno qualche istante per vedere l’enorme bagliore, talmente intenso da render ciechi per qualche ora se lo si osserva direttamente. Molte di loro non faranno in tempo a sentire il rumore dell’esplosione, perché il suono viaggia molto più lentamente della luce. L’energia prodotta dalla reazione nucleare incontrollata porta alla produzione di una enorme quantità di calore, un impulso termico che incendia praticamente qualsiasi cosa nel raggio di circa 13 chilometri. I vestiti delle persone per strada prendono fuoco, così come i capelli, i peli e in ultima istanza anche la pelle. Tutto ciò che può prendere fuoco si incendia e lo fa molto rapidamente.

Sono passati pochissimi istanti dall’esplosione della bomba: il bagliore si è ridotto e inizia a prodursi una fortissima onda d’urto dovuta al repentino comprimersi e scaldarsi dell’aria, che ora inizia a espandersi a una velocità superiore a quella del suono producendo al suolo un vento fortissimo e un boato. L’onda d’urto distrugge buona parte degli edifici in un’area di quasi 200 chilometri quadrati, con decine di migliaia di persone che restano intrappolate tra le macerie. Le persone per strada vengono spazzate via, così come tutto ciò che pochi istanti prima era stato carbonizzato.

Test sugli effetti di un’esplosione atomica sugli edifici nell’ambito dell’Operazione Teapot condotta dagli Stati Uniti nel 1955

Intanto l’aria calda prodotta dall’esplosione nucleare inizia a risalire velocemente verso gli strati più alti dell’atmosfera, producendo una colonna d’aria che risucchia violentemente polveri e gas formando una nube dalla caratteristica forma a fungo. Al suolo il vento soffia forte e veloce, ma questa volta in direzione opposta e verso l’epicentro dell’esplosione atomica: distrugge ciò che era stato carbonizzato e alimenta ulteriormente le fiamme, perché trasporta aria ricca di ossigeno dalle aree più distanti e non interessate dagli incendi.

Gli effetti di questa fase variano molto a seconda della posizione geografica della città, della conformazione del territorio e di ciò che vi era stato costruito sopra. Possono esplodere le tubature del gas o andare a fuoco i distributori di benzina, creando nuovi incendi e distruzioni che possono rivelarsi letali per le persone che erano sopravvissute tra le macerie e avevano iniziato a cercare invano soccorsi. Crollano ponti e altre infrastrutture, mancano acqua e corrente elettrica e sulla città incombe l’oscurità a causa della grande nube di polvere che si è formata in cielo.

Fino a una ventina di chilometri di distanza le persone fanno in tempo a osservare la formazione della nube a fungo, inconsapevoli dell’arrivo dell’onda d’urto che causerà la rottura dei vetri delle finestre e dei finestrini delle automobili. Molte di loro si feriscono proprio a causa dei frammenti di vetro delle finestre dalle quali avevano percepito il forte bagliore seguito dalla formazione della grande nube sopra la città. Come i feriti più gravi rimasti tra le macerie, avranno difficoltà a trovare assistenza, con i principali ospedali della zona distrutti e senza personale sanitario, con migliaia di medici morti nei primi attimi del bombardamento.

Sono stati necessari pochi istanti per distruggere buona parte della città e pochi minuti perché gli effetti dell’esplosione avessero conseguenze a decine di chilometri di distanza. Nessuna città è preparata per un attacco di questo tipo: il livello di distruzione è tale da impedire l’arrivo dei soccorsi, gli ospedali rimasti in piedi non sono attrezzati per trattare migliaia di pazienti e per ridurre i rischi dovuti alle radiazioni. Senza strade e altre infrastrutture, semplicemente i soccorsi non arrivano per le decine di migliaia di persone ancora sopravvissute, ma con ferite gravi che in tempi normali richiederebbero un intervento rapido.

Hiroshima prima e dopo il bombardamento nucleare statunitense del 6 agosto 1945 in una foto aerea (Atomic Archive)

Nei minuti e nelle ore seguenti all’attacco, iniziano a cadere dal cielo gocce di pioggia scura, che portano con loro le polveri e le ceneri dell’esplosione. È la ricaduta radioattiva del materiale che era stato coinvolto nell’esplosione ed era stato trasportato dalle forti correnti ascensionali fino a 12mila metri di altitudine. Ciò che cade nei primi minuti è altamente radioattivo e può esporre le persone a livelli di radiazioni tali da rivelarsi letali. Le persone che riescono a trovare riparo in strutture sotterranee, come bunker o nei tunnel più profondi della metropolitana, devono prepararsi a trascorrere almeno due giorni sottoterra, attendendo che si riduca il livello di radioattività nella zona. Molte persone esposte alle radiazioni avranno seri problemi di salute, come gravi ustioni sulla pelle e saranno a maggior rischio di sviluppare tumori per i primi tempi dopo l’attacco.

Fare previsioni precise sull’entità dei danni e sul numero di persone che potrebbero essere uccise dall’esplosione di una bomba nucleare è molto difficile, se non impossibile. Molto dipende dalla tipologia dell’ordigno utilizzato, dall’altitudine alla quale viene fatto esplodere, dalle caratteristiche del territorio interessato, dalla densità abitativa e dalle condizioni atmosferiche al momento dell’attacco.

Per una città con 4 milioni di abitanti, si può stimare che l’esplosione causi pressoché istantaneamente la morte di oltre 100mila persone in un raggio di 3 chilometri, con un altro mezzo milione di decessi nei giorni seguenti a causa delle gravi ferite, dell’impossibilità di fornire soccorsi dall’esterno e delle radiazioni in un’area fino a una decina di chilometri dal punto dell’esplosione. Sono stime approssimative, appunto, che potrebbero essere fortemente condizionate dalle caratteristiche della città bombardata e da come è distribuita la popolazione al suo interno.

Alcuni strumenti online consentono di fare stime sulla portata di un ipotetico attacco nucleare su una specifica area geografica, in base al tipo di bomba utilizzata e ad altre variabili come la tipologia di bombardamento e l’altitudine dell’esplosione: tra le più affidabili e spesso citate c’è Nukemap. Il sito della Campagna internazionale contro le armi nucleari, che ha vinto il Nobel per la Pace nel 2017, contiene numerose informazioni sugli arsenali atomici e articoli sulla storia dell’atomica dai primi test a Los Alamos guidati da Oppenheimer ai giorni nostri.