Storia del Meeting di Rimini

E di come l'evento di Comunione e Liberazione sia diventato il luogo privilegiato dove i politici di ogni appartenenza vanno a cercarsi consenso

Il cardinale di Bologna e presidente della Cei Matteo Maria Zuppi durante la messa celebrata in apertura del Meeting di Rimini. (ANSA/DORIN MIHAI)
Il cardinale di Bologna e presidente della Cei Matteo Maria Zuppi durante la messa celebrata in apertura del Meeting di Rimini. (ANSA/DORIN MIHAI)
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Nel 2022 il primo dibattito tra leader politici prima delle elezioni politiche del 25 settembre fu al Meeting di Rimini per l’amicizia fra i popoli, il 23 agosto. All’auditorium Intesa Sanpaolo ci furono ovazioni per Giorgia Meloni e moltissimi applausi per Matteo Salvini. Enrico Letta, allora segretario del Partito Democratico, venne fischiato quando propose di aumentare gli anni di obbligatorietà scolastica. Fu una rappresentazione di quello che affermavano i sondaggi, e cioè un vantaggio netto dei partiti di destra tra i potenziali elettori, orientamento poi confermato dai risultati elettorali.

Quello che viene definito il “popolo del Meeting” è sempre stato orientato politicamente verso il centrodestra, così come il movimento a cui il Meeting fa riferimento, Comunione e Liberazione. Ma non è un “popolo” omogeneo e una componente che guarda più al centrosinistra c’è sempre stata. Pier Luigi Bersani, che al Meeting di Rimini è andato più volte come ospite, disse: «Se vuole rifondarsi, la sinistra deve partire dal retroterra di Comunione e Liberazione. La vera sinistra non nasce dal bolscevismo, ma dalle cooperative bianche dell’800, il partito socialista arriva dopo, il partito comunista dopo ancora. E i movimenti del Sessantotto sono tutti morti, solo l’ideale lanciato da CL negli anni Settanta è rimasto vivo, perché è quello più vicino alla base popolare, è lo stesso ideale che è alla base delle cooperative, un dare per educare».

Il giorno dopo il dibattito ci furono grandi applausi anche per il presidente del Consiglio in carica, Mario Draghi. L’incontro tra i leader e la presenza di Draghi furono le cose più raccontate dai giornali, il resto del programma del Meeting passò in secondo piano, nonostante le decine di convegni, mostre, dibattiti, spettacoli. Sul sito del Meeting è scritto che Rimini in quei giorni diventa «la capitale mondiale della cultura». Ma si potrebbe aggiungere anche della politica italiana, dell’imprenditoria, della finanza, di quello che viene genericamente chiamato establishment.

Il Meeting per l’amicizia fra i popoli è sempre stato questo: un luogo dove si incontra di tutto, dove sfila il governo in carica ma si incontrano anche esponenti dell’opposizione, dove vengono ospitati i grandi manager delle aziende pubbliche ma si ascoltano anche personalità della cultura e della scienza. Disse il drammaturgo Eugène Ionesco dopo essere stato al Meeting: «Se avessi potuto vivervi un po’ più a lungo forse la mia vita sarebbe cambiata: non più violenza, non più odio, non più rivalità o concorrenza, solo una collaborazione più che amicale, un’intesa profonda fra gente di buona volontà». E Abdus Salam, premio Nobel per la Fisica nel 1979, disse: «Non ho mai visto un uditorio come questo; dopo l’incontro con questi giovani a Rimini sono più ottimista sul futuro dell’umanità».

Giulio Andreotti non è quasi mai mancato al Meeting, dal 1980 e fino alla sua morte (tranne che nel 1991). Proprio Andreotti è stato uno dei politici più amati e ascoltati dai partecipanti, così come ha ricevuto ovazioni, in tutte le sue partecipazioni, Silvio Berlusconi. E amatissimo è stato Roberto Formigoni, ex presidente della Regione Lombardia, esponente importante di Comunione e Liberazione e di Memores Domini, definito il “gruppo adulto” di CL. Nel 2013, in seguito alle inchieste giudiziarie che lo riguardavano, Formigoni non venne invitato al Meeting e polemizzò duramente con Bernhard Scholz, allora presidente della Compagnia delle opere, l’associazione imprenditoriale di CL, e oggi presidente della Fondazione Meeting. Disse Formigoni: «Il popolo di CL non mi volta le spalle. Il Meeting è la mia carne e il mio sangue. L’ho fondato io, con pochi altri».

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Il Meeting di Rimini si basa sul lavoro di 3mila volontari, principalmente italiani ma anche di altri paesi. Quest’anno si tiene dal 20 al 25 agosto, il tema è “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile”. Gli sponsor sono circa 130, tra cui le principali aziende private e pubbliche italiane (non per niente l’auditorium si chiama Intesa Sanpaolo). Negli anni ha ricevuto finanziamenti dalla Regione Emilia-Romagna e dal comune di Rimini, ma comunque all’evento sono presenti con gli stand quasi tutte le regioni italiane. I ricavi del Meeting, oltre che dagli sponsor, arrivano anche dalle donazioni dei sostenitori, dal cinque per mille, dai lasciti.

Per capire le dimensioni dell’evento è utile citare qualche numero. Nel 2022 i visitatori sono stati 800mila, 100mila le presenze alle 14 mostre organizzate; 10mila quelle al “Villaggio Ragazzi Generali” (anche in questo caso c’è il nome dello sponsor), 5mila le persone registrate ai cosiddetti “camp” sportivi, 3mila i posti a tavola nella ristorazione. I giornalisti accreditati erano 400, lo stesso numero di quest’anno.

La prima edizione del Meeting si tenne nel 1980. L’idea era nata da Sante Bagnoli, fondatore della casa editrice Jaca Book, e da alcuni militanti di Comunione e Liberazione di Rimini, e fu subito approvata e condivisa da esponenti nazionali di CL. Il giornalista Robi Ronza, per anni portavoce del Meeting e storico esponente di CL, ha scritto che il Meeting nacque in tempi nei quali «una larga parte del mondo cattolico o subiva passivamente l’egemonia della visione del mondo laica-marxista, “religione ufficiale” di quasi tutta l’intellighenzia italiana dell’epoca, oppure si sottraeva al confronto con essa». Secondo Ronza allora la militanza ciellina che voleva «vivere e testimoniare la propria visione del mondo cristiana a viso aperto e senza alcun complesso d’inferiorità veniva costantemente stretta d’assedio nelle scuole, nelle università e nei luoghi di lavoro da un ordine costituito sociale e mediatico che la costringeva quasi permanentemente a una mobilitazione difensiva». Per Ronza il Meeting rappresentò un momento di festa «fraterna e gentile» in cui rendere «incontrabile il bello e il buono».

Il Meeting ebbe da subito un buon successo, ma una prima consacrazione che lo rese sempre più attrattivo fu la visita di Papa Giovanni Paolo II nel 1982. Allora il Meeting era costituito in un’associazione che fu riconosciuta dal presidente della Repubblica nel 1986. Comunione e Liberazione in quegli anni era piuttosto influente in certi ambienti democristiani, perciò il Meeting diventò un ambiente sempre più contiguo alla politica e sempre più partecipato dal mondo cattolico e conservatore. Dopo la fine della Democrazia Cristiana, nel 1992, gli ex membri del partito confluirono nelle varie formazioni di centrodestra che nacquero in quella fase, mantenendo però il loro rapporto con CL: che nel frattempo, comunque, continuava ad avere anche esponenti di spicco nelle aziende di Stato e negli enti pubblici.

Insomma, nonostante il cambiamento delle stagioni politiche, CL ha saputo mantenere una sua rilevanza negli ambienti politici ed economici che contano. E di conseguenza il Meeting è rimasto un evento a cui tendenzialmente i politici ritengono utile presenziare, a prescindere dalla loro appartenenza.

Dal 2008 l’associazione del Meeting è diventata una fondazione, la Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli. La “mission”, citata nello statuto, è creare un «luogo fisico in cui sperimentare come l’esperienza della fede cristiana vissuta sia capace di incontrare e valorizzare ogni tentativo umano che collabora positivamente al destino di ogni uomo». I soci partner della fondazione oggi sono tre: l’Associazione Italiana Centri Culturali, che riunisce decine di centri in tutta Italia; la Compagnia delle opere che associa 34 mila imprese, per lo più piccole e medie; la Fondazione per la Sussidiarietà, che realizza attività di ricerca e formazione su temi socio-economici.

Tutto fa capo a Comunione e Liberazione, il movimento fondato nel 1954 da don Luigi Giussani (inizialmente il nome era Gioventù studentesca) che l’ha guidata fino alla morte, avvenuta nel 2005. Venne eletto allora, come presidente, don Julian Carrón. Nel 2021, per volere di Papa Francesco, venne promulgato il decreto generale “Le associazioni di fedeli” che disciplina l’esercizio del governo nelle associazioni internazionali di fedeli, il quale stabilisce che «i mandati nell’organo centrale di governo a livello internazionale possono avere la durata massima di cinque anni ciascuno». Non più mandati a vita, quindi. Carrón, che era stato rieletto nel 2020, si dimise. Scrisse che lo faceva «per favorire da subito il processo di cambiamento richiesto alle associazioni internazionali di fedeli riconosciute dalla Santa Sede». Gli subentrò il vicepresidente, Davide Prosperi, docente di biochimica all’università Bicocca, attuale presidente del movimento.

Soprattutto negli ultimi anni Carrón aveva tentato di allontanare Comunione e Liberazione dalla politica attiva. Con don Giussani, CL aveva avuto lunghi periodi di contiguità con i partiti, con esponenti di rilievo eletti in posti di responsabilità (l’esempio maggiore è proprio Formigoni). Questo aveva portato anche a qualche imbarazzo quando quegli esponenti erano stati coinvolti in inchieste della magistratura. Carrón impose quella che venne chiamata «la svolta religiosa»: nel 2015 per esempio i vertici ciellini scrissero che il Family Day organizzato quell’anno in piazza san Giovanni a Roma non era adeguato a favorire «il necessario clima di dialogo e incontro con chi la pensa diversamente».

Al Family Day, in ogni caso, presenziarono anche migliaia di militanti di Comunione e Liberazione con striscioni e cartelli. Cambiò anche l’atteggiamento di CL verso le altre associazioni cattoliche con l’avvio di collaborazioni con la Caritas, le ACLI, l’Azione Cattolica. Don Carrón tentò di trasformare la percezione che si aveva, e che si ha ancora, di CL: quella di un mondo chiuso e settario.

Le posizioni di Carrón e il suo tentativo di dividere Comunione e Liberazione dalla politica, dal potere e dall’establishment in genere ebbero conseguenze anche sul Meeting di Rimini. Per molti, soprattutto tra la base di CL, il Meeting si era troppo istituzionalizzato. Scrisse Robi Ronza nel 2015: «Il Meeting, e tutta la realtà ufficiale del mondo di cui esso è espressione, si sono presentati all’opinione pubblica come parte notabile dell’attuale establishment del nostro Paese». Raccontò poi che «nei convenevoli, che precedevano l’inizio degli incontri, un’amichevole consuetudine con gli illustri invitati veniva non appena possibile fatta sapere al pubblico: si dava del tu e si chiamava per nome Matteo [Renzi, ndr], ossia il capo del governo, venendo affettuosamente ricambiati con la stessa confidenza; e si faceva lo stesso con ministri, semi-ministri, capi di grandi aziende. In altri tempi lo si sarebbe evitato».

Nel 2014 tre dirigenti della Fondazione Meeting furono indagati dalla procura di Rimini per una serie di sponsorizzazioni da parte di alcuni enti pubblici tra cui la Regione Emilia-Romagna e il ministero dei Beni culturali. Le accuse si riferivano alle edizioni 2009-2010 quando i fondi ottenuti erano stati ricevuti, secondo l’accusa, presentando bilanci in perdita della Fondazione: il requisito dell’assenza di utili necessario per ottenere il denaro dagli enti pubblici, ma secondo la procura era falso. Furono sequestrati la palazzina dove ha sede la Fondazione e beni per un milione di euro. I tre imputati vennero poi assolti perché il fatto non costituisce reato, e in precedenza la Fondazione aveva restituito i 300mila euro di finanziamento agli enti pubblici. Aveva anche restituito 100mila euro ottenuti nel 2012 e non oggetto di indagine da parte della Guardia di Finanza.

Anche questa indagine servì in qualche modo ad accelerare i cambiamenti voluti da Carrón, che si resero piuttosto evidenti al Meeting del 2017. Scrisse Dario Di Vico sul Corriere della Sera:

Il successo della linea Carrón è tale che alle prossime elezioni politiche il voto dei ciellini si presenta per la prima volta assolutamente libero. Il movimento non darà alcuna indicazione e il giudizio sarà lasciato totalmente ai singoli… Per un’organizzazione che negli anni passati era fin troppo vicina alla politica e che aveva subito pienamente la fascinazione di Giulio Andreotti prima e di Silvio Berlusconi dopo è una svolta radicale.

Un anno prima lo stesso Di Vico aveva parlato del Meeting, notando come «quest’anno una parte degli sponsor abbia avuto il braccino corto e ridotto i contributi, come le aziende di giochi-scommesse non compaiano più nella lista dei finanziatori e come invece sia sostenuta con maggiore vigore l’operazione di fundraising».

Il Meeting oggi cerca di dare un’immagine di sé meno vicina ai partiti e più distante dal potere. Ciononostante i politici continuano a considerare i giorni di Rimini come il momento e il luogo privilegiato in cui cercare consenso. Quest’anno sul palco si alternano metà dei ministri dell’attuale governo e alcuni manager di grandi aziende pubbliche. Il Meeting si è aperto con un messaggio di papa Francesco; chiuderà, cinque giorni dopo, con l’intervento più istituzionale di tutti, quello del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.