• Mondo
  • Domenica 20 agosto 2023

Le elezioni in Ecuador, dopo l’omicidio di Fernando Villavicencio

Si vota oggi per rinnovare presidente e parlamento, tra le molte tensioni dovute all'assassinio di uno dei candidati

Babahoyo, Ecuador, 15 agosto 2023 (AP Photo/Martin Mejia)
Babahoyo, Ecuador, 15 agosto 2023 (AP Photo/Martin Mejia)
Caricamento player

In Ecuador il 20 agosto ci sono le elezioni presidenziali e le elezioni legislative per rinnovare l’Assemblea Nazionale, il parlamento monocamerale del paese. Sono elezioni che negli ultimi dieci giorni hanno attirato parecchie attenzioni anche al di fuori dell’Ecuador a causa dell’omicidio di uno degli otto candidati alla presidenza, Fernando Villavicencio. Villavicencio è stato ucciso il 10 agosto alla fine di un comizio elettorale tenuto nella capitale Quito: per il momento non si sa ancora chi sia il responsabile, ma la polizia ha compiuto alcuni arresti e in generale l’ipotesi più accreditata è quella di un coinvolgimento dei narcotrafficanti.

Il timore è che le elezioni si svolgano in quello che molti giornali hanno definito un «clima di terrore» e di enorme sfiducia nei confronti delle istituzioni.

Fino a qui
Le elezioni erano state indette dopo che a fine maggio Guillermo Lasso, conservatore e presidente dal 2021, aveva sciolto il parlamento bloccando il processo di impeachment che era cominciato contro di lui con l’obiettivo di rimuoverlo dal suo incarico. L’Assemblea Nazionale, dove la maggioranza è detenuta dall’opposizione, lo aveva accusato di essere coinvolto in un caso di appropriazione indebita legato a due società pubbliche. Lo scioglimento del parlamento da parte di Lasso era stato possibile grazie a un meccanismo conosciuto come “muerte cruzada” (morte incrociata) che nel 2008 era stato inserito nella Costituzione dall’allora governo di centrosinistra di Rafael Correa.

L’Ecuador ha circa 18 milioni di abitanti e più di 13 milioni sono iscritti nelle liste elettorali. Nel paese il voto è obbligatorio per chi ha più di 18 anni, mentre è facoltativo per chi ha tra i 16 e i 18 anni e qualche altra categoria di persone (chi ha più di 65 anni o chi è in servizio attivo nelle forze armate e nella polizia, ad esempio). Non andare a votare, in caso di obbligo, comporta il pagamento di una multa. Le urne saranno aperte dalle ore 07:00 alle ore 17:00 ora locale (dalle 14 a mezzanotte ora italiana).

Secondo la Costituzione ecuadoriana, se alle elezioni nessun candidato o candidata alla presidenza otterrà almeno il 50 per cento dei voti, oppure almeno il 40 per cento e un vantaggio di almeno 10 punti sul secondo arrivato, le due persone più votate andranno al ballottaggio: l’eventuale secondo turno si terrà il 15 ottobre. Le persone elette, sia il capo del governo sia chi occuperà i 137 seggi del parlamento, rimarranno comunque in carica solo per diciotto mesi, fino al maggio del 2025, cioè fino alla scadenza naturale del mandato di Lasso e del parlamento precedentemente eletto.

Alle elezioni di domenica c’è anche una consultazione popolare per decidere sul proseguimento o meno dello sfruttamento di un giacimento petrolifero nel parco nazionale Yasuní, nella foresta amazzonica. È la prima consultazione popolare richiesta dai cittadini e dalle cittadine nella storia dell’Ecuador, ed esserci arrivati è stata considerata una grande vittoria del movimento ambientalista.

La situazione politica e i candidati
Quelle di domenica saranno le prime presidenziali straordinarie dal 1940. Sette delle otto “formule presidenziali”, cioè coppie di presidenti e vicepresidenti, sono formate da candidati indipendenti, sebbene molti siano appoggiati da diversi partiti. Questa sarà anche la prima elezione in cui ci sarà una parità di genere tra i due ruoli (solo in una delle otto coppie alla presidenza c’è una donna).

– Leggi anche: Le indagini sull’omicidio del candidato alle elezioni presidenziali in Ecuador

Al posto di Villavicencio, ucciso il 10 agosto, il partito centrista Movimiento Construye ha candidato Christian Zurita, giornalista di 53 anni a lungo impegnato in indagini sulla corruzione e sul crimine organizzato. Una settimana fa, non avendo registrato in tempo la sua candidatura, a Zurita non è stato permesso di partecipare al dibattito televisivo tra i vari candidati. Il governo, come reazione all’omicidio di Villavicencio, ha indetto lo stato d’emergenza e limitato le riunioni pubbliche: pertanto gli ultimi giorni di campagna elettorale si sono svolti esclusivamente sui media.

A sinistra tra gli altri candidati c’è Luisa González, del partito Movimiento Revolución Ciudadana, la coalizione politica dell’ex presidente di centrosinistra Rafael Correa. Secondo i sondaggi, González è la favorita: se dovesse vincere sarebbe la prima donna a guidare un governo in Ecuador. Il Movimiento Revolución Ciudadana aveva inizialmente contestato la candidatura di Zurita, chiedendo formalmente al Consiglio elettorale nazionale di non approvarla e sostenendo che Zurita fosse «affiliato a un’altra organizzazione politica». Il Consiglio ha respinto la richiesta, definendola infondata, e ha infine approvato la candidatura.

A destra le candidature sono quattro: Otto Sonnenholzner, ex vicepresidente tra il 2018 e il 2020, Xavier Hervas, che si era già candidato alle presidenziali del 2021 con un partito di sinistra per poi cambiare completamente idee e schieramento politico, l’imprenditore Daniel Noboa Azin, che ha 35 anni ed è il candidato più giovane, Jan Topić, un uomo d’affari che ha combattuto nella Legione Straniera e che viene definito il “Bukele ecuadoriano”, con riferimento al presidente di El Salvador, autoritario e noto per la sua strategia molto dura contro le organizzazioni criminali.

– Leggi anche: Un dittatore di successo

Tra i candidati ci sono infine l’avvocato Bolívar Armijos, centrista, e Yaku Pérez, ex leader della Coordinadora Andina de Organizaciones Indígenas (CAOI), una rete di organizzazioni indigene di Ecuador, Bolivia, Cile, Colombia, Perù e Argentina. È l’unico ad aver detto ufficialmente di essere contrario all’esplorazione mineraria e petrolifera nella riserva di Yasuní.

Il partito Creando oportunidades (CREO) del presidente uscente ha invece rinunciato a presentarsi alle elezioni. Secondo i giornali sono solo due i candidati che potrebbero determinare un cambiamento rispetto alle posizioni conservatrici e neoliberiste del presidente uscente: Luisa González e Yaku Pérez.

Dopo l’uccisione di Fernando Villavicencio la lotta alla criminalità è diventata l’unico argomento della campagna elettorale: si parla solo di estorsioni, bande organizzate, cartelli della droga, boss, rivolte nelle carceri e omicidi politici. E ciascun candidato presenta se stesso come soluzione al problema. Accanto alle misure repressive, sono comunque soprattutto González e Pérez ad aver parlato anche delle politiche sociali che potrebbero avere conseguenze sulle cause della violenza, come il miglioramento dell’istruzione e la creazione di maggiori opportunità per i giovani.

Negli ultimi anni in Ecuador la violenza legata al narcotraffico è aumentata enormemente. Secondo i dati della polizia nazionale, il tasso di omicidi nel 2016 era pari a 5,8 ogni 100mila abitanti. Lo scorso anno è salito a 25,6, a un livello simile a quello di Colombia e Messico, paesi con una lunga storia di violenza legata ai cartelli della droga.

L’Ecuador è stato a lungo un paese di transito lungo la rotta della cocaina dal Sud America agli Stati Uniti e all’Europa, ma nel tempo è diventato anche il luogo in cui la droga viene raffinata, conservata e distribuita. «Questo cambio di paradigma» scrive BBC, «è visibile per la maggiore quantità di droga sequestrata, principalmente cocaina (più di 122 tonnellate tra gennaio e luglio di quest’anno, ndr), per il ritrovamento sempre più frequente di laboratori e, soprattutto, per l’aumento esponenziale della violenza», a partire da quella nelle carceri che sono diventati centri operativi dei narcotrafficanti.

Ci sono diversi motivi che spiegano come l’Ecuador sia passato dall’essere un paese di transito ad avere un ruolo maggiore nelle reti del narcotraffico: uno di questi è il cosiddetto “effetto palloncino”, il fatto cioè che le politiche di repressione in una certa regione causino lo spostamento della produzione o delle infrastrutture. In questo caso lo spostamento è stato transfrontaliero, dalla Colombia al confinante Ecuador.

– Leggi anche: Come i narcos sono arrivati in Ecuador

Cosa dicono i sondaggi
I sondaggi dicono che la favorita è Luisa González, che in media raccoglie circa un quarto delle intenzioni di voto. Sono quattro i candidati che nelle diverse ricerche occupano il secondo posto. Otto Sonnenholzner, Jan Topic, Yaku Pérez e Fernando Villavicencio. I sondaggi, per legge, si possono diffondere fino a dieci giorni prima delle elezioni e quelli che sono stati realizzati includono dunque Villavicencio.

Non è chiaro se e come l’omicidio di Villavicencio inciderà sull’esito. Al di là dei risultati, secondo l’analista politico Pedro Donoso l’omicidio è «una svolta» nella politica del paese: è una “sfida aperta” contro lo stato, attuata proprio nel momento in cui gli ecuadoriani stanno per eleggere un nuovo governo. «L’assassinio di Villavicencio è un messaggio politico contro la democrazia. Il crimine cerca di dimostrare che sono le organizzazioni a dettare le regole».

L’attacco a Villavicencio si inserisce in un contesto di generale timore e insicurezza da parte dei cittadini e delle cittadine, che influisce sulla fiducia nel governo e nelle istituzioni. Da alcuni sondaggi fatti nei mesi scorsi risulta che per quasi due ecuadoriani su tre il paese in cui vivono non è sicuro (è la cifra più alta di tutto il Sud America), quasi il 95 per cento ritiene che l’Ecuador «sia sulla strada sbagliata» e sei su dieci dicono di «non avere fiducia dello stato».

È possibile che González possa vincere al primo turno, di misura, ma sembra più probabile che si vada a un secondo turno tra lei e un candidato di destra. In caso di secondo turno, le possibilità di vittoria di González potrebbero ridursi, poiché avrebbe scarsissime possibilità di ricevere un appoggio e dunque i voti dei candidati esclusi, tutti molto critici verso Rafael Correa, l’ex presidente attualmente in esilio in Belgio e condannato in Ecuador a otto anni di carcere per corruzione.