La legge antimafia usata per incriminare Trump in Georgia
Fu scritta negli anni Settanta per contrastare i gruppi mafiosi, oggi è alla base della nuova indagine contro Trump sulle elezioni del 2020
Delle quattro incriminazioni che sono state avviate negli Stati Uniti contro Donald Trump, quella annunciata martedì in Georgia, che riguarda il tentativo di sovvertire il risultato delle elezioni presidenziali del 2020 nello stato, è una delle più ampie e ha alcune caratteristiche peculiari. Anzitutto non è un’indagine federale, ma un’indagine statale portata avanti dalla procuratrice della contea di Fulton, quella dove si trova Atlanta, la capitale della Georgia. Questo significa che Trump e gli altri 18 indagati saranno giudicati sulla base delle leggi della Georgia, che hanno alcune particolarità. Inoltre, se Trump sarà eletto nel 2024 e tornerà presidente degli Stati Uniti, potrà autoconcedersi la grazia per tutte le eventuali condanne federali, ma non per questa.
L’elemento più notevole dell’indagine in Georgia è che la procuratrice Fani T. Willis ha accusato Trump e gli altri indagati di violazione del Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act (RICO), una celebre legge nata negli anni Settanta per contrastare i gruppi mafiosi attivi all’epoca, e da allora utilizzata contro il crimine organizzato e le associazioni a delinquere. L’utilizzo del RICO ha consentito alla procuratrice Willis di espandere enormemente il raggio d’azione del suo operato e di ottenere prove e testimonianze che altrimenti non avrebbe potuto ottenere: il centro dell’indagine infatti non è tanto provare che siano stati commessi reati puntuali, ma provare che Trump fosse a capo di una vasta organizzazione criminale (che di fatto coincide con buona parte del suo comitato elettorale) che aveva lo scopo di sovvertire il risultato delle elezioni in Georgia, e di conseguenza in tutti gli Stati Uniti.
Questo è possibile perché il RICO era stato pensato principalmente per contrastare i capi della mafia italoamericana, che raramente erano direttamente implicati nei reati commessi dai loro sottoposti, pur essendo a capo dell’organizzazione criminale. Il RICO fu approvato a livello federale nel 1970, e negli anni successivi quasi tutti gli stati ne approvarono una propria versione più o meno modificata, compresa la Georgia.
Da quel momento divenne uno strumento fondamentale per il contrasto ai gruppi mafiosi: per esempio consentì allo stato di New York, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Duemila, di smantellare le grosse cosche della mafia italoamericana. Ironicamente, in quel periodo Rudy Giuliani era procuratore di Manhattan e fu tra i pionieri dell’utilizzo esteso e creativo del RICO contro gruppi criminali non soltanto mafiosi. Oggi, in qualità di ex avvocato di Trump, è tra gli indagati in Georgia.
L’utilizzo del RICO è anche la principale differenza con l’altra indagine contro Trump sul tentativo di ribaltare le elezioni, quella presentata all’inizio di agosto a Washington. Nell’indagine di Washington, che è un’indagine federale, l’unico indagato è Trump; nell’indagine in Georgia, invece, gli indagati sono in tutto 19, perché l’interesse della procuratrice Willis è provare l’esistenza di un’organizzazione criminale.
Nel lungo documento di incriminazione (di quasi 100 pagine, il doppio del documento dell’indagine di Washington) la procuratrice Willis implica Trump e gli altri 18 indagati in 41 capi di accusa, di cui 13 riguardano direttamente l’ex presidente. Questo fa sì che al momento, se si contano tutte e quattro le incriminazioni contro di lui, Trump si debba difendere da 91 capi d’accusa.
Dopo le elezioni del 2020 per Trump e i suoi la Georgia era molto importante: era uno stato in cui Biden aveva vinto di poche decine di migliaia di voti, e in cui il ristretto margine di vittoria poteva essere usato come pretesto per ribaltare il voto. Il documento di incriminazione cerca di mostrare come Trump e i suoi più stretti collaboratori (tra cui ci sono i suoi avvocati Rudy Giuliani e Sidney Powell, oltre al suo ex capo di gabinetto Mark Meadows) avrebbero cercato in più modi di sovvertire le elezioni tramite tentativi di intimidazione, dichiarazioni false, atti ufficiali contraffatti e così via.
Le prime accuse elencate contro Trump risalgono al giorno stesso delle elezioni del 3 novembre 2020, quando Trump annunciò «falsamente», come dice il documento di incriminazione, di aver vinto le elezioni presidenziali. A partire dalla metà di novembre, prosegue l’atto d’accusa, ci fu un altissimo numero di circostanze in cui sia Trump sia i suoi collaboratori fecero «dichiarazioni false» principalmente con due obiettivi: screditare il lavoro delle persone che il giorno delle elezioni lavoravano ai seggi, accusandole di brogli, e convincere il pubblico che le elezioni in Georgia erano state rubate dai Democratici.
Per esempio il 10 dicembre del 2020 l’avvocato di Trump, Rudy Giuliani, tenne una conferenza stampa in cui disse che nella contea di Fulton erano state approvate decine di migliaia di schede false, che avevano votato dei minorenni, che i lavoratori ai seggi a un certo punto avevano allontanato gli osservatori per fare il loro «sporco e torbido lavoro». Giuliani disse anche che ai seggi i lavoratori si passavano delle penne USB (che sarebbero state usate per violare in qualche modo le macchine per il voto elettronico) «come se fossero state fialette di eroina». Tutte queste dichiarazioni si sono ovviamente rivelate false.
La difesa di Trump sostiene che queste dichiarazioni, anche se false, fanno comunque parte del gioco politico, e che per questo sono protette dalla libertà d’espressione. Qui però subentra una delle particolarità della legislazione della Georgia, che stabilisce che sia un reato fare dichiarazioni false o fraudolente che «riguardano la giurisdizione di qualunque dipartimento o agenzia dello stato». Per questo nel documento di incriminazione sono anche contenuti alcuni tweet di Donald Trump.
Trump e i suoi sono inoltre accusati di aver tentato di convincere i funzionari pubblici dello stato a violare il proprio giuramento. Quest’accusa riguarda per esempio la famosa telefonata che Trump fece il 2 gennaio del 2021 per convincere il segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger, a «trovare 11.780 voti» necessari per sovvertire il risultato del voto (Raffensperger si rifiutò). Secondo il documento d’incriminazione, sia Trump sia i suoi collaboratori fecero numerose altre telefonate del genere.
Giuliani e altre persone a lui vicine cercarono poi di creare in Georgia e in altri stati un collegio di “grandi elettori” alternativo a quello ufficiale. I “grandi elettori”, semplificando molto, sono i delegati che, stato per stato, esprimono concretamente il voto per il presidente degli Stati Uniti, sulla base del risultato del voto popolare. I collaboratori di Trump cercarono di formare dei collegi di grandi elettori alternativi e favorevoli a Trump, nel tentativo di sovvertire le elezioni: per questo la procuratrice Willis li ha accusati di vari reati come falso e sostituzione di persona.
– Leggi anche: Cosa sono i grandi elettori
C’è poi un ultimo caso che riguarda nello specifico la Georgia e che è citato nel documento d’incriminazione: all’inizio di gennaio del 2021 alcuni collaboratori di Sidney Powell, l’avvocata di Trump, grazie a funzionari compiacenti riuscirono ad avere accesso alle macchine per il voto elettronico usate nella contea di Coffee, in Georgia. Le macchine per il voto negli Stati Uniti sono considerate un’«infrastruttura critica» e per questo sono strettamente sorvegliate. L’unico modo legale per potervi accedere è con un mandato giudiziario. I collaboratori di Powell (che non avevano un mandato) scaricarono una notevole quantità di dati dalle macchine nel tentativo di provare che fossero state contraffatte e che il voto fosse stato falsato. Ancora una volta non trovarono nessuna prova, ma i dati furono comunque diffusi, e questo mise in pericolo la sicurezza dei sistemi informatici per il voto elettronico. La contea di Coffee ha annunciato mesi fa che avrebbe sostituito tutte le sue macchine per il voto.
Come si vede, l’indagine della procuratrice Willis è molto ampia e al tempo stesso molto varia.
Questo potrebbe essere un vantaggio, perché in fase processuale la procuratrice potrà mostrare tutta l’estensione del progetto di Trump e dei suoi per sovvertire le elezioni. Al tempo stesso, gestire un processo con 19 imputati di alto livello e con un’enormità di capi d’accusa molto diversi tra loro potrebbe diventare complicato e caotico. Al momento soltanto 10 persone dell’ufficio della procuratrice lavorano al caso a tempo pieno.
Di tutti i futuri processi contro Trump, quello della Georgia potrebbe essere anche l’unico che sarà mandato in diretta televisiva, per via ancora una volta delle regole che esistono nello stato. Le date però non sono ancora state decise, e c’è la possibilità che il procedimento cominci soltanto dopo le elezioni presidenziali del 2024.