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  • Domenica 30 luglio 2023

Il piccolo settore dei libri finti

Li costruiscono legatorie e piccole aziende specializzate per abbellire stanze e per dare un tono agli sfondi delle videoconferenze

(Original Book Works)
(Original Book Works)
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Dal 2017 la città di Tientsin, nel nord della Cina, ospita la gigantesca biblioteca pubblica Tientsin Binhai, una struttura avveniristica dalla superficie di 3.400 metri quadri progettata dallo studio di design olandese MVRDV in collaborazione con gli architetti cinesi del TUPDI, l’istituto di urbanistica locale. La biblioteca è visitata quotidianamente da migliaia di persone, ma alcuni particolari di arredamento ad alcuni fanno storcere il naso: molti dei libri esposti, soprattutto quelli posizionati nei piani superiori, sono in realtà dei disegni realizzati su lastre di alluminio incollate alle pareti.

L’abitudine di utilizzare libri finti a scopo decorativo ha radici abbastanza antiche: alcuni scrittori del Diciannovesimo secolo riempivano gli scaffali delle proprie stanze con dei volumi ornamentali, come ad esempio il poeta e umorista inglese Thomas Hood. Nel 1831 Hood ideò personalmente una serie di dorsi finti, sfruttando l’effetto trompe l’oeil (una tecnica usata per creare l’illusione del tridimensionale su una superficie bidimensionale) per realizzare una finta libreria e arredare una delle sale della Chatsworth House, la casa del duca di Devonshire. In una lettera scritta nel 1851 il romanziere inglese Charles Dickens chiese invece al suo rilegatore dell’epoca, Thomas Robert Eeles, di realizzare per lui una serie di libri personalizzati per arredare Tavistock House, la casa londinese in cui viveva insieme alla famiglia. I titoli, fittizi e spesso di carattere umoristico, venivano inventati dallo stesso Dickens, che si premurava di specificare anche la quantità di volumi per ogni opera – dispose ad esempio che una di queste, Five minutes in China, dovesse essere suddivisa in tre tomi.

Di recente la moda dei libri finti ha ripreso piede, soprattutto negli Stati Uniti. Ad aprile la giornalista del New York Times Anna Kodé ha scritto un lungo approfondimento dedicato ai cosiddetti “libri finti”, ossia gli oggetti decorativi che ricordano in tutto e per tutto la forma di un libro e che vengono utilizzati per arredare gli spazi domestici. In questa categoria rientrano varie tipologie di prodotti: portaoggetti, soprammobili e dorsi finti realizzati per arricchire le tonalità di colore delle librerie.

Ci sono aziende che, in modalità diverse, hanno deciso di dedicare la propria attività a questo segmento di mercato. Una di queste è Books by the foot che, com’è facile intuire dal nome, si occupa della vendita di libri “al piede”, un’unità di misura utilizzata nei paesi anglosassoni pari a circa 30 centimetri. Tra le altre cose, l’azienda realizza dorsi di libri finti che vengono utilizzati per arredare gli interni delle navi da crociera – dei posti in cui «non vogliono preoccuparsi che i libri cadano dagli scaffali se il tempo peggiora», ha spiegato il titolare Charles Roberts. In altri casi l’azienda recupera libri veri che stavano per essere buttati via dai loro proprietari, li restaura e li usa per creare delle palette di colore personalizzate in base ai gusti dell’acquirente.

Roberts ha anche spiegato che, durante la pandemia, la domanda per questo genere di prodotti è cresciuta sensibilmente: sempre più persone hanno iniziato a richiedere questo servizio per abbellire le proprie librerie e sfoggiarle durante le videoconferenze.

In altri casi, i libri finti vengono utilizzati per coprire alcuni elementi di arredo poco gradevoli alla vista. Un esempio è quello di Covogoods, azienda di Salt Lake City (Utah) che ha legato il suo nome al cosiddetto “CovoBox”, uno scomparto segreto composto da dorsi di libri e utilizzato per nascondere alcuni dettagli poco armoniosi come router, prese, modem, cavi e spine. L’azienda Original Book Works si è invece specializzata nella realizzazione di “porte segrete”, ossia delle porte coperte da pannelli di libri finti.

Anche la britannica DecBooks si occupa di libri finti: l’anno scorso ne ha forniti più di 20mila per un’importante produzione Netflix. L’azienda ha anche riempito l’intera libreria della One Whitehall Place, una prestigiosa sala ricevimenti londinese, con circa 35mila dorsi di libri finti.

Tina Ramchandani, che lavora come interior designer a New York, ha raccontato che le capita spesso di utilizzare libri falsi per arredare le case dei suoi clienti: solitamente vengono posizionati sugli scaffali superiori delle librerie, quelli più difficili da raggiungere. La motivazione è molto pragmatica: posizionare nei piani alti libri veri per molte persone ha poco senso, dato che non vengono quasi mai consultati e il più delle volte finiscono solo per prendere polvere.

Ci sono poi libri che, pur essendo “veri”, vengono acquistati anche per motivi estetici e decorativi, come ad esempio i saggi pubblicati dalla casa editrice inglese Pelican Books tra il 1937 e il 1984, molto popolari nel Regno Unito anche per i loro dorsi azzurri. Anche i tascabili prodotti dalla Penguin, la cui grafica gode di una notevole fama grazie alle intuizioni dell’art director italiano Germano Facetti, sono molto apprezzati per il loro lato design semplice e riconoscibile. I tascabili sono divisi in più colori che distinguono diverse collane – arancione per la narrativa, verde per i gialli e noir, blu per le biografie e rosa per i libri di viaggi – e questa particolarità li rende molto funzionali per decorare gli scaffali delle librerie.

In Italia il mercato è decisamente più ristretto: la realizzazione di libri finti è un’attività artigianale che si rivolge a piccole nicchie di appassionati. «Che io sappia in Italia non ci sono aziende che producono libri finti in serie, a differenza di quanto accade negli Stati Uniti» spiega Annalisa Mignogna, titolare della Legatoria Artigiana Napoli. «Nel nostro caso si tratta di un lavoro artigianale al cento per cento. Produciamo soprattutto finti dorsi utilizzando vari strati di pistolegno, un cartone vegetale che viene smussato e arrotondato fino a ricordare la costola [il lato della rilegatura che copre la cucitura delle pagine, ndr] di un libro» dice Mignogna. «I clienti solitamente richiedono questi prodotti per esigenze estetiche: vogliono nascondere alcuni elementi di arredo di interni che percepiscono come fastidiosi o che preferiscono nascondere agli ospiti, come ad esempio una brutta porta o un archivio».

Un’altra attività importante della legatoria è la scelta dei titoli, che deve rispecchiare il più possibile i gusti e la personalità del committente: «Alcune volte è il cliente a darci una traccia, altre volte siamo noi a proporre una selezione di titoli e a sottoporla ad approvazione. La selezione dipende moltissimo dalle professioni che i clienti svolgono: ad esempio, gli avvocati chiedono spesso codici di diritto napoleonico, i medici preferiscono dorsi che ricordano antichi tomi di anatomia e così via».

Mignogna dice che la realizzazione di questi prodotti è un’attività faticosa e poco redditizia: l’attività della legatoria è legata ad altri tipi di servizi, come le rilegature, i restauri e la fabbricazione di agende, album fotografici, cornici e portadocumenti. «I libri finti ci vengono richiesti pochissimo e, le poche volte in cui accade, in tutta onestà non siamo felicissimi di produrli: il margine di guadagno è basso, i costi di produzione sono molto alti e i tempi di manifattura abbastanza lunghi. Anche la richiesta è poco frequente: dalla fondazione dell’azienda a oggi ne abbiamo prodotti pochissimi, qualche centinaio al massimo».

Anche Gabriele Marchesi, titolare della legatoria Conti Borbone di Milano, concorda su questo punto: «Creare dei libri finti richiede tempo e fatica. Rivestire una porta può portare via anche una settimana di lavoro e, per mantenere i prezzi un po’ più concorrenziali, non possiamo farci pagare l’effettivo costo della manodopera. Considerando i tempi di lavorazione e l’impegno richiesto, i margini di guadagno sono veramente bassi».

Conti Borbone realizza dorsi di libri finti in pelle per la copertura di porte, pannelli rimovibili per librerie e ante d’armadi. Altre volte i dorsi vengono utilizzati per creare degli oggetti particolari, come ad esempio dei cestini. Anche nel caso di Conti Borbone la realizzazione di questi prodotti avviene senza il supporto di macchine: «Non abbiamo stampi per produrre in serie: i volumi che realizziamo sono fatti a mano e personalizzabili in base ai gusti e alle inclinazioni dei clienti», spiega Marchesi.

I volumi più richiesti sono quelli classici: «Nella maggior parte dei casi inseriamo nelle nostre composizioni enciclopedie, soprattutto la Treccani e l’Encyclopedia Britannica, opere latine, classici della letteratura italiana come Dante, Petrarca e Boccaccio, antichi codici di diritto e libri di cucina».  Quando ha carta bianca, Marchesi ama poter essere creativo e stupire il cliente con scelte particolari: «Negli anni abbiamo realizzato di tutto, dai dorsi personalizzati e dedicati alla famiglia del cliente ai volumi ispirati a pubblicazioni di nicchia come Horse & Hound, un’antica rivista di equitazione britannica. Una volta abbiamo riprodotto i dorsi dell’intera serie di volumi d’arte realizzati dall’architetto Franco Maria Ricci».

Oltre alla scelta dei titoli, un’altra questione importante è quella della disposizione dei libri: «È un bel casino: c’è chi preferisce ordinare i libri in base allo spessore, giocando con le altezze o alternando libri posizionati in verticale e altri appoggiati in orizzontale, e chi invece vuole delle file più ordinate e simmetriche», dice Marchesi.

Anche nel caso di Marchesi la realizzazione di libri finti è un’attività poco frequente: «Non facciamo indagini di mercato, ma se dovessi fare una stima approssimativa direi che i dorsi finti rappresentano il 10% della nostra attività. Sono prodotti di nicchia, richiesti soprattutto da architetti, avvocati e altri liberi professionisti che vogliono arredare i loro studi in modi eccentrici e particolari».

Un progetto un po’ diverso ma che ha a che fare comunque con il lato più estetico dei libri è quello portato avanti da Libri Finti Clandestini, un collettivo che realizza prodotti editoriali sperimentali. «Il nostro è un progetto che si discosta dalla legatoria professionale classica, a partire dalla scelta dei materiali», spiega uno dei fondatori. Il collettivo impiega solo scarti cartacei provenienti da vari ambiti, come tipografie, mercatini dell’usato e laboratori di stampa.

«Mettiamo al centro del nostro lavoro tutto quello che viene comunemente considerato “spazzatura”. La carta che troviamo in giro viene assemblata e rilegata per creare vari tipi di prodotti che etichettiamo come “libri finti”, anche se poi in realtà hanno un qualche tipo di contenuto o utilità». Tra le produzioni rientrano sketchbook, libri espositivi e, soprattutto, libri gioco con meccanismi pop–up tridimensionali realizzati con il metodo kirigami, una tecnica orientale di intaglio e piegatura della carta utilizzata per ottenere forme tridimensionali a partire da un unico foglio, senza asportare pezzi. «Le nostre creazioni sono interessanti per diversi tipi di clientela, dagli studenti appassionati di grafica alle persone che amano collezionare pezzi di editoria unici. Molte volte, però, i libri non vengono neppure sfogliati: le persone amano utilizzarli come elementi di arredo di interni».

Libri Finti Clandestini organizza anche dei corsi in collaborazione con varie librerie: «Proviamo a diffondere il nostro messaggio, invogliando le persone a non sprecare la carta che hanno in casa e, anzi, a utilizzarla per creare prodotti editoriali indipendenti da zero e senza nessun impatto sull’ambiente. Sempre contando che il fine è l’autoproduzione, quindi un aspetto diverso dalla tecnica della legatoria vera e propria. Ciò che è differente è l’identità di quello che facciamo: ci interessa riflettere sul libro come oggetto, come opera in senso artistico e sperimentale».