Il condono fiscale proposto da Salvini è l’ultimo di una lunga serie

Negli ultimi sette anni ce ne sono stati almeno cinque, ma secondo l'Agenzia delle Entrate hanno raccolto meno del previsto

(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
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Da qualche giorno il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini ha proposto di approvare un nuovo condono fiscale per persone che hanno debiti con l’Agenzia delle Entrate fino a 30mila euro. La proposta ha provocato reazioni diverse all’interno della maggioranza di destra che sostiene il governo di Giorgia Meloni, e un commento piuttosto seccato del direttore dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini.

Non è la prima volta che Salvini propone un condono: e non è nemmeno la prima volta che una proposta del genere viene effettivamente messa in pratica. Appena tre settimane fa erano scaduti i termini per aderire alla cosiddetta “rottamazione quater”, cioè un condono fiscale che dava la possibilità di saldare i propri debiti con l’Agenzia delle Entrate senza pagare sanzioni né interessi. Come suggerisce il nome, la rottamazione in vigore nel 2023 è stata la quarta approvata nel giro di sette anni: la quinta, se nel calcolo consideriamo anche il condono cosiddetto “saldo e stralcio” approvato nel 2018 per famiglie con un indicatore ISEE inferiore ai 20mila euro, cioè in comprovata difficoltà economica.

Fra tutte queste misure solo la “rottamazione quater” sembra abbia ottenuto risultati soddisfacenti, anche se ancora non ne sono stati diffusi i dati definitivi: secondo gli esperti c’entrano le condizioni particolarmente vantaggiose offerte ai debitori, a cui oltre alle sanzioni e agli interessi sono stati annullati anche gli oneri di riscossione. Tutti i precedenti condoni avevano raccolto molto meno di quanto preventivato dal governo, tanto che a fine giugno la Corte dei Conti ha proposto di «abbandonare definitivamente il ricorso a provvedimenti che offrono, per le difficoltà del recupero (e per esigenze di bilancio), la definizione agevolata dei debiti».

Fra il 2016 e il 2018 sono stati approvati tre condoni fiscali chiamati “rottamazioni”, più il cosiddetto “saldo e stralcio”. Le prime due rottamazioni erano state approvate dai governi di centrosinistra, mentre la “rottamazione ter” e il “saldo e stralcio” dal primo governo di Giuseppe Conte sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega (anche in quel caso Salvini era vicepresidente del Consiglio). Secondo un calcolo dell’Agenzia delle Entrate aderirono alle quattro iniziative persone che in totale avevano debiti con l’Agenzia per circa 100 miliardi di euro. Lo Stato si aspettava di ricavarne 53,8: quelli effettivamente saldati sono stati 20,28 miliardi, poco più di un quinto del totale.

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Sulla Stampa di lunedì il giornalista economico Paolo Baroni ha scritto che secondo gli esperti di fisco i condoni fiscali falliscono «perché in un paese dove condoni e sanatorie si susseguono quasi senza sosta, al contribuente che ha pendenze col Fisco conviene aderire alle iniziative di definizione agevolate (anche se poi non si versano le rate) per buttare la palla avanti, ed in pratica autofinanziarsi a carico dello Stato, in attesa della sanatoria successiva che prima o poi, per una ragione o per l’altra, arriverà».

In pratica molte delle persone che aderiscono ai condoni fiscali pagano soltanto la prima o le prime rate del debito, approfittando dell’azzeramento di interessi, sanzioni e in certi casi degli oneri di riscossione, per poi aspettare il condono successivo per ripianare i propri debiti a condizioni vantaggiose. A discapito delle persone che pagano le tasse tutte e subito. Anche per questo a giugno la Corte dei Conti aveva criticato i condoni fiscali, che a suo dire «oltre ad incidere negativamente in termini equitativi e sul contributo di ciascuno al finanziamento dei servizi pubblici, rischiano di comportare ulteriori iniquità».

Repubblica stima che sulla base di calcoli dell’Agenzia delle Entrate il totale dei debiti non riscossi è stimato attorno a 1.153 miliardi di euro, diviso in 170 milioni di cartelle esattoriali, intestate a poco meno di 23 milioni di persone.

La tassa di gran lunga più evasa è l’IRPEF, cioè l’imposta sul reddito delle persone fisiche, derivante da lavoro autonomo o dalle imprese. Il ministero dell’Economia ha stimato che nel 2020 ne è stato evaso il 69,7 per cento dovuto dai lavoratori autonomi, il tasso più alto di sempre, con un mancato introito per lo Stato di 28,33 miliardi di euro.

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L’insistenza di Salvini per i condoni fiscali riflette verosimilmente un obiettivo politico: la Lega è sempre stata piuttosto popolare fra lavoratori autonomi e commercianti, le categorie che statisticamente sono più inclini all’evasione e quindi più sensibili ai condoni. Alle ultime elezioni però molti di loro hanno votato per Fratelli d’Italia, il partito di Meloni: secondo un’analisi dei flussi elettorali dell’istituto Demopolis, alle elezioni politiche del 2022 Fratelli d’Italia ha ottenuto fra lavoratori autonomi e commercianti il 37 per cento dei voti, un dato superiore di più di 10 punti rispetto al suo consenso nazionale.