Il governo può fermare uno sciopero?

Se lo fa almeno 48 ore prima che inizi sì, ma Salvini per dimezzare la durata di quello di Trenitalia e Italo ha usato un espediente

(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
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Mercoledì il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha imposto il dimezzamento della durata dello sciopero dei treni che era previsto per oggi, giovedì. Lo sciopero è cominciato alle 3 di giovedì notte e sarebbe dovuto finire alle 2 di venerdì, ma Salvini ha stabilito con un’ordinanza che finirà alle 15 di giovedì, facendolo quindi durare 12 ore invece che 23. I sindacati hanno annunciato che faranno ricorso contro l’ordinanza. Stefano Malorgio, segretario generale della Filt Cgil (la sezione della Cgil che si occupa dei trasporti), ha definito quella di Salvini «un’iniziativa vergognosa, sbagliata e illegittima».

Le motivazioni citate nell’ordinanza sono legate soprattutto al fatto che lo sciopero riguarda sia i lavoratori di Trenitalia che quelli di Italo, cioè le due principali aziende italiane del trasporto ferroviario, riducendo quindi la possibilità per le persone di spostarsi in altri modi. Pubblicamente invece Salvini lo ha presentato come un modo per «evitare di lasciare a piedi un milione di italiani, di pendolari, di lavoratrici e di lavoratori»: è una versione meno credibile, perché lo sciopero garantiva il funzionamento dei treni regionali nelle fasce orarie più utilizzate dai pendolari (6:00-9:00 e 18:00-21:00).

Mercoledì pomeriggio, poco prima dell’annuncio, Salvini aveva convocato un po’ a sorpresa una riunione nella sede del suo ministero con i sindacati di categoria e i datori di lavoro delle aziende del trasporto ferroviario, a suo dire nel tentativo di raggiungere un accordo per evitare lo sciopero. Dato lo scarso preavviso e il poco tempo a disposizione l’incontro, un po’ improvvisato, non aveva risolto nulla e lo sciopero era stato confermato. Dall’altra parte, però, l’incontro è stato funzionale alla decisione di dimezzare la durata dello sciopero stesso.

Per legge infatti il ministro avrebbe potuto limitare o cancellare lo sciopero solo fino a 48 ore prima del suo inizio, a meno che non fossero ancora in corso tentativi di conciliazione tra le parti. L’incontro di mercoledì pomeriggio quindi ha consentito formalmente a Salvini di imporre la riduzione dello sciopero: nell’ordinanza è esplicitamente citata come base della decisione «la convocazione delle parti sociali avvenuta in data odierna».

La limitazione di uno sciopero in Italia viene spesso chiamata “precettazione”, sebbene le leggi che la regolano non facciano mai riferimento a questo nome. In generale, nel linguaggio giuridico “precettare” descrive l’attività di un’autorità che ordina a un certo soggetto di comportarsi in un certo modo, punendolo se le disposizioni vengono violate. Anche se non è specifico di quest’ambito, di fatto il termine “precettazione” viene utilizzato abitualmente solo in relazione agli scioperi. La precettazione di uno sciopero è comunque piuttosto rara.

Il governo ha la facoltà sia di imporre limitazioni a uno sciopero sia di vietarlo del tutto. È una possibilità garantita a un presidente del Consiglio o a un ministro dalla legge 146 del 1990, approvata con lo scopo di conciliare il diritto allo sciopero con il diritto della popolazione di accedere ai servizi pubblici. Secondo quella norma (art. 8) il governo può decidere di limitare uno sciopero quando questo comporta il «fondato pericolo di pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati».

È il motivo per cui gli scioperi devono sempre garantire una certa quantità di servizi minimi essenziali, come sarebbe avvenuto anche nello sciopero limitato da Salvini. La mancata garanzia dei servizi essenziali è uno dei fattori che possono comportare la precettazione di uno sciopero.

Anche il diritto allo sciopero però è garantito dalla Costituzione (art. 40), e per questo ci sono diverse regole da seguire prima di arrivare alla precettazione: tolti i casi di particolare urgenza, si deve per esempio sempre consultare il parere della Commissione di garanzia sugli scioperi, l’autorità amministrativa indipendente che si occupa proprio del bilanciamento tra il diritto allo sciopero e l’accesso degli utenti ai servizi pubblici essenziali. Nell’ordinanza con cui Salvini ha imposto la precettazione è in effetti citata una nota del 12 luglio in cui la Commissione di garanzia invitava il ministero dei Trasporti a valutare la possibilità di imporre la riduzione dello sciopero.

Gli scioperi comunque erano stati annunciati l’8 e il 22 giugno, e già nelle scorse settimane la Commissione di garanzia aveva invitato i sindacati a non concentrare nello stesso giorno gli scioperi sia di Trenitalia che di Italo. I sindacati si lamentano del fatto che pur essendo a conoscenza di tutti questi fatti da quasi un mese, Salvini abbia deciso di agire solo all’ultimo.

La riunione al ministero tra sindacati e datori di lavoro è stata convocata solo a poche ore dall’inizio dello sciopero, quindi le probabilità che venisse revocato erano assai scarse. Peraltro tra le motivazioni dei sindacati ci sono questioni come «l’assenza di un adeguato piano di assunzioni», l’indisponibilità delle aziende a trovare soluzioni per le «criticità denunciate da lavoratrici e lavoratori», l’«impossibilità a fruire delle ferie maturate» e «turni di lavoro insostenibili»: punti su cui sarebbe complicato accordarsi in un pomeriggio.

Ora i sindacati avranno sette giorni dall’ordinanza di Salvini per presentare un ricorso, ma nel frattempo devono attenersi alle disposizioni sulla riduzione dello sciopero. Il mancato rispetto dell’ordinanza comporta sanzioni amministrative sia per i lavoratori che per i sindacati.