In Italia si continuano a vendere case abbandonate a un euro

I progetti avviati stanno trasformando alcuni borghi, anche se ci sono dubbi sul futuro delle comunità coinvolte

di Laura Loguercio

(ANSA/GIOVANNI FRANCO)
(ANSA/GIOVANNI FRANCO)
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Da 15 anni in alcuni comuni italiani è possibile comprare case abbandonate a un euro con l’obiettivo di rallentare lo spopolamento e favorire il recupero edilizio, dato che ai nuovi proprietari è assegnato l’obbligo di ristrutturare gli immobili. Il prezzo di “un euro”, spesso citato dai giornali, è in realtà simbolico: in passato seguendo procedure simili sono stati ceduti immobili gratuitamente, sono stati venduti a pochi euro o sono stati messi all’asta a prezzi di partenza molto bassi. Il progetto sta trasformando alcuni dei borghi coinvolti, sia da un punto di vista immobiliare che sociale. Molti acquirenti stranieri infatti approfittano della possibilità di acquistare immobili a prezzi convenienti, magari in località turistiche o particolarmente “pittoresche”, dove passare le vacanze o avviare attività commerciali. Allo stesso tempo i proprietari possono disfarsi di abitazioni non più utilizzate per vari motivi, per esempio perché si sono trasferiti altrove oppure hanno ereditato la casa e non hanno interesse a ristrutturarla.

Anche se il bilancio fatto dai sindaci dei comuni coinvolti è generalmente positivo, sono stati avanzati dei dubbi sulle reali conseguenze del progetto, considerato più una proposta di marketing che un’iniziativa a favore dei residenti.

(Rubia Andrade)

I primi esperimenti per la vendita di case a prezzi simbolici partirono nel 2008 a Salemi, in provincia di Trapani, su iniziativa dell’allora sindaco Vittorio Sgarbi, oggi sottosegretario al ministero della Cultura. La sua amministrazione decise di rilevare alcuni immobili abbandonati e danneggiati dal terremoto del Belice del 1968 (nella Sicilia occidentale, tra i più gravi dal Secondo dopoguerra e che causò 296 morti e oltre mille feriti) per metterli in vendita a prezzi molto bassi. Il progetto però fallì, anche a causa del sequestro di alcune abitazioni ordinato dai magistrati per il pericolo di crolli.

Negli anni molti comuni hanno seguito l’esempio di Salemi – dove intanto il progetto è ripartito nel 2020 – e le iniziative hanno attratto grande attenzione mediatica anche da parte della stampa internazionale, tra cui CNN e Washington Post. BBC ha anche fatto una serie tv, recentemente rinnovata per una seconda stagione, in cui due presentatori britannici ristrutturano case abbandonate comprate a un euro in Sicilia e in Toscana.

Non esiste una legge nazionale che regoli la compravendita di case a un euro o ad altri prezzi simbolici: generalmente i comuni non acquistano direttamente gli immobili ma agiscono da intermediari, pubblicando dei bandi per segnalare la presenza di case abbandonate in vendita. Ci sono alcune condizioni, per esempio l’obbligo per l’acquirente di ristrutturare l’immobile e di farsi carico di tutti i costi relativi al passaggio di proprietà.

In Sicilia la vendita di case a prezzi simbolici si è molto diffusa negli anni, portando conseguenze concrete sullo sviluppo di alcuni piccoli comuni dell’entroterra. Un esempio è Mussomeli, comune in provincia di Caltanissetta, che negli ultimi vent’anni ha perso il 14 per cento dei suoi abitanti, passando da 11.445 residenti nel 2003 a 9.913 nel 2023.

Nel 2017 il comune ha avviato una campagna di comunicazione per promuovere la vendita di 400 immobili a un euro, con l’obiettivo di attrarre compratori stranieri e rallentare lo spopolamento. Secondo Giuseppe Catania, sindaco di Mussomeli di Fratelli d’Italia, l’iniziativa ha favorito la crescita del turismo e del mercato immobiliare, anche rispetto a investimenti in edifici dal prezzo molto più alto di un euro.

«All’inizio i cittadini hanno espresso qualche dubbio legittimo sull’efficacia del progetto, ma oggi questo è stato ampiamente superato, tanto che i ristoratori ne sono diventati i sostenitori più convinti», ha detto il sindaco Catania. «Abbiamo stimato che in tre anni di operatività, escludendo il periodo della pandemia, l’iniziativa ha generato un giro d’affari da 20 milioni di euro tra ricavi di acquisto, ristrutturazione e crescita dell’economia locale». Inoltre negli anni la città ha attivato varie collaborazioni internazionali tra cui una con l’Universidad Nacional de Rosario, in Argentina, per organizzare scambi e iniziative in ambito istituzionale, scientifico e culturale. Alcune persone che hanno comprato casa a Mussomeli sono originarie di Rosario, e da lì lo scorso marzo sono anche arrivati vari medici per aiutare l’ospedale locale, che rischiava di chiudere.

Finora a Mussomeli sono state vendute a prezzi simbolici circa 350 case a persone di 18 nazionalità diverse, che le usano principalmente come punto d’appoggio per le vacanze oppure come sede per attività sociali o commerciali.

Tra queste c’è Rubia Andrade, cinquantenne brasiliana che da trent’anni vive in California e lavora in ambito edile. Nel 2018 Andrade acquistò tre immobili a un euro a Mussomeli e da allora li sta rinnovando per trasformarli in un ristorante, un centro benessere e una galleria d’arte, oltre che per costruire abitazioni private per lei e la sua famiglia. Dopo la pensione, vuole trasferirsi a Mussomeli per gestire le attività insieme ad alcune persone locali. Secondo Andrade, la vendita di case a un euro sta trasformando la città e attirando persone da tutto il mondo: «Quando sono arrivata c’erano oltre 100 immobili disponibili e io ero l’unica persona interessata. Oggi, la situazione si è ribaltata», ha raccontato. «Molte più persone parlano inglese, e la città sta tornando a vivere».

Anche secondo il sindaco Catania, la città «è cambiata sia sul piano materiale, con il recupero di edifici che prima erano ruderi, che su quello sociale, con una sana contaminazione di culture diverse».

(Rubia Andrade)

Al momento non esiste un database nazionale che raccolga i bandi per l’acquisto di edifici abbandonati a un euro, né un elenco delle case disponibili o dei comuni che hanno attivato progetti simili. È quindi difficile avere un’idea completa della portata del fenomeno. Alcune informazioni sono raccolte dal sito Case a 1 euro, che racconta le esperienze dei comuni coinvolti e monitora in modo ufficioso quelli che hanno offerte attive. Secondo questo sito, al momento iniziative per l’acquisto di case a un euro sono attive in oltre 60 comuni, la maggior parte dei quali al sud e nelle isole.

La vendita di case a un euro ha avuto successo anche a Gangi, comune in provincia di Palermo di 6.100 abitanti, il 20 per cento in meno rispetto ai 7.500 di vent’anni fa. Anche per arginare lo spopolamento, dal 2009 Gangi vende gli edifici abbandonati a prezzi simbolici: l’ultimo bando è stato pubblicato all’inizio del 2023 e prevede che gli immobili vengano ceduti gratuitamente a privati o società interessate a investire nel territorio.

Il progetto è partito nel 2011 su iniziativa di Giuseppe Ferrarello, sindaco tra il 2007 e il 2017 e poi rieletto con una lista civica nel 2022, che voleva favorire il turismo e ripopolare il centro storico. Oggi il comune ha regalato all’incirca 80 immobili, e altrettanti sono stati venduti a prezzi tra i 5.000 e gli 8.000 euro, ad acquirenti sia italiani che stranieri. Molti dei nuovi proprietari non vivono stabilmente negli edifici che hanno ristrutturato ma ci passano alcuni mesi o settimane all’anno, mentre altri hanno avviato attività ricettive. Secondo Ferrarello però l’iniziativa sta migliorando anche la vita dei residenti, rimettendo in moto l’economia e favorendo le imprese edili locali, spesso chiamate per seguire i lavori. «I nuovi proprietari portano amici, fanno la spesa, frequentano i ristoranti», ha detto Ferrarello.

(Rubia Andrade)

Non tutti però vedono positivamente questi cambiamenti. Secondo Domenico Cersosimo, docente all’Università della Calabria e curatore del saggio Contro i borghi. Il Belpaese che dimentica i paesi, la vendita di case a un euro toglie valore non solo agli immobili coinvolti, ma a tutto il territorio circostante. «Sono case per borghesi che vogliono scappare dalla città, ricreando un mondo lento e rurale che però è una finzione». Per combattere lo spopolamento dei piccoli paesi, dice Cersosimo, bisognerebbe invece migliorare i servizi per i residenti: «Alle persone che comprano casa a un euro non importa se nel paese non c’è una guardia medica, se manca una rete di trasporti pubblici o una scuola per i figli», perché la loro vita è altrove. «L’iniziativa banalizza la situazione, è un’operazione di facciata».

Valutare i risultati e le conseguenze dell’iniziativa è complesso, e non tutti i progetti avviati hanno avuto successo.

Secondo Fabrizio Ferreri, autore di un libro sulla vendita di case a un euro a Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento, esistono due fattori che vanno considerati per valutare l’eventuale successo dell’iniziativa. In primo luogo, «l’iniziativa fallisce quando è vista in modo miracolistico, come la panacea di tutti i mali e non viene inquadrata in una visione più ampia di sviluppo». Inoltre va tenuta in considerazione l’integrazione degli acquirenti nelle comunità locali: «Se la comunità non viene coinvolta, o l’amministrazione perde interesse, le vendite non producono nulla». Quando invece gli acquirenti si sentono accolti, pur senza abitare nei comuni dove comprano la casa, è possibile creare un meccanismo con conseguenze positive per tutti.

Questo e gli altri articoli della sezione Come cambiano le città sono un progetto del workshop di giornalismo 2023 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.