Firenze ha un piano contro gli affitti a breve termine

È una delle città più attive contro le piattaforme come Airbnb e sta proponendo misure molto drastiche, ma c’è qualche dubbio sulla loro efficacia

di Elena Colonna

(Jin Mamengni/Xinhua/zuma/ansa)
(Jin Mamengni/Xinhua/zuma/ansa)
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Negli ultimi mesi l’amministrazione comunale di Firenze è stata tra le più attive nel contrastare la diffusione di affitti turistici a breve termine come quelli offerti sulla piattaforma Airbnb. Secondo Inside Airbnb, un progetto indipendente che raccoglie dati sugli affitti brevi in molte città, Firenze è la città al mondo con più alloggi per abitante registrati sulla piattaforma Airbnb. Molti ricercatori sostengono che l’alto numero di alloggi destinati ad affitti brevi, ovvero di durata inferiore ai 30 giorni, contribuisca a ridurre il numero di case disponibili per i residenti e per gli studenti, facendo alzare i prezzi, e provocando in questo modo una crisi abitativa in città, comune ormai a molte località turistiche. Alcuni ricercatori definiscono il fenomeno “airbnbificazione”.

Il 5 luglio la giunta comunale di Firenze ha approvato una delibera per vietare l’apertura di nuovi Airbnb e altri alloggi ad affitto breve nell’area del centro storico riconosciuta patrimonio mondiale dall’Unesco. Il divieto non sarà retroattivo: sarà ancora permesso affittare per brevi periodi le abitazioni già registrate su Airbnb, ma non sarà possibile registrarne di nuove. La norma non è definitiva: deve ancora essere approvata dal Consiglio comunale. Ma se attuata, sarebbe la più severa in Italia. Secondo il sindaco Dario Nardella questa norma è «giuridicamente ardita» ma necessaria per un problema che è «diventato strutturale».

Secondo i dati raccolti dal progetto Inside Airbnb ci sono 11.799 Airbnb a Firenze, la terza città in Italia per numero di case registrate sulla piattaforma, a un prezzo medio di 242 euro a notte. Sono cifre molto alte e in continua crescita, soprattutto dalla fine della pandemia di Covid-19 che ha portato a un forte ritorno di turisti nella città. I turisti a Firenze sono aumentati del 149 per cento nel 2022 rispetto al 2021 e si prevede un aumento ulteriore nel 2023.

L’aumento nel numero di case affittate a breve termine tramite servizi come Airbnb è un fenomeno che interessa molte città turistiche in tutto il mondo. Da anni numerose amministrazioni comunali cercano di trovare soluzioni al problema, con risultati nella maggior parte dei casi piuttosto scarsi.

A Firenze, secondo l’International Rent Index pubblicato dalla piattaforma per affitti HousingAnywhere, nel secondo trimestre del 2023 affittare un appartamento è costato il 21,4 per cento in più rispetto allo stesso periodo nel 2022, affittare una camera il 10 per cento in più e un monolocale addirittura il 33,3 per cento in più. Secondo il sindacato Sunia, questo ha portato a 50 sfratti a settimana nei primi sei mesi del 2023.

I costi sempre più elevati degli appartamenti portano i residenti delle città a cercare opzioni abitative più convenienti in periferia, con due effetti. Da una parte lo spopolamento dei centri storici. Dall’altra la gentrificazione delle zone più periferiche, ovvero lo spostamento di fasce di popolazione più agiate in quartieri popolari. «Non si trovano appartamenti a prezzi ragionevoli e quindi c’è stata una fuoriuscita di residenti dal comune di Firenze verso i comuni limitrofi», spiega Filippo Randelli del progetto di ricerca The Habits Lab dell’Università di Firenze. Per attirare l’attenzione sui costi degli affitti, che rendono difficile per molti studenti trovare un alloggio, a fine maggio il Collettivo dell’Ateneo dell’Università di Firenze aveva organizzato l’occupazione di una residenza per studenti in ristrutturazione.

Un altro aspetto controverso legato agli affitti brevi è il fatto che molto spesso gli affitti in servizi come Airbnb sono gestiti in massa da aziende e intermediari, anziché da piccoli proprietari com’era nello spirito iniziale della piattaforma. Secondo Inside Airbnb, a Firenze solo 13 persone o società controllano oltre mille alloggi, mentre appena il 34,1 per cento dei proprietari ha un unico appartamento registrato sulla piattaforma. Chi affitta su Airbnb e altre piattaforme gode inoltre di condizioni fiscali e burocratiche più favorevoli: l’organizzazione del settore turistico Federalberghi ha denunciato il fatto che «grandi e piccoli centri sono invasi da una marea di alloggi che […] operano sul mercato alberghiero senza rispettarne le norme».

(Fredrik von Erichsen/dpa/ansa)

Firenze è una delle città che negli ultimi mesi si è mossa in maniera più energica per cercare di contrastare il problema: nell’ultimo periodo il sindaco Nardella, del Partito Democratico, ha fatto numerose dichiarazioni pubbliche sull’argomento, spesso critiche nei confronti del governo di Giorgia Meloni che accusa di non occuparsi a sufficienza del problema. Oltre all’approvazione della delibera che vieta gli affitti brevi in centro città, il sindaco Nardella ha proposto una norma fiscale che prevede l’azzeramento dell’IMU sulla seconda casa per tre anni per tutti i proprietari che passeranno dagli affitti turistici brevi ad affitti di lungo periodo: l’intento è favorire il ritorno dei residenti nel centro storico.

Quando Nardella ha definito il divieto di aprire nuovi Airbnb una norma «giuridicamente ardita», si è riferito al fatto che, se approvata, rischierebbe di essere oggetto di ricorsi. Per esempio Giorgio Spaziani Testa, il presidente di Confedilizia, la Confederazione italiana dei proprietari di casa, ha parlato di «delibera palesemente incostituzionale». A oggi, solamente nella città di Venezia il sindaco ha poteri speciali per regolamentare gli affitti turistici brevi, definiti dal cosiddetto Decreto Aiuti approvato l’anno scorso. Da tempo i sindaci delle altre città italiane ad alta densità turistica, come il sindaco di Firenze, hanno chiesto al governo di estendere questa “norma Venezia” anche ad altre città per poter applicare misure più restrittive, ma finora senza successo.

Il governo ha invece recentemente presentato un disegno di legge nazionale per regolare gli affitti brevi, proposto dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè a fine maggio. Questo disegno di legge prevede l’introduzione di un codice d’identificazione nazionale per ogni alloggio turistico, con l’intento di centralizzare le informazioni sugli affitti brevi e combattere l’abusivismo. Impone inoltre un limite minimo di due notti per gli affitti. I sindaci delle città turistiche hanno però criticato questa proposta in quanto non la reputano sufficiente per limitare i problemi causati dagli alti numeri di Airbnb nelle loro città, e chiedono al governo misure più drastiche.

Nardella ha detto di condividere gli obiettivi del disegno di legge del governo ma di ritenerlo «del tutto inefficace» e di aver deciso di agire in autonomia «di fronte all’inerzia nazionale nonostante i continui richiami». «Se non proviamo a fare azioni politicamente dirompenti, nessuno si dà una mossa: siamo stanchi di annunci, il problema è diventato strutturale», aveva detto a giugno, aggiungendo: «Vogliamo essere la città capofila di un movimento che è già in atto in tante città italiane, per affrontare un’emergenza sociale che non può più attendere».

Il sindaco di Firenze non è l’unico a volere misure più stringenti. A giugno si è tenuto a Napoli un incontro tra 12 sindaci sul diritto alla casa, in cui uno dei principali argomenti di conversazione è stata la necessità di regolamentare più severamente gli affitti brevi e incentivare gli affitti a lungo termine.

Ma l’efficacia del divieto di aprire nuovi Airbnb decisa dall’amministrazione di Firenze è dubbia. Secondo Federico Martellozzo, ricercatore di The Habits Lab, questa misura «non fa altro che congelare l’esistente». Dice Martellozzo che se l’offerta di alloggi in centro storico rimarrà bloccata, la domanda dei turisti per alloggi a breve termine si sposterà nelle periferie, dove più proprietari saranno incentivati ad aprire Airbnb, le case disponibili per affitti lunghi diminuiranno e i prezzi si alzeranno anche in questo caso. Questa misura «non risolve la problematica, la sposta, andando a infettare con il problema anche gli altri quartieri di Firenze che si trovano in zone più esterne».

I ricercatori di The Habits Lab sono critici anche nei confronti del disegno di legge proposto dalla ministra Santanchè: in particolare ritengono che il limite minimo di due notti imposto dal disegno di legge non contribuirebbe a cambiare in modo sostanziale la situazione. Le prenotazioni di una sola notte corrispondono a «meno del 5 o 10 per cento» del totale e non avrebbero un grosso impatto sull’offerta di alloggi.

Vedono invece in modo favorevole l’introduzione di un codice identificativo nazionale per gli Airbnb, che renderebbe più chiare le dimensioni del problema. Secondo Inside Airbnb, l’88,1 per cento delle case registrate su Airbnb a Firenze non sono registrate: questo non solo toglie un’entrata all’amministrazione, ma rende difficile il monitoraggio degli alloggi. Questa proposta è stata accolta in modo positivo anche da Airbnb Italia che ha dichiarato di aver «sempre auspicato una regolamentazione sugli affitti brevi» in quanto «garantisce un contesto più lineare a chi affitta l’immobile di famiglia per far quadrare i conti e permette alle autorità di accedere alle informazioni necessarie per contrastare gli abusi».

Questo e gli altri articoli della sezione Come cambiano le città sono un progetto del workshop di giornalismo 2023 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.