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  • Martedì 27 giugno 2023

L’estrema destra è tornata forte in Grecia

Alle ultime elezioni ha portato in parlamento tre partiti, il miglior risultato da decenni

Un manifesto di Soluzione Greca, uno dei tre partiti di estrema destra eletti a giugno (AP Photo/Yorgos Karahalis)
Un manifesto di Soluzione Greca, uno dei tre partiti di estrema destra eletti a giugno (AP Photo/Yorgos Karahalis)
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Alle elezioni parlamentari del 25 giugno in Grecia, vinte dal partito di centrodestra del primo ministro uscente Kyriakos Mitsotakis, hanno ottenuto l’ingresso in parlamento tre partiti di estrema destra, che hanno tutti superato di poco la soglia di sbarramento del 3%, ricevendo una dozzina di seggi a testa. Questo risultato fa sì che nel prossimo parlamento più di un decimo dei 300 seggi sarà espresso dall’estrema destra.

È un segnale che diversi commentatori giudicano preoccupante in un paese che ha attraversato nel Novecento due regimi dittatoriali di destra, di cui l’ultimo è quello dei colonnelli, durato dal 1967 al 1974. Nonostante le limitazioni delle libertà subite in quel periodo una percentuale significativa della classe politica attuale rivendica legami con quella tradizione: fra cui anche diversi esponenti di Nuova Democrazia, il partito di Mitsotakis che da qualche anno si è spostato decisamente verso destra. Inoltre da diversi anni vengono segnalate limitazioni alla libertà di informazione, con i media sempre più influenzati dal governo e che riprendono narrazioni prevalentemente di destra, a volte anche radicale.

I tre partiti di estrema destra entrati in parlamento sono Soluzione Greca (Ellinikí Lýsi), che era in parlamento già dalle elezioni del 2019 e ha un seggio anche al Parlamento europeo, Vittoria (Niki) e gli Spartani (Spartiátes). Tutti e tre i partiti hanno posizioni molto conservatrici e nazionaliste, ostili all’immigrazione, favorevoli al recupero dei “valori ellenici” e talvolta filorusse, e hanno riempito il vuoto politico lasciato dal partito neonazista Alba Dorata, che nel 2020 era stata giudicata un’organizzazione criminale dal tribunale di Atene.

Alle elezioni del 2019 il cattivo risultato elettorale di Alba Dorata, così come la sconfitta della sinistra radicale di Syriza, aveva fatto pensare che gli elettori greci avessero voluto premiare un partito dalle posizioni più centriste su certi temi come Nuova Democrazia, che negli ultimi anni in effetti ha portato avanti politiche piuttosto liberali in economia. Al contempo ha anche promosso posizioni care alla destra nazionalista, fra cui una politica molto dura sull’immigrazione.

Soluzione Greca, il più noto fra questi partiti finora, aveva ottenuto un buon risultato già al primo turno delle elezioni, a maggio, prendendo il 4,44 per cento e 12 seggi.Il suo leader, Kyriakos Velopoulos, ex parlamentare di Nuova Democrazia e del partito ultraconservatore LAOS, è un televenditore che qualche anno fa offriva «lettere autografe di Gesù Cristo», certificate e autenticate da «numerosi alti prelati ortodossi».

Niki invece si rivolge principalmente alla popolazione religiosa delle zone rurali, nel nord della Grecia. È sostenuto da diversi monaci del Monte Athos, uno dei più importanti centri della religione ortodossa, e per questo ha una certa affinità con le posizioni della Russia, in cui come in Grecia il cristianesimo ortodosso è la fede più diffusa.

Dimitris Natsios, leader del partito Niki, parla in un comizio poco prima delle elezioni del 25 giugno (AP Photo/Yorgos Karahalis)

Gli Spartani erano fino a pochissimo tempo fa quasi sconosciuti e privi di rappresentanza politica: non si erano nemmeno presentati al primo turno delle elezioni parlamentari. Il loro successo al secondo turno, in cui hanno ottenuto il 4,64% dei voti, è stato spiegato soprattutto col sostegno dato al partito da Ilias Kasidiaris, un ex portavoce del disciolto partito neonazista Alba Dorata, che sta scontando una condanna a 13 anni di carcere legata alle sue attività proprio come dirigente di Alba Dorata.

Kasidiaris si è dimostrato molto abile nel fare politica anche dal carcere, creando un nuovo partito, il Partito Nazionale – I Greci, e organizzando riunioni e manifestazioni. Dopo che a maggio una nuova legge aveva impedito al Partito Nazionale – I Greci di partecipare alle elezioni, Kasidiaris aveva espresso «pieno sostegno» agli Spartani. Proprio per il supporto ricevuto da un esponente di rilievo di Alba Dorata, il risultato elettorale degli Spartani ha destato più preoccupazioni rispetto a quello di Soluzione Greca e Niki. Il rapporto degli esponenti di Alba Dorata con l’estrema destra di oggi in effetti è mantenuto principalmente dagli Spartani, mentre le altre due formazioni di estrema destra mantengono una posizione più fredda.

Alba Dorata non partecipa alle elezioni perché è stato sciolto nel 2020 per ordine della magistratura, in seguito a un processo durato cinque anni. I giudici avevano infatti determinato che il partito fosse in realtà un’associazione criminale, a causa delle numerose aggressioni compiute dai suoi membri contro migranti e attivisti di sinistra, fra cui l’omicidio di un rapper nel 2013. Oltre allo scioglimento del partito, i suoi dirigenti, fra cui Kasidiaris, erano stati condannati a 13 anni di carcere.

Alba Dorata era nato nel 1993 da una piccola setta di nostalgici del dittatore nazista Adolf Hitler. Aveva riscosso un discreto successo elettorale, fra il 2009 e il 2018, gli anni dell’apice della crisi economica greca, e i suoi membri erano stati eletti in parlamento quattro volte, divenendo nel 2015 il terzo partito del paese. In seguito al processo però l’organizzazione aveva perso gran parte del suo consenso, e alle elezioni del 2019 non aveva superato la soglia di sbarramento.

Ilias Kasidiaris in un’udienza del processo contro Alba Dorata (AP Photo/Petros Giannakouris, File)

L’estrema destra in Grecia è radicata in particolare nel nord del paese, dove l’accordo raggiunto nel 2018 fra il governo di sinistra di Alexis Tsipras e la Macedonia del Nord, che aveva assunto tale nome proprio in seguito all’accordo, è stato accolto in maniera particolarmente negativa. L’accordo aveva contribuito a normalizzare le relazioni fra i due paesi e aveva risolto una disputa che andava avanti almeno dalla dissoluzione della Jugoslavia negli anni Novanta. La Macedonia del Nord viene accusata di essersi appropriata di un nome e di un’identità culturale e storica appartenenti a un’area geografica che rientrava nei confini dello stato greco, la regione della Macedonia appunto, e l’eredità di una figura come Alessandro Magno, rivendicato invece come greco: l’accordo è considerato una sconfitta dagli ambienti nazionalisti.

Anche il partito che governa la Grecia dal 2019, Nea Dimokratia (Nuova Democrazia), ha un rapporto ambiguo con l’estrema destra. Sebbene sia erede principalmente di quei politici conservatori che avevano preso le distanze dal regime dittatoriale dei colonnelli dopo la sua caduta nel 1974, il precedente governo, guidato sempre da Kyriakos Mitsotakis, contava tre ministri provenienti dal partito ultraconservatore del Raggruppamento Popolare Ortodosso (LAOS), ora disciolto. Questi ministri avevano espresso in passato posizioni favorevoli alla giunta militare oltre a posizioni antisemite, fra le altre cose.

La posizione di Mitsotakis nei confronti dell’estrema destra è resa ancora più ambigua da una legge, approvata a maggio, che non consente a un partito di partecipare alle elezioni se la sua dirigenza, ufficiale o ufficiosa, è stata condannata per reati gravi: è questa legge che ha impedito a Kasidiaris e al suo partito di partecipare direttamente, ma secondo alcune analisi ha contribuito a dargli legittimità.