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  • Venerdì 9 giugno 2023

Che ne sarà della diga distrutta in Ucraina

Non potrà essere ricostruita prima della fine della guerra: la grande breccia complica l'accumulo di acqua in uno dei più grandi sistemi di bacini idrici d'Europa

La diga vicino a Nova Kakhovka distrutta e sommersa dall'acqua del fiume Dnipro (AP Photo)
La diga vicino a Nova Kakhovka distrutta e sommersa dall'acqua del fiume Dnipro (AP Photo)

In tre giorni il livello dell’acqua del grande bacino di Kakhovka si è ridotto di quasi cinque metri, in seguito alla parziale distruzione della diga sul fiume Dnipro nella regione di Kherson, nel sud dell’Ucraina. L’acqua è defluita lungo il corso del fiume verso ovest, causando enormi inondazioni e costringendo migliaia di persone ad abbandonare le loro abitazioni. Da martedì 6 giugno, il giorno dell’esplosione, Ucraina e Russia si accusano a vicenda della distruzione della diga, che non potrà essere ricostruita fino a quando non finirà la guerra, facendo mancare un’importante fonte di acqua e di elettricità che veniva prodotta dalla centrale idroelettrica all’interno dell’infrastruttura.

Le dighe sul Dnipro
La diga di Kakhovka è solo uno dei numerosi sbarramenti costruiti lungo il corso del Dnipro (o Dnepr), il quarto fiume più lungo d’Europa e il terzo per ampiezza, che attraversa Russia, Bielorussia e Ucraina. Il fiume, che ha una lunghezza di circa 2200 chilometri, per metà del proprio percorso passa in Ucraina ed è in buona parte regolato da una serie di bacini idrici artificiali, costruiti nel corso del tempo sia allo scopo di regolare il flusso del fiume sia di raccoglierne l’acqua per l’agricoltura e per la produzione di energia elettrica.

Nel complesso ci sono sei centrali idroelettriche con altrettante dighe, compresa quella ora inutilizzabile di Kakhovka. Ogni bacino è in misura diversa dipendente da quello che lo precede e viene colmato a seconda delle necessità, sia per la produzione di elettricità sia per l’irrigazione o per fornire acqua alla popolazione, dopo che viene potabilizzata. Se si considera la successione (o “cascata”) di bacini idrici nella sua interezza si raggiunge un volume d’acqua superiore ai 40 chilometri cubi, mentre la superficie che occupano è di quasi 7mila chilometri quadrati.

Le sei dighe lungo il Dnipro (Yatsyk, 2003)

L’intero sistema costituisce una delle riserve d’acqua artificiali più grandi d’Europa. A pieno regime, le centrali lungo il Dnipro producono un decimo dell’energia elettrica generata in Ucraina e per questo sono da sempre considerate strategiche.

Dighe e guerre
La costruzione della prima diga, quasi un secolo fa, nacque dall’esigenza di rendere navigabile il tratto del fiume Dnipro di un centinaio di chilometri tra le odierne città di Dnipro e Zaporizhzhia. Già alla fine dell’Ottocento erano stati sviluppati i primi progetti per farlo, ma per realizzarla fu necessario attendere gli anni Venti del secolo successivo, quando alcune tecniche di costruzione erano state migliorate e soprattutto iniziavano ad affermarsi nuove soluzioni per l’idroelettrico. All’epoca l’Ucraina faceva parte dell’Unione Sovietica e lo sfruttamento del Dnipro rientrava nei progetti sovietici per favorirne l’industrializzazione.

La costruzione nelle vicinanze di Zaporizhzhia iniziò nel 1927 e richiese cinque anni per essere completata. Il corso del fiume fu parzialmente deviato in modo da raggiungerne il letto e poter costruire le fondamenta della diga, che è ancora oggi la più grande sul Dnipro. Nel 1932 fu inaugurata insieme alla centrale idroelettrica e per la prima volta il fiume veniva regolato a monte, con la costituzione di un bacino che rendeva navigabile un tratto altrimenti percorso da rapide, e a valle con la regolazione del flusso d’acqua verso ovest.

La prima diga in costruzione vicino a Zaporizhzhia (Wikimedia)

In breve tempo la centrale divenne molto importante e favorì lo sviluppo di Zaporizhzhia e anche della città di Dnipro. L’energia elettrica fu usata soprattutto per alimentare nuovi impianti industriali per la produzione di alluminio, che veniva poi impiegato dall’aviazione sovietica per la costruzione di aerei militari.

E proprio l’importanza della diga divenne evidente nel corso della Seconda guerra mondiale, quando nel 1941 l’esercito nazista invase l’Ucraina nella propria avanzata verso est contro l’Unione Sovietica. L’Armata rossa fu costretta a ritirarsi e a far saltare in aria parte della diga, in modo da rallentare l’esercito tedesco. I russi avevano scelto di sacrificare una delle loro più importanti infrastrutture, molto conosciuta e usata dalla propaganda per mostrare la superiorità tecnica e ingegneristica sovietica, in modo da guadagnare tempo e riorganizzarsi per affrontare le truppe naziste.

La diga sul Dnipro vicino a Zaporizhzhia nell’agosto del 1941 (Archivio centrale di Stato dell’Ucraina)

L’esito della distruzione della diga fu disastroso dal punto di vista ambientale e non sfugge quindi il parallelo con quanto accaduto questa settimana all’impianto di Nova Kakhovka. Inoltre, la grande inondazione improvvisa e inattesa a valle di Zaporizhzhia causò la morte di 20mila-100mila persone (le stime variano molto) tra civili e soldati stessi dell’Armata rossa che stavano ancora attraversando il Dnipro. Un paio di anni dopo furono i nazisti a fare esplodere un altro tratto della diga, questa volta per ostacolare la controffensiva sovietica.

Nel 1944, l’anno della liberazione dell’Ucraina dal controllo nazista, furono avviati i primi lavori di ricostruzione. La guerra non era ancora finita, ma nella zona c’erano comunque le condizioni per avviare il cantiere anche grazie alle risorse fornite dalla vicina Russia. La situazione era quindi molto diversa rispetto a quella di oggi: la diga di Nova Kakhovka è molto vicina al fronte e sarebbe quindi impensabile avviare lavori di ricostruzione in questa fase del conflitto.

Per ripristinare la diga di Zaporizhzhia furono necessari quasi cinque anni di lavoro e l’impianto idroelettrico tornò a generare elettricità nel 1950. Tra gli anni Settanta e Ottanta, la sezione fu ingrandita con l’aggiunta di un nuovo segmento per produrre altra energia elettrica. Oggi la diga ha la capacità di far alzare il livello del Dnipro fino a 37 metri, raccogliendo l’acqua proveniente dai bacini a monte costruiti nella seconda metà del Novecento.

La diga sul Dnipro vicino a Zaporizhzhia oggi (Wikimedia)

Un enorme lago artificiale
Prima della diga di Zaporizhzhia ci sono altre quattro dighe che formano bacini idrici in una successione che inizia al confine con la Bielorussia. I lavori di costruzione delle dighe e delle annesse centrali idroelettriche furono completati negli anni Ottanta, diventando una delle imprese ingegneristiche di maggior successo del periodo sovietico. A valle di Zaporizhzhia c’era infine Kakhovka, l’ultima diga della serie, costruita nella prima metà degli anni Cinquanta.

La costruzione della serie di bacini idrici risolse molti problemi legati alla fornitura di energia elettrica e di acqua alla popolazione e alle attività produttive, ma non fu certo priva di pesanti costi dal punto di vista ambientale. Grandi aree di territorio furono inondate causando importanti modifiche ai loro ecosistemi e a quello stesso del Dnipro. Furono coperti dall’acqua territori per oltre 7mila chilometri quadrati, per la maggior parte foreste o campi da pascolo. Era un’area abitata da circa 3 milioni di persone, che dovettero abbandonare le loro abitazioni e in molti casi videro sparire i loro centri abitati sotto l’acqua.

Negli anni lungo il corso del Dnipro è stato osservato un impoverimento degli ecosistemi, specialmente per quanto riguarda le specie ittiche, con una perdita importante di biodiversità osservata spesso dove si realizzano bacini artificiali. Il livello dell’acqua nei vari bacini cambia a seconda dei periodi dell’anno, sia per motivi naturali legati all’evaporazione sia per la necessità di far fluire più o meno acqua a valle. Queste continue variazioni, che si accompagnano a cambiamenti significativi di pressione dell’acqua, sono tra le cause dell’alta mortalità di alcune specie ittiche.

Sicurezza
Al di là degli effetti sull’ambiente, la cascata di bacini idrici del Dnipro suscita da tempo altre preoccupazioni legate alla sicurezza e alla tenuta del sistema. La presenza di bacini artificiali prossimi ad aree molto popolate fa aumentare il rischio per la popolazione di subire inondazioni nel caso della rottura di una diga, come avvenne del resto nella Seconda guerra mondiale e come è avvenuto questa settimana. I progettisti pensarono a questa eventualità e costruirono strutture rinforzate e con capacità di tenuta maggiori rispetto a quanto fosse necessario.

Ogni diga ha la capacità teorica di resistere a forti terremoti, bombardamenti e alla remota possibilità che sia colpita da un aeroplano o da un meteorite. La distruzione di una parte della diga di Zaporizhzhia fu possibile solo minando direttamente l’infrastruttura, con cariche collocate nei punti dove avrebbero causato più danni alla sua stabilità.

La diga distrutta
Sulla distruzione di questa settimana a Nova Kakhovka non ci sono ancora molte informazioni, ma vari esperti hanno ipotizzato che sia avvenuta in seguito all’utilizzo di materiale esplosivo nell’infrastruttura. Un bombardamento dall’esterno difficilmente avrebbe causato danni di quel tipo e soprattutto sarebbe stato rilevato da altri sistemi, a cominciare da quelli di difesa aerea.

Il bacino di Kakhovka prodotto dalla diga aveva una capacità di circa 18 chilometri cubi d’acqua (per confronto il lago di Como in Italia ha un volume di 23 chilometri cubi). L’acqua veniva utilizzata per l’irrigazione dei campi in un’ampia area dell’Ucraina meridionale e in particolare della Crimea settentrionale, attraverso un canale lungo oltre 400 chilometri. La rottura della diga ha fatto sì che in pochi giorni un enorme volume d’acqua del bacino fluisse verso ovest, allagando oltre 40 città e centri abitati lungo il corso del Dnipro. Oltre alle migliaia di sfollati, le inondazioni hanno causato la morte di molti animali negli allevamenti e hanno reso inutilizzabili grani e sementi.

Per ridurre l’afflusso d’acqua, il sistema di dighe a monte di Kakhovka è stato attivato per accumulare maggiori quantità d’acqua negli altri bacini, in modo da lasciare che si esaurisca la piena a valle della diga danneggiata. La portata dovrebbe ridursi entro pochi giorni, ma sarà necessario molto tempo prima che l’acqua si ritiri dalle zone degli allagamenti, per lo più pianeggianti e con terreni saturi d’acqua.

Ukrhydroenergo, la società pubblica che gestisce l’impianto, ha avviato le prime verifiche per stimare la portata dei danni, ma ha comunque escluso di poter intervenire in tempi rapidi sulla diga che dovrà essere ricostruita in quasi tutte le sue parti. Il responsabile della società, Ihor Syrota, ha detto che la ricostruzione richiederà almeno cinque anni e ha stimato che il costo sarà intorno al miliardo di euro. Nel frattempo saranno avviate attività per scavare pozzi e canali in modo da portare l’acqua alle zone che non potranno più attingere dal bacino. Nella zona i territori a est del Dnipro sono contesi o controllati direttamente dall’esercito russo e questo renderà più difficili le ricognizioni e l’avvio dei cantieri.