Una femmina di coccodrillo si è riprodotta da sola

È il primo caso di partenogenesi osservato in questi animali e potrebbe dirci qualcosa sulla loro storia evolutiva

Un esemplare di coccodrillo americano (Joe Raedle/Getty Images)
Un esemplare di coccodrillo americano (Joe Raedle/Getty Images)

Una femmina di coccodrillo in uno zoo del Costa Rica si è riprodotta da sola, in un raro caso di partenogenesi in questa specie. Nel gennaio del 2018 l’animale aveva deposto 14 uova, nonostante fosse vissuto in isolamento per 16 anni senza avere contatti con altri simili. Sorpresi dalla circostanza, i responsabili dello zoo avevano selezionato sette uova e le avevano messe all’interno di una incubatrice. Dopo tre mesi le uova non si erano ancora schiuse e si era quindi deciso di analizzarle, scoprendo che all’interno di una c’era il feto di un coccodrillo completamente formato, ma non vitale. Servivano però ulteriori analisi per confermare che la femmina di coccodrillo si fosse riprodotta autonomamente.

Come racconta uno studio sulla vicenda pubblicato sulla rivista scientifica Biology Letters, i test del DNA avevano rivelato che la madre e il feto erano sostanzialmente identici dal punto di vista del materiale genetico, fatta eccezione per le estremità dei cromosomi del feto. Possiamo immaginare i cromosomi come matasse a forma di X (fatta eccezione del cromosoma Y) per la trasmissione delle informazioni genetiche.

Le differenze riscontrate con le analisi suggerivano che la cellula uovo prodotta dalla madre non si fosse unita con uno spermatozoo, come avviene normalmente nella fecondazione, ma con un “globulo polare”, una delle piccole sacche cellulari che si formano insieme alla cellula uovo vera e propria contenenti cromosomi molto simili a quelli materni. Di solito i globuli polari diventano materiale di scarto e non sono coinvolti direttamente nella riproduzione, ma in alcuni casi si possono fondere con la cellula uovo, completando il materiale genetico in assenza di uno spermatozoo e portando quindi alla partenogenesi.

Il fenomeno è abbastanza comune in varie specie di uccelli, pesci, serpenti e lucertole, mentre non era mai stato osservato tra i Crocodylia, l’ordine di rettili che comprende i coccodrilli, gli alligatori e i caimani, per citarne alcuni. La femmina di coccodrillo nel Costa Rica era stata portata al Parque Reptilandia, un parco per i rettili, quando aveva due anni, nel 2002, e da allora non aveva avuto contatti con propri simili. Questa circostanza esclude la possibilità di un concepimento ritardato, dove uno o più spermatozoi riescono a sopravvivere a lungo (sono stati osservati casi di anni) nell’apparato riproduttivo della femmina prima di fecondare una cellula uovo.

Non è ancora chiaro come mai alcuni animali riescano a riprodursi per partenogenesi. Un’ipotesi è che questa capacità possa rivelarsi utile nei periodi di prolungata assenza di maschi disponibili per la riproduzione, in modo da garantire comunque il proseguimento della specie. Una teoria simile contempla la possibilità che la partenogenesi avvenga con più probabilità nelle specie a rischio di estinzione. Altri ipotizzano che si tratti semplicemente di un fenomeno del tutto casuale e che non abbia una grande utilità per buona parte delle specie viventi odierne. Se la partenogenesi fosse molto comune, la varietà genetica degli esemplari sarebbe molto più bassa e indebolirebbe le specie.

La maggiore disponibilità di sistemi per le analisi genetiche ha comunque reso evidente negli ultimi anni una quantità di partenogenesi superiore alle aspettative, come dimostra anche il caso della femmina di coccodrillo nel Costa Rica. La sua storia potrebbe aggiungere qualche elemento affascinante sui lontani parenti degli odierni coccodrilli come i dinosauri e gli pterosauri, che si sospetta da tempo avessero la capacità di riprodursi da soli in determinate circostanze. I fossili non permettono di recuperare il materiale genetico di quegli animali, quindi forse non sapremo mai se la partenogenesi fosse effettivamente comune tra alcune delle loro specie.