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  • Mercoledì 7 giugno 2023

Non tutti vogliono i cartelli stradali bilingui in Nuova Zelanda

La consultazione pubblica che propone di averli sia in inglese sia in lingua maori è diventata un tema politico in vista delle prossime elezioni

Cartelli stradali a Wanaka, Nuova Zelanda
Cartelli stradali a Wanaka, Nuova Zelanda (Cameron Spencer/ Getty Images)
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A fine maggio in Nuova Zelanda è stata avviata una consultazione pubblica che propone di installare su tutto il territorio nazionale cartelli stradali bilingui in inglese e in lingua maori, la lingua delle popolazioni autoctone del paese. La consultazione è stata promossa tra gli altri dall’ente neozelandese che si occupa dei trasporti, il Waka Kotahi, secondo cui avere cartelli in entrambe le lingue sarebbe un buon modo per riconoscere e rivitalizzare la lingua maori, ma anche per avvicinare le persone alla cultura autoctona e promuovere la coesione sociale.

L’iniziativa tuttavia è stata contestata in particolare dai partiti di centrodestra e conservatori, che ne hanno fatto un tema politico divisivo in vista delle elezioni parlamentari previste per il prossimo 14 ottobre.

I cartelli bilingui sono la norma in molti paesi e regioni del mondo dove ci sono più lingue ufficiali, dalla Scozia al Galles, dal Canada a diverse regioni italiane. In Nuova Zelanda però questo non avviene in maniera sistematica, benché la lingua maori sia una delle tre lingue ufficiali assieme all’inglese e alla lingua dei segni neozelandese. Secondo i sostenitori dell’iniziativa, avere cartelli scritti anche in maori sarebbe uno dei modi per favorire la rivitalizzazione della lingua e della cultura autoctona, che nel periodo della colonizzazione erano state duramente represse (la Nuova Zelanda, il cui nome autoctono è Aotearoa, fu una colonia britannica dal 1841 al 1907 e divenne un paese indipendente solo nel 1947).

Commentando la consultazione, il portavoce del Partito Nazionale Simeon Brown ha detto che i cartelli stradali in due lingue «confonderebbero» le persone e che comporterebbero costi ingenti. Brown, portavoce del principale partito di centrodestra del paese, all’opposizione, ha aggiunto che «parliamo tutti inglese, e quindi [i cartelli] dovrebbero essere in inglese». David Seymour, leader del partito ACT, di orientamento liberale e di destra, ha osservato che lo scopo dei cartelli stradali dovrebbe essere quello «comunicare informazioni in una lingua che chi guida può capire», e non un modo per «dimostrare virtù o orientare una società».

Il primo ministro Chris Hipkins, del Partito Laburista, ha detto che l’opposizione sta trasformando la doppia lingua sui cartelli in una battaglia culturale soltanto per scopi politici. Parlando con il sito neozelandese Stuff, la ministra della Giustizia e dello Sviluppo regionale Kiritapu Allan, che è anche funzionaria del ministero dei Trasporti, ha detto che i commenti del centrodestra sono «un insulto» agli abitanti della Nuova Zelanda e al loro quoziente intellettivo, e ha osservato che «il resto del mondo ha accolto il bilinguismo e il multilinguismo».

In un secondo momento il Partito Nazionale ha chiarito di non volersi opporre al bilinguismo, ma ha sostenuto che la questione non sia un problema prioritario.

Da tempo il Partito Laburista è impegnato in una serie di iniziative per risolvere le disuguaglianze tra non maori e maori, che rappresentano oltre il 16 per cento della popolazione. Tradizionalmente invece i partiti conservatori tendono a sfruttare questioni come quelle legate al riconoscimento dei diritti degli autoctoni per fini politici. Debbie Ngarewa Packer, co-leader del partito dei maori, che attualmente in parlamento è espresso da soli due seggi, ha detto a Radio New Zealand che i commenti di Brown sono «un modo ignorante e allarmista di fare politica».