Perché il Senato e la massoneria si contendono un antico palazzo romano

Palazzo Giustiniani venne confiscato al Grande Oriente d'Italia dal regime fascista, e da tempo i massoni ne chiedono la restituzione

Palazzo Giustiniani (ANSA/ANGELO CARCONI)
Palazzo Giustiniani (ANSA/ANGELO CARCONI)
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La più importante e numerosa obbedienza massonica italiana, il Grande Oriente d’Italia, è in lite da decenni con il Senato della Repubblica. L’obbedienza è l’insieme delle logge, in pratica l’organizzazione massonica. L’oggetto della controversia è la sede storica del Grande Oriente d’Italia (GOI), Palazzo Giustiniani a Roma, che fu confiscato dal Regno d’Italia nel 1925. Da decenni il GOI ne chiede allo Stato la restituzione invano, e adesso gli avvocati dell’obbedienza hanno presentato un ricorso alla Corte di Cassazione.

I due organi della giustizia amministrativa italiana, il Tar e il Consiglio di Stato, hanno infatti risposto alle richieste del GOI dicendo che il tribunale competente a decidere sulla questione è il tribunale ordinario e non i giudici amministrativi. Gli avvocati dell’organizzazione massonica hanno fatto ricorso alla Cassazione sostenendo invece che la competenza è del Tar e del Consiglio di Stato, quindi la Corte dovrà esprimersi sulla giurisdizione competente.

Attualmente a Palazzo Giustiniani hanno sede l’appartamento di rappresentanza del presidente del Senato, gli uffici dei presidenti emeriti della Repubblica e dei presidenti emeriti del Senato e alcuni uffici amministrativi, sempre del Senato.

Per capire la vicenda bisogna prima spiegare che cos’è il Grande Oriente d’Italia e la storia dei suoi rapporti con lo stato italiano. Il GOI fu fondato nel 1805. Con 23mila membri è la più numerosa obbedienza massonica italiana. Le logge di Palazzo Giustiniani (hanno mantenuto il nome anche se non è più la sede da decenni) sono costituite per il 30 per cento da liberi professionisti, per il 20 per cento da insegnanti, per l’11 per cento da impiegati, per il 15 per cento da imprenditori e per il 22 per cento da pensionati. Gli operai sono il 2 per cento. I numeri di aderenti al GOI sono in costante crescita da anni: erano 4 mila negli anni Sessanta, 12.600 nel 1998, 18.100 nel 2007. Ora la media delle nuove domande di ammissione è di 1.000-1.500 all’anno. Nelle logge non sono ammesse le donne, che hanno un’organizzazione a parte, le Stelle d’Oriente. Sono in prevalenza mogli degli iscritti.

Nel suo sito ufficiale il Grande Oriente d’Italia spiega di «operare per l’elevazione morale e spirituale dell’uomo», e dice che il sito dell’obbedienza rende pubbliche le informazioni «che illustrano il pensiero, la storia e le attività della Massoneria in Italia». In realtà, grazie a molte inchieste della magistratura, sappiamo anche quale ruolo e quanta importanza abbiano avuto alcune logge (che i massoni definiscono “logge deviate”) in vicende oscure della storia d’Italia.

Oggi il Grande Oriente d’Italia ha sede nella Villa del Vascello, sul colle del Gianicolo, dove, ricordano con orgoglio i massoni, il 30 giugno 1849 venne combattuta l’ultima battaglia della storia della Repubblica Romana, cioè quello stato nato in seguito a una rivolta che fece fuggire il papa e che instaurò un regime repubblicano governato tra gli altri da Giuseppe Mazzini.

Dal 1901 fino al 1925 i massoni del GOI ebbero come sede Palazzo Giustiniani, in via della Dogana Vecchia, nel rione di Sant’Eustachio. Fu Ernesto Nathan, Gran Maestro (la carica più alta dell’obbedienza) nonché sindaco di Roma dal 1907 al 1913, a scegliere il palazzo. Nel 1911 i massoni lo acquistarono. A lungo i rapporti con le istituzioni furono buoni, anche perché moltissimi politici erano massoni. Con il regime fascista però le cose cambiarono, Benito Mussolini detestava i massoni e considerava la massoneria un pericolo. La legge numero 2029 del 1925, una delle leggi che Mussolini definì «fascistissime», mise al bando la “Libera Muratoria” (altra definizione della massoneria). Racconta l’attuale Gran Maestro, Stefano Bisi: «Arrivarono gli squadristi con le spranghe, il nostro direttore amministrativo, Giulio Bacchetti, mise in salvo il collare del Gran Maestro nascondendolo tra le fasce del nipotino in culla».

Nel 1926 Palazzo Giustiniani venne confiscato e l’edificio venne assegnato al Regno d’Italia, che lo diede in gestione al Senato. In realtà grazie a un accordo informale la massoneria continuò a occuparne una parte, sebbene quasi clandestinamente.

Dopo la caduta del fascismo le logge massoniche vennero ufficialmente ricostituite, e ci furono i primi timidi tentativi di chiedere la restituzione di Palazzo Giustiniani, che però non andarono a buon fine. Nel 1985 il GOI si trasferì nella nuova sede sul Gianicolo e da allora il Senato dispone di tutto l’edificio. Intanto, tra gli anni Settanta e Ottanta, la massoneria aveva assunto una dimensione opaca e ingovernabile, aumentando la propria influenza sull’economia e sulla politica in particolare con la loggia P2.

La loggia Propaganda 2, più nota come P2, fu fondata all’interno del Grande Oriente d’Italia da Licio Gelli: gli elenchi segreti degli iscritti vennero scoperti nella sua villa a Castiglion Fibocchi, in provincia di Arezzo, nel marzo del 1981. L’ordinanza di perquisizione era stata firmata dai giudici istruttori milanesi Gherardo Colombo e Giuliano Turone, che indagavano sul presunto rapimento di un noto banchiere legato alla mafia, Michele Sindona.

Alla loggia P2 erano iscritti politici, alti gradi militari, giornalisti, agenti dei servizi segreti, importanti protagonisti della finanza. Oltre a essere coperta, cioè segreta (gli iscritti non comparivano negli elenchi ufficiali del Grande Oriente d’Italia), la loggia P2 era eversiva: l’obiettivo perseguito era condizionare e indirizzare le decisioni dello Stato e di controllare il governo della Repubblica. La loggia mise a punto il cosiddetto “Piano di rinascita democratica”, che aveva come scopo ultimo la formazione di un governo di stampo autoritario.

– Leggi anche: È da quarant’anni che cerchiamo di capire la P2

Nel 1991 l’allora presidente del Senato, Giovanni Spadolini, invocò un accordo su Palazzo Giustiniani anche perché venisse riconosciuto il ruolo avuto dalla massoneria nel Risorgimento italiano, cioè quel periodo storico della seconda metà dell’Ottocento in cui si combatterono le guerre d’indipendenza e si fece l’Unità d’Italia. Spadolini firmò una transazione per la quale 140 metri quadrati dell’edificio sarebbero stati assegnati al GOI. Non ci fu seguito però, e nessun presidente del Senato dopo Spadolini diede seguito a quel progetto.

Negli ultimi tempi il GOI ha ricominciato a chiedere che l’antica sede venisse restituita. Il Gran Maestro d’Italia, Bisi, ha detto di aver scritto una lettera al presidente del Senato Ignazio La Russa che però non ha risposto. Gaetano Nastri, questore a Palazzo Madama e membro di Fratelli d’Italia, ha detto che «la questione è all’attenzione delle autorità competenti e il Senato è rappresentato dall’Avvocatura dello Stato». Nessun accordo sembra quindi possibile.

Bisi in un’intervista a Radio Radicale ha definito la vicenda «un’ingiustizia italiana», e ha detto che a Palazzo Giustiniani il GOI vorrebbe aprire un museo per far conoscere la storia della massoneria e di massoni celebri: «Abbiamo cimeli di Giuseppe Garibaldi, Ernesto Nathan, Meuccio Ruini, colui che presiedette la commissione dei 75 incaricata di redigere la Costituzione italiana». Intanto aspetta una risposta da La Russa: «Vorrei ricordare al presidente del Senato che il suo partito prende il nome dall’inno, comunemente chiamato Fratelli d’Italia, composto da Goffredo Mameli, che era un massone».