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  • Martedì 16 maggio 2023

L’India ha molto aiutato le esportazioni di petrolio russo

Le sue importazioni sono decuplicate, compensando la perdita di acquirenti europei per l'invasione dell'Ucraina

(EPA/JAGADEESH NV via ANSA)
(EPA/JAGADEESH NV via ANSA)
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Nel 2022 le importazioni indiane di petrolio russo sono decuplicate, passando dal 2 per cento delle importazioni complessive di petrolio del 2021 al 20 per cento attuale, secondo stime fatte dalla Bank of Baroda, una delle banche pubbliche indiane. Il grosso aumento delle importazioni indiane ha permesso alla Russia di compensare parte delle perdite economiche dovute alla drastica riduzione dell’importazione di petrolio da parte dei paesi europei, suoi principali acquirenti fino all’inizio dell’invasione dell’Ucraina.

Che alcuni importanti paesi come la Cina abbiano aiutato la Russia ad aggirare le sanzioni occidentali è piuttosto noto. È noto anche il ruolo dell’India, che tuttavia costituisce un problema non soltanto economico, ma anche politico: gli Stati Uniti e l’Unione Europea reputano l’India uno dei loro più importanti alleati nella regione, e il fatto che il governo indiano non abbia interrotto i propri affari con quello russo allo scoppio della guerra indebolisce il sistema di alleanze con cui l’Occidente cerca di mettere pressione alla Russia.

Con l’invasione i paesi europei che prima importavano gran parte del loro petrolio dalla Russia si sono rapidamente attrezzati per diversificare le proprie fonti di approvvigionamento, acquistando per esempio molto più petrolio dagli Stati Uniti (che alla fine del 2022 avevano sostituito la Russia nel ruolo di principale esportatore di petrolio in Europa).

L’obiettivo dei paesi europei era ridurre la propria dipendenza economica dalla Russia, responsabile della brutale e sanguinosa invasione dell’Ucraina, e allo stesso tempo aumentare la pressione sul suo governo e colpirne l’economia.

Sempre per aumentare la pressione sulla Russia, ma anche per cercare di stabilizzare i prezzi, che proprio a causa della guerra sono molto cresciuti, i paesi del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti), l’Unione Europea e l’Australia hanno anche imposto un tetto al prezzo del petrolio russo, fissandolo a 60 dollari al barile. Il tetto riguarda il petrolio che la Russia vende via mare ai paesi esterni all’Unione servendosi però di imprese di assicurazione e spedizione europee.

Tutte queste misure hanno effettivamente provocato un danno economico alla Russia, per la quale la vendita di petrolio rappresentava una grossa fonte di entrate. Per compensare le perdite, la Russia ha quindi adottato alcune misure per continuare a vendere petrolio e mantenere almeno una parte delle proprie entrate.

Tra le altre cose, ha iniziato a venderlo a prezzi molto scontati a paesi come la Cina e l’India, che è la terza economia dell’Asia e il terzo importatore al mondo di petrolio. Sempre secondo le stime della Bank of Baroda, nel 2022 l’India ha risparmiato l’equivalente di 80 euro a tonnellata di petrolio, per un risparmio annuale complessivo pari a circa 4,5 miliardi di euro.

Le importazioni indiane di petrolio russo hanno continuato ad aumentare anche nel 2023, soprattutto nei primissimi mesi: Vortexa, azienda informatica che raccoglie dati sul traffico globale di gas e petrolio, dice che lo scorso aprile la Russia ha inviato all’India 1,68 milioni di barili di petrolio al giorno, il 4 per cento in più rispetto agli 1,61 inviati a marzo.

L’Economic Times scrive che il petrolio che la Russia ha scontato di più è stato quello degli Urali, il principale tipo di petrolio esportato, che negli ultimi mesi è stato venduto a circa 37 dollari al barile, molto meno dei 60 dollari previsti dal tetto imposto dai paesi occidentali. La quota di petrolio degli Urali contenuta nel petrolio russo importato dall’India nei primi mesi di quest’anno è passata dal 70 per cento di marzo al 73,4 di aprile (a gennaio era ancora più alta, pari al 79 per cento).

Nell’ultimo anno e mezzo l’India ha sostanzialmente ignorato le pressioni di Stati Uniti e Unione Europea affinché si unisse alle sanzioni economiche imposte alla Russia. Il governo indiano si è anche astenuto dall’esprimere una qualche condanna nei confronti dell’invasione dell’Ucraina, continuando a mantenere una posizione neutrale.

Le ragioni sono diverse: oltre alla convenienza economica legata al petrolio, c’entra la storica vicinanza dell’India alla Russia, che si riflette in una visione piuttosto favorevole della Russia nell’opinione pubblica, e la sua dipendenza dalle importazioni di armi russe.

Il presidente russo Vladimir Putin e il primo ministro indiano Narendra Modi in Uzbekistan, a settembre del 2022 (Alexandr Demyanchuk, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP)

Il governo indiano ha inoltre difeso le proprie posizioni con motivazioni economiche: citando i milioni di persone che in India vivono in povertà, ha sostenuto di non potersi permettere di assumere atteggiamenti troppo duri nei confronti della Russia e di pagare di più il petrolio, come possono fare invece i paesi europei.

In un’intervista televisiva dell’anno scorso, il ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar ha inoltre accusato l’Unione Europea di non aver ridotto abbastanza drasticamente e tempestivamente le proprie importazioni energetiche dalla Russia, con un atteggiamento incoerente rispetto alla ferma condanna espressa a parole nei confronti della Russia.

Secondo diversi analisti l’India continuerà a beneficiare degli sconti russi sul petrolio finché potrà farlo: tenendo conto che lo scenario più probabile sulla guerra in Ucraina sembra essere quello di una lunga guerra di logoramento, potrebbe succedere ancora per un po’.