Cosa succede ai film dopo che sono passati al cinema

Inizia un percorso a volte tortuoso che passa dalle piattaforme di noleggio a quelle di streaming, per arrivare infine alla tv

Una schermata di Rakuten.
Una schermata di Rakuten.

In Italia un film importante sta al cinema quanto più possibile, perché quello è il momento in cui genera i proventi maggiori. Finito quel periodo di sfruttamento esclusivo della sala, che è definito da una legge apposita, inizia un percorso meno regolamentato, diverso per tutti i film e deciso in autonomia da ogni casa di produzione o distribuzione. Questo percorso porta il film in noleggio oppure sulle piattaforme di streaming (o in certi casi in noleggio sulle piattaforme di streaming), poi sulle televisioni a pagamento e infine sui canali gratuiti, in un arco che dura tra un anno e mezzo e due anni circa. Poi diventa un titolo di library, cioè torna in noleggio digitale fino a che chi ne detiene i diritti vuole lasciarcelo. I film meno importanti invece dopo il cinema seguono percorsi ancora più complicati per via della loro minor attrattiva.

La normativa italiana definisce “finestra di sfruttamento esclusivo” nelle sale cinematografiche il periodo in cui un film può essere visto solo nei cinema, attualmente fissato a 90 giorni. In precedenza i giorni erano 105, poi ridotti a 30 durante la pandemia per venire incontro alle esigenze della società di produzione che volevano rientrare in fretta dei capitali spesi. Nel 2022 un decreto firmato dal ministro Franceschini ha ripristinato il periodo di 90 giorni. La finestra di sfruttamento esclusivo è un meccanismo regolato dallo stato per favorire i cinema, per garantire loro che non subiranno la concorrenza per esempio di un canale televisivo o di un videonoleggio quando decidono di proiettare un certo film.

Dopo le sale cinematografiche ogni altro sfruttamento (in noleggio, su una piattaforma streaming, sulla televisione a pagamento o su quella gratuita) ha una finestra di esclusiva o quasi (a seconda dei casi), cioè un lasso di tempo durante il quale è l’unico a poter offrire la visione di quel dato film. Non rispettare la finestra di esclusiva che spetta alle sale cinematografiche non comporta penali o multe per le case di distribuzione dei film, però non consente l’accesso ai finanziamenti pubblici.

Ad esempio per politica aziendale Netflix non rispetta le finestre distributive, e quando decide di mettere uno dei suoi film in sala lo fa contemporaneamente o a distanza molto ravvicinata dall’uscita sulla piattaforma. Questo mancato rispetto delle regole quindi fa sì che i film di Netflix non siano “film” agli occhi dello stato, cioè che non rientrino nella definizione che lo stato italiano dà di cosa sia un film: una produzione audiovisiva destinata primariamente alle sale e solo in seguito ad altri sfruttamenti. Non hanno quindi diritto ai finanziamenti statali, e non possono concorrere ai premi del David di Donatello, assegnati dall’Accademia del Cinema Italiano. Due eccezioni importanti sono state Sulla mia pelle, il film sull’omicidio di Stefano Cucchi con Alessandro Borghi, che fu il primo caso di film italiano di Netflix importante, dopo il quale fu approntata la norma, e È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, che ha goduto di un periodo in cui le norme erano sospese per via della pandemia. Le altre piattaforme di streaming attive in Italia solitamente decidono di distribuire film in sala rispettando le finestre.

La finestra di esclusiva per le sale è il momento in cui si stabilisce il valore economico di un film. Un lungometraggio che è passato al cinema vale di più rispetto a uno che esce direttamente in noleggio. Questa differenza non la pagano gli spettatori nel momento in cui vogliono vederlo (il prezzo di noleggio di solito oscilla tra i 3,99€ e 4,99€ per le novità, a prescindere dalla provenienza), bensì le piattaforme come Chili, iTunes, Google Play o Rakuten, che sborsano di più alle produzioni per avere quello specifico film nel loro catalogo.

Questa è la ragione per la quale capita che alcuni film vengano distribuiti in pochissime sale per pochissimi giorni, così da qualificarsi come prodotti passati nei cinema e quindi aumentare il valore di vendita ai noleggiatori. È qualcosa che capita a film molto piccoli, alle volte a consumo regionale con cast regionali e tematiche regionali, che hanno un senso economico solo in alcune aree d’Italia. Oppure a film che sono passati per alcuni festival ma senza troppa fortuna. Può succedere però anche a film statunitensi con attori noti, se la distribuzione ritiene che non incasserebbero molto e non sarebbe quindi conveniente una distribuzione ampia, che necessita di una costosa campagna pubblicitaria. In quel caso optano per quella che si chiama “uscita tecnica”, per l’appunto in un numero molto ristretto di sale e per pochi giorni. In generale però maggiore è il successo del film, maggiore è poi il potere di contrattazione per i diritti di noleggio.

In precedenza, quando il mercato dei supporti fisici come DVD e Blu-Ray era importante, dopo lo sfruttamento in sala si apriva direttamente quello in noleggio e poi la vendita in home video. Oggi invece dopo la sala c’è lo sfruttamento digitale, il noleggio a pagamento oppure quello in streaming, o ancora la visione gratuita con pubblicità su piattaforme come Pluto. Questo può avvenire con tempistiche fortemente codificate dalla legge (prima la sala, poi il noleggio digitale, poi la presenza sulle piattaforme, poi le televisioni a pagamento e infine le televisioni gratuite), per esempio nel modello francese, come con tempistiche diverse è successo a lungo anche in Italia. Oppure può avvenire senza regole fisse, lasciando ogni film libero di stringere accordi diversi: è il modello britannico, quello verso il quale sembra si stia avviando l’industria italiana, nonostante la gran parte degli operatori chieda al governo nuove regole certe.

Alla finestra di esclusiva in sala che vale al momento per i film italiani finanziati dallo stato (che tra finanziamenti diretti e finanziamenti indiretti, cioè lo sgravio fiscale noto come tax credit, sono la quasi totalità) ci sono delle eccezioni. Un film che esca per pochi giorni che non comprendono il weekend ad esempio ha una finestra cinema ridotta a 10 giorni. Vengono chiamate le “uscite evento” e solitamente sono sfruttate da film-concerto, per riedizioni dei classici restaurati o film che hanno un forte richiamo per un pubblico di nicchia come gli anime, che stanno al cinema dichiaratamente solo per tre giorni feriali e poi quasi subito passano al noleggio. Se un film viene distribuito in meno di 80 schermi e nei primi 21 giorni di programmazione attira meno di 50.000 spettatori, la finestra della sala si riduce a 60 giorni.

In certi casi le possibilità che ha un film terminato il periodo in sala vengono determinate a priori, nella fase di finanziamento. Molti film italiani vendono in anticipo i diritti di sfruttamento alle piattaforme come forma di finanziamento del film stesso. Significa che Netflix o Prime Video ad esempio comprano il diritto a mostrare un certo film dopo il passaggio al cinema per un periodo di tempo che viene deciso di volta in volta, e lo fanno nella fase di produzione di quel film, di fatto partecipando al budget. In questi casi il film in questione, superati i 90, 60 o 10 giorni al cinema (a seconda dei casi), andrà subito sulla piattaforma che ha pagato per avere l’esclusiva. Questo non comporta una violazione della normativa sulle finestre e l’esclusione dai contributi pubblici perché lo stato tutela solo la prima finestra di sfruttamento, quella della sala cinematografica.

Alcune piattaforme producono dei film italiani per averli in esclusiva ma decidono comunque di distribuirli in sala per massimizzare gli introiti. Il risultato nei due casi è simile, cioè c’è prima il periodo in sala e poi subito sulla piattaforma, solo che nel secondo caso il film non sarà mai più da nessun’altra parte se non sulla piattaforma che l’ha comprato. Ad esempio è uscito in sala il 6 aprile Air – La storia del grande salto di Ben Affleck, che è un film di Prime Video e il 12 maggio, circa 45 giorni dopo essere uscito al cinema (non rispettando in pieno nessuna finestra e mentre il film è ancora nella top 10 degli incassi settimanali), sarà disponibile sulla piattaforma.

Tutti quelli che non hanno un accordo con una piattaforma specifica, cioè la maggior parte dei film, esaurito il periodo in sala vanno in noleggio, quello che si chiama VOD (Video On Demand), sui principali siti per un periodo in cui viene garantito che non ci sarà altro sfruttamento. Poi, finito quel periodo che solitamente si aggira intorno ai 12 mesi, i diritti vengono venduti alle televisioni a pagamento e gratuite (anche qui spesso avviene una forma di pre-vendita in fase di produzione) e il film non si può più noleggiare, in modo che la televisione non subisca la concorrenza. Questa è la ragione per la quale può capitare che una novità in noleggio a un certo punto scompaia: perché è iniziato il periodo in cui non lo si può più noleggiare e tocca allo sfruttamento televisivo. Finita la finestra televisiva, come già detto, il film tornerà noleggiabile come titolo di library e ci rimarrà fino a che lo vorranno i proprietari.

I film statunitensi più grandi solitamente appartengono a una major che o ha la propria piattaforma di streaming (come Disney possiede Disney+) o ha accordi con operatori italiani. Ad esempio la piattaforma di Warner, che si chiama MAX, non è presente in Italia ma ha un accordo con Sky e spesso i suoi titoli (sia serie che film) si trovano lì, mentre Sony/Columbia non ha una piattaforma ma ha un accordo con Netflix. Quindi dopo essere passati in noleggio, o alle volte anche mentre sono in noleggio, questi film si trovano sulle piattaforme.

Film più piccoli, indipendenti o stranieri hanno percorsi più complicati e per essere venduti ai noleggi o alle televisioni vengono aggregati in pacchetti che hanno prezzi convenienti rispetto a quello che avrebbe un singolo titolo. A volte però anche film piccoli, se si sono guadagnati uno status peculiare, possono stringere accordi con piattaforme dedicate, come ad esempio è MUBI, piattaforma di streaming mondiale presente anche in Italia e dedicata al cinema d’essai.