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  • Martedì 2 maggio 2023

L’inchiesta sull’impiccagione di un ex viceministro iraniano

Alireza Akbari è stato ucciso a gennaio: il New York Times ha scoperto che per 15 anni era stato una spia dei servizi britannici

Alireza Akbari in una foto del 2008 in una presentazione del programma nucleare civile iraniano (Davoud Hosseini, IRNA via AP)
Alireza Akbari in una foto del 2008 in una presentazione del programma nucleare civile iraniano (Davoud Hosseini, IRNA via AP)
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Il 14 gennaio a Teheran fu eseguita la condanna a morte, per impiccagione, di Alireza Akbari, ex viceministro della Difesa tra il 2000 e il 2008. Il suo era un caso diverso da quello delle esecuzioni di altre condanne a morte dello stesso periodo in Iran, legate alle proteste durate per oltre 100 giorni nei mesi precedenti. Akbari aveva 62 anni, si era trasferito da oltre un decennio nel Regno Unito e pubblicamente si era mostrato sempre un fervente sostenitore del regime iraniano: era stato accusato di passare informazioni al Regno Unito e la giustizia iraniana gli aveva estorto con metodi violenti una confessione che poi Akbari si era rimangiato.

Il suo caso era stato seguito anche all’estero: non era comune che un ex rappresentante del governo venisse condannato a morte (l’ultima volta era successo nel 1982) e Akbari oltretutto aveva dal 2010 anche la cittadinanza britannica. Il governo del Regno Unito aveva condannato l’uccisione.

Al termine di un’inchiesta basata sulle testimonianze di membri o ex membri dei servizi segreti di Stati Uniti, Regno Unito, Israele, Germania e Iran, lunedì il New York Times ha rivelato che effettivamente Alireza Akbari era una spia britannica. Era anche un informatore di alto livello, con accesso a segreti militari relativi al programma nucleare iraniano. Akbari ha condotto una doppia vita per 15 anni, fornendo informazioni al servizio segreto britannico, l’MI6, ma riuscendo a rimanere in contatto con i vertici politici e militari iraniani. I servizi segreti di Londra non hanno voluto commentare la rivelazione.

Nel 2008 fu Akbari a fornire all’intelligence britannica l’informazione sulla presenza di un sito per l’arricchimento dell’uranio a Fordo, in una base all’interno di una montagna: quell’informazione, condivisa dal Regno Unito con Israele e gli alleati (Stati Uniti compresi), fu decisiva per comprendere l’avanzamento del programma nucleare iraniano e per mettere in piedi un sistema di sanzioni. Secondo l’Iran, poi, Akbari avrebbe svelato o confermato le identità di oltre 100 agenti e funzionari iraniani, fra cui quella del capo degli scienziati impegnati nel programma nucleare, Mohsen Fakhrizadeh, che Israele ha assassinato nel 2020 con un robot controllato a distanza.

Akbari era un adolescente proveniente da una famiglia di classe media quando nel 1979 la Rivoluzione trasformò l’Iran in una Repubblica Islamica: si arruolò negli anni seguenti nell’esercito e mostrò sempre una grande religiosità. Dopo il servizio militare nelle Guardie Rivoluzionarie cominciò una carriera politica che nel 2000 lo portò al ruolo di viceministro e a un posto nel Consiglio supremo di sicurezza nazionale: nei suoi compiti istituzionali aveva spesso contatti con le ambasciate e i governi stranieri, che in quegli anni cercava spesso di convincere che non esistesse un programma nucleare a fini militari.

L’arruolamento da parte dei servizi segreti britannici avvenne del 2004: Akbari lo ha rivelato nelle confessioni, che poi ha rinnegato in quanto estorte, ma le informazioni sono state confermate da altre fonti. Non sono chiari invece i motivi che lo hanno spinto a scegliere di iniziare il rapporto. Negli anni seguenti creò una serie di aziende fra Austria, Spagna e Regno Unito, che gli avrebbero permesso di viaggiare molto: furono finanziate dal Regno Unito con oltre 2,4 milioni di sterline. Nel 2008 si dimise dal suo incarico pubblico, dicendo di volersi concentrare sulle sue aziende, ma restò comunque un consigliere fidato di Ali Shamkhani, il segretario del Consiglio di sicurezza, e per questo continuò ad avere accesso a informazioni riservate.

Sempre nel 2008 fu arrestato una prima volta perché sospettato di spionaggio: restò in prigione per quattro mesi, non confessò, molti personaggi importanti della politica iraniana testimoniarono a suo favore: il caso fu chiuso. Era il periodo immediatamente successivo alla rivelazione più importante della sua carriera di spia, quella sul sito nucleare di Fordo. Akbari cominciò probabilmente a cercare una via per mettersi al sicuro e nel 2010, durante uno dei consueti viaggi d’affari a Londra, ebbe un attacco di cuore, probabilmente simulato. Fu quindi raggiunto dalla moglie e dalle due figlie, si trasferì nel Regno Unito in modo stabile, ottenendo anche la cittadinanza, ma continuò a mantenere rapporti con i vertici dello stato iraniano.

Akbari durante un’intervista in una foto del 2019 (KhabarOnline News Agency via AP)

Tornò almeno tre volte in Iran, l’ultima rispondendo a una convocazione di Shamkhani, che gli disse di avere bisogno di una consulenza su una questione relativa alla difesa e al programma nucleare. A quel punto, era il 2019, le autorità iraniane avevano già scoperto che Akbari era la fonte dell’MI6: l’informazione pare fosse stata confermata dai servizi segreti russi. Akbari fu arrestato ma nessuno ne fu informato, inizialmente nemmeno la sua famiglia: rappresentanti del governo iraniano hanno detto dopo di aver utilizzato il computer con cui era in contatto con il Regno Unito per passare informazioni false ai servizi britannici.

L’arresto e la condanna a morte di Akbari furono rese pubbliche solo tre giorni prima che l’ex viceministro fosse ucciso: furono diffusi i video della sua confessione, ma Akbari riuscì a far pervenire alla BBC un audio in cui raccontava di essere stato torturato per oltre 3.500 ore. Il 14 gennaio fu impiccato e poi sepolto in un cimitero fuori Teheran, senza che la famiglia fosse coinvolta nella cerimonia.