In Iran è stata eseguita la condanna a morte dell’ex viceministro della Difesa Alireza Akbari, accusato di spionaggio

(EPA/KHABARONLINE)
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In Iran è stata eseguita la condanna a morte di Alireza Akbari, ex viceministro della Difesa che era stato arrestato nel 2019 e condannato a morte con l’accusa di aver compiuto attività di spionaggio per conto del Regno Unito. Oltre a quella iraniana, Akbari aveva anche la cittadinanza britannica: l’Iran però non riconosce la doppia nazionalità ai cittadini iraniani. Akbari aveva sempre negato tutte le accuse. Mizan, il sito di notizie della magistratura iraniana, ha riferito che Akbari è stato impiccato, senza specificare esattamente quando sia avvenuta l’esecuzione.

Questa settimana il regime iraniano aveva pubblicato un video che mostrava una confessione da parte di Akbari. Poco dopo, però, BBC Persian aveva diffuso un messaggio audio in cui Akbari diceva di essere stato torturato ed essere stato costretto a confessare crimini che non aveva commesso.

Akbari era stato viceministro della Difesa in Iran tra il 2000 e il 2008. Si era poi trasferito a vivere nel Regno Unito. Nel messaggio audio pubblicato da BBC, Akbari spiega che nel 2019 era tornato in Iran su invito di un diplomatico di alto livello, coinvolto nelle trattative internazionali sul nucleare. Una volta arrivato in Iran, però, era stato accusato di spionaggio e arrestato.

Il suo non è un caso isolato: negli ultimi anni in Iran sono state arrestate decine di persone con doppia cittadinanza o con un permesso di residenza permanente all’estero, nella maggior parte dei casi con l’accusa di spionaggio o reati contro la sicurezza nazionale. Secondo il suo resoconto, Akbari sarebbe stato «interrogato e torturato per più di 3.500 ore». Nel messaggio Akbari ha acccusato l’Iran di volersi «vendicare del Regno Unito uccidendo me». Il ministro degli Esteri britannico James Cleverly ha commentato su Twitter che l’uccisione di Akbari è «un atto politico da parte di un regime barbaro che ha un disprezzo assoluto per la vita umana».