Cos’è successo alla Camera sul DEF

La maggioranza non è riuscita ad approvare il primo importante provvedimento economico del governo Meloni per le troppe assenze dei suoi parlamentari

(ANSA/ VINCENZO LIVIERI)
(ANSA/ VINCENZO LIVIERI)
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Giovedì pomeriggio alla Camera dei Deputati la maggioranza di destra che sostiene il governo di Giorgia Meloni non è riuscita a trovare i voti necessari per approvare uno scostamento al bilancio dello Stato, cioè un maggiore ricorso al debito per finanziare alcune misure, preliminare ai voti sul Documento di Economia e Finanza (DEF), il primo provvedimento economico interamente scritto dal governo Meloni e presentato a metà aprile.

La mancata approvazione dello scostamento di bilancio non avrà conseguenze a lungo termine: il governo non rischia di cadere, e sembra che non sia riuscito a raccogliere i voti necessari perché molti parlamentari della maggioranza erano in missione o assenti.

È comunque una situazione piuttosto rara: nella storia recente a nessun governo erano mancati i voti per approvare uno scostamento di bilancio. Alle 18:30 si è tenuto un Consiglio dei ministri che ha confermato i contenuti del DEF e ha approvato una nuova relazione per chiedere lo scostamento di bilancio, che verosimilmente verrà discussa dal parlamento nei prossimi giorni.

La risoluzione che giovedì chiedeva di autorizzare uno scostamento di bilancio ha ricevuto 195 voti a favore e 19 contrari, mentre 105 deputati si sono astenuti. L’articolo 81 della Costituzione, quello che riguarda il pareggio di bilancio, prevede che ogni voto su uno scostamento, quindi su un maggiore indebitamento rispetto al previsto, debba essere approvato dalla maggioranza assoluta della Camera. Dopo l’approvazione della legge sulla riduzione del numero dei parlamentari, oggi la Camera ha 400 deputati: la maggioranza assoluta è di 201 membri, 6 in più di quelli che giovedì hanno votato a favore della risoluzione di maggioranza sullo scostamento di bilancio.

Diversi parlamentari della maggioranza sostengono che alla base del voto di oggi non ci siano stati problemi politici, cioè parlamentari o partiti contrari ai contenuti del DEF, ma soltanto logistici: oltre ai parlamentari in missione ce n’erano diversi assenti, per ragioni non del tutto chiare ma che l’opposizione ha collegato all’imminente ponte del primo maggio. Secondo un calcolo di YouTrend erano assenti 11 deputati della Lega, 9 di Forza Italia e 5 di Fratelli d’Italia. Anche in proporzione le assenze provengono soprattutto da Forza Italia e dalla Lega: non hanno partecipato al voto (e non erano in missione) il 20,5 per cento dei parlamentari di Forza Italia, il 16,7 per cento di quelli della Lega e il 4,2 per cento di quelli di Fratelli d’Italia.

Diversi parlamentari di opposizione hanno criticato la maggioranza per questo inciampo. «Dicevano di essere pronti, ma erano solo pronti a partire per il ponte», ha detto per esempio Michele Gubitosa, vicepresidente del Movimento 5 Stelle.

Il DEF contiene tra le altre cose le previsioni del governo sulla crescita dell’economia, sul mercato del lavoro e sull’inflazione, e indica anche cosa intende fare in termini di spesa e debito pubblico. Nella versione presentata dal governo prevedeva per il 2023 un deficit del 4,5 per cento rispetto al PIL: la cifra era già stata autorizzata dal parlamento italiano e dalla Commissione Europea, che monitora l’andamento dei bilanci nazionali. Nel frattempo però le stime del PIL sono migliorate, e quindi il governo può chiedere più soldi in prestito del previsto, dato che si misurano in percentuale sul PIL: ma per farlo deve comunque passare da un voto del parlamento.

Nello specifico si parla di circa 3,4 miliardi di euro, che il governo vuole usare per ridurre il cosiddetto “cuneo fiscale”, cioè la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quello che il lavoratore percepisce come stipendio netto.

Il governo ha fatto sapere che la nuova relazione che sottoporrà al parlamento per chiedere lo scostamento di bilancio conterrà anche gli impegni di spesa per le nuove misure sul lavoro che il governo intende approvare in un decreto-legge di cui discuterà in un Consiglio dei ministri il primo maggio.