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  • Giovedì 27 aprile 2023

L’Arsenal ci ha provato ma sta perdendo la Premier League

La squadra di Londra non vince il campionato inglese dal 2004 e quest’anno sembrava quello buono, ma probabilmente non lo sarà

Eddie Nketiah (Michael Regan/Getty Images)
Eddie Nketiah (Michael Regan/Getty Images)
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A metà della stagione in corso l’Arsenal era in testa alla Premier League inglese con 5 punti di vantaggio sul Manchester City. Era stato primo in classifica fin dalle prime giornate e aveva continuato a esserlo anche dopo la sosta invernale per i Mondiali in Qatar. Per la squadra di Londra, una delle più ricche e famose al mondo, ma anche poco vincente e da tempo lontana dai vertici del calcio europeo, sembrava essere arrivato il momento buono, dopo quasi vent’anni dall’ultimo campionato vinto.

A febbraio si era anche difeso dalla rimonta del City, che aveva quasi annullato lo svantaggio per poi ritornare di nuovo a 5 punti di distanza. Quella dell’Arsenal era stata una risposta notevole, ma non è durata.

Nelle ultime settimane qualcosa ha smesso di funzionare e l’ultima partita lo ha confermato: dopo tre pareggi di fila, mercoledì sera l’Arsenal è stato battuto con un netto 4-1 dal Manchester City nell’ultimo scontro diretto della stagione. È ancora in testa, con soli 2 punti di vantaggio, ma ha due partite in più del City. A cinque giornate dal termine del campionato, quindi, l’Arsenal non è più in controllo della situazione: l’assegnazione del titolo non dipenderà soltanto dai suoi risultati.

L’Arsenal dopo il quarto gol segnato dal City (Michael Regan/Getty Images)

L’ultimo campionato inglese vinto dall’Arsenal fu quello dei cosiddetti “invincibili”, ossia la squadra che concluse la stagione 2003/04 senza mai perdere. Era ancora l’Arsenal “dei francesi” con Thierry Henry, Patrick Vieira, Robert Pires e l’allenatore Arsène Wenger, ma anche di un gruppetto di inglesi arcigni, come i difensori Sol Campbell e Martin Keown, e di tanti altri stranieri ben ricordati ancora oggi: Dennis Bergkamp, Fredrik Ljungberg e Cesc Fabregas, per dirne tre.

Anche grazie a quella vittoria l’Arsenal ottenne la fama di squadra affascinante, raffinata e spettacolare che si porta dietro ancora oggi, in particolare grazie alla lunga permanenza di Wenger, un allenatore elegante nei modi, colto e amante del bel gioco: quasi l’opposto di un altro storico allenatore di quella Premier League, lo scozzese Alex Ferguson, per 27 anni al Manchester United.

Col passare del tempo, però, l’Arsenal è finito per avvitarsi su stesso. Ha continuato a farsi notare per la classe di certi suoi giocatori e per momenti di bel gioco, ma con investimenti discontinui e progetti a lungo termine mai concretizzati ha perso progressivamente competitività sia in Europa che in Inghilterra, dove è stato superato da quasi tutte le grandi proprietà straniere.

Questo tuttavia non ha impedito alla squadra di sfruttare il periodo di massima espansione della Premier League, grazie al quale è rimasta fra le squadre di calcio più conosciute e redditizie: ha continuato a essere uno dei dieci club più ricchi al mondo (soltanto di recente è sceso intorno alla decima posizione) pur essendo anche il meno vincente. Questa situazione piuttosto paradossale è continuata per anni e ha creato un’impasse dalla quale l’Arsenal sta ancora cercando di uscire. Per farlo deve fare una cosa sola: tornare a vincere qualcosa di veramente importante e riconosciuto da tutti.

(Getty Images)

Nel 2018 Wenger lasciò il suo incarico da allenatore e la proprietà americana del club provò a gettare le basi per un rilancio. Dopo il primo tentativo fallito con lo spagnolo Unai Emery, l’ingaggio nel 2019 dell’ex calciatore Mikel Arteta, altro spagnolo che aveva iniziato ad allenare come assistente di Pep Guardiola al City, sembra sia stata la mossa giusta. Nelle ultime quattro stagioni ci sono stati costanti progressi, iniziati con il ritorno alla vittoria in FA Cup e proseguiti fino al primo posto temporaneo in questa stagione. Il tutto con un gruppo di giocatori consolidato che ha la seconda età media più bassa del campionato.

Il capitano, il norvegese Martin Ødegaard, ha 24 anni; i due migliori marcatori, Gabriel Martinelli e Bukayo Saka, insieme ne fanno 42; il portiere titolare Aaron Ramsdale ne ha 24; i trentenni in squadra sono tre e soltanto uno di loro, l’ex capitano Granit Xhaka, gioca titolare.

Arrivati al momento cruciale della stagione, tuttavia, l’età e la scarsa esperienza ad alti livelli di gran parte dei giocatori sembra stia “tradendo” la squadra: nell’ultimo mese è stata eliminata anche dall’Europa League, dallo Sporting Lisbona. Di queste difficoltà ha parlato anche Arteta dopo la sconfitta contro il City: «Dobbiamo sostenere i giocatori, perché stasera hanno sofferto, e cercare di ritornare a fare quello che abbiamo fatto molto bene fino a qualche tempo fa».

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