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  • Sabato 15 aprile 2023

Gli scontri in Sudan tra l’esercito e un gruppo paramilitare

Ci sono esplosioni e violenze nella capitale Khartum e in altre zone per un conflitto tra fazioni della giunta militare che governa il paese

Il fumo delle esplosioni nelle strade di Khartoum (AP Photo/Marwan Ali)
Il fumo delle esplosioni nelle strade di Khartoum (AP Photo/Marwan Ali)
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A Khartum, la capitale del Sudan, e in altre aree del paese sono in corso da sabato mattina scontri tra l’esercito sudanese e le Rapid Support Forces, un gruppo paramilitare fedele a una fazione del governo sudanese. Vari testimoni sul posto parlano di scontri a fuoco e di esplosioni, ma non ci sono ancora informazioni precise su eventuali morti o feriti e sull’esito degli scontri.

I combattimenti sono cominciati attorno a una base militare nel sud di Khartum, controllata dalle Rapid Support Forces (RSF), ma poi si sono estesi al palazzo presidenziale, alla sede della tv di stato sudanese e all’aeroporto della città. Entrambe le parti – l’esercito e la RSF – rivendicano il controllo di alcune infrastrutture centrali di Khartum, come il palazzo presidenziale e l’aeroporto. Sembra che l’esercito regolare abbia usato aerei da guerra contro il gruppo paramilitare. Le informazioni sono tuttavia molto confuse ed estremamente difficili da confermare.

Il Sudan è governato da una giunta militare nota come Consiglio Sovrano, che prese il potere nel paese con un colpo di stato militare nell’ottobre del 2021. I due membri principali del Consiglio Sovrano sono il generale Abdel Fattah al Burhan, che è il presidente del paese, e il suo secondo in carica, il generale e vicepresidente Mohamed Hamdan Dagalo.

Hamdan Dagalo è anche il capo del potente gruppo paramilitare Rapid Support Forces, che nacque dai cosiddetti janjawid, i miliziani di etnia araba che nel corso della guerra nella regione del Darfur, cominciata nel 2003, commisero massacri e torture e furono accusati di genocidio. Oggi si stima che le RSF contino all’incirca 70 mila membri.

Tra i due va avanti da settimane un duro scontro politico sul destino del governo sudanese. La giunta militare del paese, dopo mesi di forti pressioni internazionali, ha acconsentito a restituire il potere a un governo civile e a riprendere la transizione democratica che era stata interrotta nel 2021, ma ci sono ancora grossi disaccordi sulle condizioni a cui questa transizione avverrà.

Una delle condizioni, per esempio, è che le RSF si riuniscano all’esercito sudanese, creando un’unica forza armata sotto un comando unificato. Abdel Fattah al Burhan vuole che questa riunificazione avvenga nel giro di due anni, cosa che di fatto porrebbe fine al potere di Hamdan Dagalo, che vorrebbe invece mantenere il controllo dei paramilitari per almeno altri dieci anni.

Da settimane, ormai, era diventato piuttosto evidente che lo scontro politico sarebbe sfociato in uno scontro militare. I due generali avevano lanciato accuse molto gravi l’uno contro l’altro e vari testimoni hanno raccontato negli scorsi giorni che sia l’esercito sia le RSF avevano rafforzato le proprie basi a Khartum e fatto venire in città uomini e mezzi da varie parti del paese.