L’omicidio di Rkia Hannaoui, in provincia di Rovigo

Mentre era in casa una donna di 31 anni è stata colpita da un proiettile alla testa: secondo gli investigatori è stato il figlio di otto anni

La perlustrazione dei carabinieri ad Ariano nel Polesine, in provincia di Rovigo (ANSA)
La perlustrazione dei carabinieri ad Ariano nel Polesine, in provincia di Rovigo (ANSA)
Caricamento player

Rkia Hannaoui, trentunenne di origini marocchine, è morta il 28 marzo dopo essere stata colpita da un proiettile nella sua casa di Ariano nel Polesine, in provincia di Rovigo. Per giorni la vicenda è rimasta misteriosa, perché non si capiva chi avesse sparato né da dove. Martedì poi gli investigatori hanno detto che il proiettile sarebbe stato esploso da una pistola tenuta in mano dal figlio di Hannaoui, di otto anni. La loro ipotesi è che il bambino, assieme al fratello di dieci anni, abbia trovato la pistola in un capanno appartenente a un vicino di casa. Dopo che Hannaoui è stata colpita i bambini avrebbero chiamato il vicino, che però ha dato ai carabinieri una versione dell’accaduto completamente diversa.

In un primo momento infatti i due bambini e il vicino avevano parlato ai soccorritori di un malore. In realtà l’autopsia, che si è svolta lunedì, aveva confermato ciò che era stato evidente dopo un primo esame con la TAC: Hannaoui era morta a causa di un colpo di pistola.

Nell’area temporale sinistra del cranio è stato individuato un foro d’ingresso riconducibile a un proiettile, che è stato estratto dalla regione temporoparietale. Il piccolo proiettile, calibro 22, è entrato dalla parte sinistra della testa e si è fermato dietro la fronte. Il 4 aprile, non lontano dalla casa, è stata poi trovata una pistola che secondo gli investigatori sarebbe quella da cui è partito il colpo che ha ucciso Hannaoui.

Il 28 marzo Asmaoui Lebdaoui, il marito di Hannaoui, era uscito di casa alle 13:40 per andare a lavorare alla Romea Rottami, un’azienda in provincia di Rovigo che si occupa di recupero di materiale ferroso. Stava smontando un motore quando il figlio più grande l’ha chiamato per avvisarlo del malore della madre. Questa, almeno, era la versione dell’uomo. Parlando con il Corriere del Veneto, Lebdaoui aveva detto:

Mia moglie era in cucina e aveva in mano il telefonino perché stava video-chiamando sua madre, che si trova in Marocco. Il bambino più piccolo era con lei. È stato lui a raccontarmi che all’improvviso la mamma è crollata a terra, come per un malore, e ha sbattuto la nuca sul fornello. Lui si è avvicinato allo schermo e ha detto alla nonna: “Mamma è caduta”. Poi è corso ad avvisare il fratellino più grande, che mi ha telefonato.

Secondo questa versione insieme alla donna e ai due bambini in casa c’era anche un vicino, Giacomo Stella, un uomo anziano che abita al piano superiore dell’edificio, di cui è proprietario. Il figlio più grande aveva testimoniato che Stella era uscito con lui in giardino a chiudere delle buche quando il fratello più piccolo era corso ad avvisarli che la madre era caduta a terra.

Stella era stato interrogato dai carabinieri subito dopo l’accaduto e aveva detto di essere convinto che la donna fosse morta dopo aver sbattuto la testa cadendo, a causa della debolezza dovuta al fatto che Hannaoui, in osservanza al Ramadan, non mangiava da molte ore. Il Ramadan è un mese sacro per l’Islam, durante il quale i fedeli attraversano una fase di purificazione non bevendo e non mangiando dall’alba al tramonto.

Stella aveva anche detto che la donna barcollava perfino quando camminava e quindi a causare la sua morte sarebbe stato un incidente domestico. La tesi inizialmente era stata sostenuta anche dal marito di Hannaoui. In un comunicato la procura di Rovigo aveva poi escluso che il colpo d’arma da fuoco fosse stato esploso a contatto, o comunque a distanza ravvicinata.