Perché l’opposizione può fare molto poco, con La Russa

Il presidente del Senato non può essere sfiduciato, al contrario di un ministro o del capo del governo

(ANSA/ETTORE FERRARI)
(ANSA/ETTORE FERRARI)

Più o meno da quando è stato eletto presidente del Senato, quasi sei mesi fa, Ignazio La Russa ha raccolto critiche e polemiche per diverse sue dichiarazioni: negli ultimi giorni, per esempio, ha detto varie inesattezze e cose false a proposito dell’attacco partigiano di via Rasella, compiuto nel 1944 contro le forze naziste che occupavano Roma. Dopo queste dichiarazioni sono circolati alcuni appelli perché La Russa venga rimosso dal suo incarico, fra cui quello dell’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Anche la segretaria del PD Elly Schlein ha definito La Russa inadatto al suo incarico, così come il leader del partito centrista Azione, Carlo Calenda.

La Russa, che oggi è in Fratelli d’Italia, iniziò la sua carriera politica nel Movimento Sociale Italiano (MSI), il partito fondato nel 1946 da ex fascisti e membri della Repubblica Sociale Italiana, e nella sua lunga carriera non ha mai nascosto le sue simpatie per l’estrema destra, anche quella di origine fascista. La Russa è il primo presidente del Senato ad avere una storia così nota di contiguità al fascismo. Per molti anni nel Secondo dopoguerra i parlamentari del MSI furono tenuti alla larga dalle principali cariche istituzionali (il presidente del Senato è la seconda carica dello Stato, dopo il presidente della Repubblica) perché ritenuti inadatti ad aderire pienamente alla vita democratica dello Stato e a rappresentarlo, dato che per molto tempo avevano celebrato e in alcuni casi rimpianto un regime autocratico come quello fascista.

Se La Russa fosse un ministro, o persino il presidente del Consiglio, l’opposizione parlamentare formata dai partiti di centrosinistra potrebbe presentare una mozione di sfiducia nei suoi confronti: è un’ipotesi prevista dal 1986 per i singoli ministri, e nel caso venga approvata porta alla rimozione del ministro in carica. L’opposizione si trova in minoranza e rimuovere un ministro non è mai semplice: ma è già successo in passato che anche solo per l’esistenza di questa possibilità la richiesta assumesse più forza di una semplice richiesta di dimissioni.

Al momento però il regolamento del Senato non prevede che il presidente del Senato possa essere sfiduciato. L’articolo 13 del regolamento del Senato, intitolato “Cessazione dalle cariche del Consiglio di Presidenza”, prevede che possano decadere dal loro incarico soltanto i senatori che ricoprono la carica di vice-presidenti, questori o segretari, che entrano nel governo o escono dal proprio gruppo parlamentare. Nell’articolo si dice esplicitamente che «le disposizioni di cui al presente comma non si applicano mai al Presidente del Senato».

Parlando con Repubblica, il costituzionalista ed ex parlamentare Stefano Ceccanti ha spiegato che l’assenza della possibilità di sfiduciare il presidente del Senato (ma anche quello della Camera) nasce come «garanzia di indipendenza, per non legare la presidenza ad un rapporto fiduciario con una maggioranza. Per questo dura per tutta la legislatura, a differenza dei presidenti di Commissione che si rinnovano a metà del quinquennio». Nella scorsa legislatura un gruppo eterogeneo di parlamentari presentò una proposta per modificare il regolamento del Senato e introdurre la possibilità di una mozione di sfiducia per il presidente, ma la misura non venne mai approvata. Al momento «l’unica via sono le dimissioni volontarie», spiega Ceccanti.

Che nel caso di La Russa sembrano un’ipotesi piuttosto remota: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i ministri del suo governo lo hanno difeso spesso dalle critiche, negli ultimi mesi.