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  • Mercoledì 29 marzo 2023

In Puglia non si potranno pescare i ricci di mare per tre anni

L'obiettivo è ripopolare i mari di una specie a rischio, ma controllare chi pesca violando il fermo biologico non è facile

ricci di mare
(Buddhika Weerasinghe/Getty Images)
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Il consiglio regionale della Puglia ha approvato una legge che vieta la pesca dei ricci di mare per i prossimi tre anni. Il divieto riguarda sia la pesca professionale che quella sportiva ed è stato introdotto per salvaguardare una specie ormai molto rara, che la pesca rischia di far scomparire dal mare pugliese. La proposta di legge è stata presentata dal consigliere Paolo Pagliaro della lista civica La Puglia Domani e approvata a larga maggioranza: 41 consiglieri favorevoli e uno solo contrario. La nuova legge interviene soltanto sulla pesca dei ricci di mare che si trovano in Puglia, quindi i ristoratori potranno continuare a servire ricci importati da altre regioni o altri paesi, come d’altronde accade già ora.

I ricci di mare sono echinodermi, cioè con la pelle spinosa: hanno uno scheletro esterno, il dermascheletro, e una forma simmetrica che ricorda una stella. In Puglia convivono due specie di ricci: il Paracentrotus lividus e l’Arbacia lixula.

Il primo è comunemente chiamato anche “riccio femmina” ed è quello che si mangia. È considerato un cibo prelibato in molte parti del mondo e in diverse regioni italiane i ricci fanno parte della tradizione culinaria. I piatti più conosciuti sono gli spaghetti con le cosiddette uova di riccio (sono le gonadi, gli organi che producono la cellula uovo), con la polpa di riccio oppure i ricci crudi consumati direttamente dal guscio, senza utilizzare le posate. L’altra specie, più scura, non si può mangiare.

Negli ultimi decenni i metodi di pesca – un tempo svolta solo in zone poco profonde, oggi con attrezzature subacquee – sono diventati più efficaci, aumentando la disponibilità di ricci sul mercato. Il risultato è che la presenza nei mari italiani del Paracentrotus lividus è molto calata, non soltanto in Puglia.

Già nella prima metà degli anni Novanta alcune associazioni ambientaliste pugliesi chiesero alla Regione di introdurre limiti alla pesca dei ricci di mare. Fu commissionato uno studio al laboratorio di biologia marina della provincia di Bari che confermò la necessità di regolamentare la pesca soprattutto attraverso un fermo biologico, cioè un periodo in cui la pesca è vietata e in cui i ricci possono riprodursi. La legge fu approvata nel 1995 e da allora la pesca è proibita a maggio e a giugno mentre a partire da luglio è consentita per un massimo di 50 esemplari per i pescatori non professionisti (sempre in apnea e senza strumenti) e di mille per la pesca professionale destinata alla vendita. La taglia minima, inoltre, non può essere inferiore a 7 centimetri di diametro, aculei compresi.

Con la nuova legge il fermo biologico sarà di tre anni o almeno – come si legge nel testo definitivo – fino al 30 aprile 2025, quando verrà fatta una valutazione sull’efficacia del divieto. «È un fermo necessario, anzi indispensabile, per non perdere definitivamente questa specie ormai decimata e a rischio estinzione, e per darle il tempo di riprodursi», dice il consigliere Pagliaro. «Il fermo pesca è un passo decisivo per bloccare il prelievo massiccio dei ricci di mare, anche al di sotto della misura minima consentita per legge di sette centimetri di diametro. Non c’è più tempo da perdere».

Uno dei grossi problemi che la legge difficilmente risolverà riguarda i controlli, finora non molto efficaci. Negli ultimi anni sono stati sequestrati migliaia di ricci illegali venduti nei ristoranti e la capitaneria di porto ha organizzato diverse operazioni per individuare i pescatori abusivi. Le tecniche per eludere i controlli, tuttavia, sono semplici: spesso i pescatori illegali hanno una barca d’appoggio poco distante che avverte se si stanno avvicinando le forze dell’ordine. A quel punto abbandonano sul fondo ciò che hanno pescato e l’attrezzatura, scappando. Inoltre i chilometri di costa da controllare sono moltissimi. È difficile quindi cogliere in flagranza di reato i pescatori di frodo in mare, ed è invece più facile fare i controlli quando arrivano a terra o quando il pescato è già distribuito nei ristoranti. Ma è probabile che i sequestri rappresentino solo una minima parte della totalità dei ricci pescati violando la legge.

Alla fine del 2021 era stata approvata una legge simile in Sardegna. In seguito alle proteste dei pescatori di ricci, il 30 novembre del 2022 la maggioranza ha approvato un disegno di legge per riaprire la pesca dal 1 dicembre fino al 30 aprile del 2023 con alcune regole: la pesca è autorizzata soltanto dal mercoledì al sabato e dalle 6 alle 13.