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  • Sabato 18 marzo 2023

Le accuse della Corte penale internazionale contro Putin

Il presidente russo sarebbe responsabile della deportazione di bambini ucraini in Russia, un tema di cui si sono occupate varie inchieste

(Pascal Le Segretain/Getty Images)
(Pascal Le Segretain/Getty Images)
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Venerdì la Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto per il presidente russo Vladimir Putin. La Corte, che ha sede all’Aia (nei Paesi Bassi), è il principale tribunale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, e ha accusato Putin di essere direttamente responsabile della deportazione di bambini ucraini in Russia.

Secondo la Corte, la deportazione sarebbe iniziata fin dal 24 febbraio del 2022, giorno in cui cominciò l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Oltre che per Putin è stato emesso un mandato d’arresto anche per Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria presidenziale russa per i diritti dell’infanzia.

La Corte penale internazionale non ha fornito altri dettagli sulle accuse, ma il tema della deportazione in Russia di bambini ucraini è stato al centro di diverse indagini indipendenti negli ultimi mesi, oltre a quella condotta dal tribunale stesso. Ne hanno parlato varie inchieste giornalistiche, oltre che rapporti di centri di ricerca e governi stranieri. Una delle inchieste più recenti e approfondite è stata pubblicata il 14 febbraio dall’università americana di Yale, in collaborazione con il dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

Il rapporto, ancora preliminare, è intitolato “Il programma sistematico della Russia per la rieducazione e l’adozione dei minori ucraini” e sostiene che dall’inizio della guerra i soldati russi avrebbero trasferito più di 6mila bambini e ragazzi ucraini, di età compresa tra i 4 mesi e i 17 anni, in 43 strutture che l’università definisce di “rieducazione” e che si trovano in vari territori controllati dai russi (dalla Crimea fino alla Siberia). I bambini deportati abitavano in zone dell’est e del sud dell’Ucraina che erano state occupate dalle forze russe all’inizio dell’invasione.

Alcuni di loro secondo il rapporto erano orfani, mentre altri sarebbero stati trasferiti con il consenso dei loro genitori. Ai genitori sarebbe stato detto che le strutture erano campi ricreativi e che il trasferimento sarebbe stato temporaneo. Sarebbe stato promesso loro che il trasferimento nei campi avrebbe permesso ai bambini di stare al sicuro, lontani dalle zone di guerra, e di ricevere cibo, cure mediche e istruzione, che nelle città occupate non avrebbero potuto avere. Secondo il rapporto nella maggior parte dei casi quei bambini non sono mai tornati dalle loro famiglie, e molti di loro sarebbero stati in seguito adottati da famiglie russe.

Il rapporto dice anche che in 32 dei campi sarebbe stato creato un “programma sistematico di rieducazione” dei bambini e dei ragazzi ucraini, che avrebbero subìto un indottrinamento politico alla causa della propaganda russa. In alcuni casi avrebbero anche ricevuto un addestramento militare.

I risultati del rapporto di Yale sono preliminari, ma confermano quanto sostenuto da varie ricerche e indagini pubblicate nei mesi scorsi. Racconti simili erano stati esposti in due inchieste del New York Times e di Associated Press, e a novembre Amnesty International aveva pubblicato un rapporto in cui aveva raccontato di una situazione analoga riguardante nello specifico i civili di Mariupol, la città portuale del sud-est dell’Ucraina assediata per tre mesi dall’esercito russo fino alla sua definitiva resa a maggio.

La città era stata bombardata incessantemente e gli abitanti erano rimasti a lungo senza acqua, riscaldamento ed elettricità. A fine marzo i russi avevano permesso l’evacuazione dei civili verso le zone controllate dal governo russo: molti di questi, racconta Amnesty, avrebbero subìto arresti arbitrari, maltrattamenti e torture, e i minori orfani sarebbero stati dati in adozione a famiglie russe.

Nonostante la gravità delle accuse e il mandato d’arresto della Corte penale internazionale, nella pratica Putin non rischia di essere arrestato. La Corte penale internazionale non ha una propria polizia, e per gli arresti si deve affidare a quelle dei singoli stati. Per di più la Russia – come Cina e Stati Uniti – non ha mai ratificato lo Statuto di Roma, il trattato che istituì la Corte penale internazionale, di cui quindi non accetta la giurisdizione, quindi non ha l’obbligo legale di cooperare con la Corte o consegnarle gli indagati nel caso in cui vengano arrestati.

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