Il governo non dismetterà a breve lo SPID

Si è impegnato a rinnovare le convenzioni per poi creare un’unica identità digitale, in vista di un’integrazione con quella europea

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Il governo di Giorgia Meloni si è impegnato a rinnovare le convenzioni dello SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale, dopo che nelle ultime settimane si era parlato molto dell’ipotesi che venisse dismesso. Lo SPID è una credenziale digitale che permette di accedere a diversi siti della pubblica amministrazione: da quelli dei comuni – dove per esempio si possono pagare multe o la TARI – a quelli dedicati ad apposite misure, come il buono di 500 euro per gli insegnanti. La convenzione tra lo Stato e le aziende che forniscono il servizio dello SPID doveva scadere alla fine del 2022 ma è stata rinnovata fino al prossimo 23 aprile e sarà ulteriormente allungata.

Oggi ce l’hanno circa 34,4 milioni di persone, che lo utilizzano anche per moltissimi altri servizi digitali, come IO, la principale app per accedere ai servizi della pubblica amministrazione. I servizi dello SPID sono forniti da venti gestori, detti identity provider, cioè siti che offrono la possibilità di registrare uno SPID. Anche se forniscono tutti la stessa cosa, funzionano in modi un po’ diversi e alcuni offrono anche funzioni a pagamento. Il più utilizzato è Poste Italiane, a cui si è registrato poco più dell’80 per cento dei possessori di SPID.

Nelle ultime settimane, come era già avvenuto lo scorso anno, c’è stato un certo allarmismo sulla possibile dismissione dello SPID dovuta al mancato rinnovo della convenzione tra lo Stato e le aziende, gli identity provider: in realtà già nel primo incontro tra il governo e le aziende il sottosegretario all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, ha annunciato l’intenzione di «definire un rinnovo pluriennale del servizio» e di riconoscere una compensazione economica alle aziende che lo gestiscono.

Un accordo non è stato ancora trovato, ma alcuni giornali hanno scritto di una possibile intesa sulla base di 50 milioni di euro garantiti alle aziende dai fondi del PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza. Lo SPID quindi non verrà chiuso, almeno non nel breve periodo.

Il punto è che da tempo il governo sostiene la necessità di avere un’unica identità digitale e non più servizi diversi, come accade ora: oltre allo SPID, infatti, esiste anche la carta d’identità elettronica (CIE). «Il governo non vuole eliminare l’identità digitale, ma averne solamente una, nazionale e gestita dallo Stato (proprio come quella che gli italiani portano nel loro portafogli dal 1931)», ha scritto Butti in una lettera al Corriere della Sera. La carta di identità elettronica (CIE), il sistema alternativo allo SPID, consente di accedere ai siti della pubblica amministrazione inserendo la carta di identità in un lettore di smart card. È molto meno utilizzata rispetto allo SPID: nel 2022 sono state segnalate 21 milioni di autenticazioni tramite CIE contro un miliardo di SPID.

Il processo per ottenere lo SPID è più complicato rispetto a quello per ottenere la carta d’identità elettronica, un aspetto che può scoraggiare le persone anziane e meno pratiche con la tecnologia. Dall’altro lato però il funzionamento della carta d’identità elettronica per accedere ai servizi della pubblica amministrazione è al momento leggermente più macchinoso rispetto allo SPID, perché necessita di un lettore di smart card. Un altro modo è utilizzare la carta installando l’app CieID sul proprio smartphone, ma a patto che sia dotato di “lettore NFC” (la tecnologia che, per esempio, permette di usare lo smartphone al posto della carta di credito per i pagamenti contactless). Per utilizzare la carta d’identità elettronica tramite computer si può usare sempre lo smartphone come “lettore” della carta, ma in sua mancanza è necessario avere un dispositivo a parte, collegato al computer e in grado di “leggere” la carta tramite la tecnologia NFC.

Come spiegato dal sottosegretario Butti in più occasioni, il governo vorrebbe unificare lo SPID e la CIE in un unico strumento, una nuova identità digitale, per favorire le adesioni e risolvere i problemi legati all’attuale doppia gestione. «Penso che dobbiamo andare verso uno strumento di identità digitale che sia unico e valido non soltanto in Italia ma oltre i confini italiani, in Europa», ha detto martedì il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo. I progetti italiani infatti non possono prescindere dalle decisioni della Commissione Europea che da tempo sta lavorando a un sistema di identità digitale comune tra tutti i paesi.

L’obiettivo europeo è di creare un nuovo strumento chiamato European Digital Identity (EUDI), cioè un portafoglio elettronico, che consentirebbe alle persone di lasciare a casa il portafoglio fisico facendo a meno dei documenti e sostituendoli con il loro equivalente digitale. Nella sua versione mobile, un wallet è costituito da un’app per smartphone. Il wallet europeo potrebbe contenere l’identità digitale e la versione dematerializzata di documenti come la carta d’identità, la patente di guida e potenzialmente anche il passaporto. La Commissione Europea vorrebbe renderlo operativo entro il 2025.

È importante quindi che la volontà del governo italiano di unificare SPID e CIE si integri con i progetti europei. «Anticipare questa convergenza, sebbene non sia in questo momento elemento prioritario per la strategia di digitalizzazione del Paese, potrebbe guidarci verso una sperimentazione anticipata del wallet», hanno scritto Giorgia Dragoni, Luca Gastaldi, Valeria Portale e Clarissa Falcone dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano. Allo stesso tempo però l’incertezza che negli ultimi mesi ha caratterizzato la gestione dello SPID e della CIE non aiuta l’Italia a prepararsi in vista della possibile introduzione dell’identità digitale europea: «Se non siamo noi a valorizzare gli asset chiave che abbiamo faticosamente costruito nell’ultimo decennio – anche con il supporto e i notevoli investimenti di aziende private in favore di una causa pubblica – non possiamo pensare che lo faccia l’Europa».