Le pagine che denunciano la piccola criminalità sui social

I video virali dei borseggi a Milano hanno suscitato un dibattito sul loro ruolo e sulle distorsioni che possono generare

La metro di Milano (LaPresse)
La metro di Milano (LaPresse)
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Furti e borseggi nelle grandi città italiane sono un fenomeno da tempo molto raccontato, tanto dai giornali quanto da varietà televisivi che si occupano spesso di temi sensazionalistici, come Le Iene e Striscia la notizia. Ultimamente però a orientare il dibattito intorno alla piccola criminalità non sono più soltanto i media tradizionali, ma anche una serie di pagine sui social network che a vario titolo hanno occupato uno spazio in precedenza della cronaca locale, segnalando quasi esclusivamente furti, rapine, piccoli incidenti o degrado urbano.

Una volta che queste pagine raggiungono un certo seguito, sono gli utenti stessi a mandare i video che realizzano, fornendo una gran quantità di materiale con cui viene alimentato il racconto: che essendo incentrato su fenomeni di piccola criminalità, privati del contesto e talvolta filtrati da un generale tono di allarme, rischia di avere un effetto distorsivo e far passare l’idea di un’emergenza sicurezza che, a guardare i dati delle città italiane, non esiste.

Nell’ultima settimana ha ricevuto una grande attenzione mediatica una di queste pagine, MilanoBellaDaDio, che ne ha persino aperta un’altra collegata, in cui parla solo dei borseggi a Milano che avvengono prevalentemente nei luoghi affollati del centro o in metropolitana. La pagina porta avanti da mesi una campagna contro alcune donne apparentemente di etnia rom, utilizzando le centinaia di video e segnalazioni che arrivano alla pagina. Sono video talvolta violenti, in cui si vedono le donne che vengono aggredite o che reagiscono alle provocazioni, o in cui si sentono le persone gridare «Borseggiatrici!» a tutto il vagone della metro per segnalare la loro presenza. Le didascalie a commento dei video dicono cose tipo «Si può?», oppure «Quanto dobbiamo ancora vederle sui mezzi pubblici (e non solo)? Per quanto tempo?».

È un tono condiviso dalla gran parte degli utenti, che si indignano per i furti in sé ma soprattutto per il fatto che le persone che li compiono rimangano in libertà. Ma la retorica alimentata da queste pagine sta iniziando ad attirare obiezioni. Lo scorso weekend una consigliera comunale di Milano, Monica Romano, ha scritto un post su Facebook criticando chi fa quel genere di video e chi li diffonde: «Quest’abitudine di filmare persone sorprese a rubare sui mezzi Atm e di diffondere i video su pagine Instagram con centinaia di migliaia di follower è violenza, ed è molto preoccupante. Punto». Secondo Romano riprendere quelle persone non per denunciarle alle forze dell’ordine ma per metterle alla gogna è il contrario del senso civico, e serve solo ad alimentare l’odio nei loro confronti, senza fare nulla per risolvere il problema.

In un’intervista al Corriere della Sera Romano ha poi detto che «chi difende questi sceriffi improvvisati dovrebbe seriamente ripassare i fondamentali sulle regole di convivenza civile in uno Stato di diritto», e che per il suo post ha ricevuto minacce e intimidazioni.

A volte capita qualcuno che intervenga durante la realizzazione dei video per gli stessi motivi indicati da Romano. In uno pubblicato dalla pagina una settimana fa, realizzato su un tram di Milano, sono inquadrate due ragazze che sembrano aver appena tentato un furto, e si sente una donna che critica l’autore del video dicendogli che «questo atteggiamento non è funzionale a una società sana, non siete voi predisposti a fare questa cosa». L’altra persona risponde: «Ma se non fanno niente», riferendosi probabilmente alle forze dell’ordine, e lei risponde: «Io sto dicendo che non è il modo di risolvere il problema perché è una modalità violenta». Un’altra donna interviene e dice: «Cioè non sono aggressivi loro che rubano agli anziani?», e lei risponde «Ma io non ho detto questo».

Le pagine come MilanoBellaDaDio, Welcome to Favelas nelle sue varie declinazioni locali, oppure Roma fa schifo, suggeriscono un pregiudizio fin dal nome. MilanoBellaDaDio è gestita da un milanese 26enne, Giovanni Santarelli, che alla newsletter su Milano del Post, Colonne, ha detto: «Il nome della pagina è ironico, gioca sul fatto che Milano dovrebbe essere bella da dio, e invece ci sono tutti questi episodi». Santarelli aprì la pagina nel 2019 dopo aver notato che nel quartiere di Calvairate, dove ha abitato, «c’erano dei vagabondi che bevevano birra tutto il giorno, e quando passavi ti insultavano. Mandai due mail al comune e non ricevetti risposta. Pensai di avviare una petizione, invece misi tutto su Instagram affinché si vedesse cosa stava accadendo».

Welcome to Favelas, la cui pagina principale su Instagram ha 759mila follower, ha un nome che rimanda a una realtà inevitabilmente degradata: e infatti condivide principalmente video di persone senzatetto o con disagi, episodi di rapine o di degrado urbano, piccoli furti e meme di vario tipo legati a questo contesto.

Roma fa schifo invece è una pagina fondata nel 2008 da Massimiliano Tonelli, attuale direttore di Artribune, ed ebbe una fase di popolarità all’inizio degli anni Dieci pubblicando su Facebook post di indignazione contro il degrado della città. La pagina negli anni è stata spesso criticata perché ha diffuso una narrazione univoca e irredimibile della città. Nel 2018 Roma fa schifo venne chiusa (poi riaprì) per via di un video realizzato in metropolitana in cui si vedevano insulti e aggressioni nei confronti di una donna di etnia rom.

La piccola criminalità è un fenomeno che riguarda un po’ tutte le grandi città del mondo, anche quelle dei paesi più ricchi. Secondo i dati pubblicati dal Sole 24 Ore nel 2022, Milano è prima in Italia con 2.943 denunce ogni 100mila abitanti nella classifica dei furti, 95.269 denunce in totale. Roma invece è terza con 2.430 denunce ogni 100mila abitanti (102.639 denunce in totale). Per avere un termine di paragone, a Londra, dove ci sono quasi 9 milioni di abitanti, nel 2022 ci sono stati 236.492 furti secondo i dati della polizia (2.628 ogni 100mila abitanti).

Queste pagine sostengono normalmente di voler soltanto fare informazione e portare all’attenzione del pubblico i problemi dei cittadini, ma quello che non emerge dal loro racconto è che in Italia i reati sono in costante diminuzione da anni: a Milano sono diminuiti dell’11,8 per cento rispetto al 2019, a Roma del 6,8 per cento, a Firenze del 24,6 per cento, a Venezia del 17,8 per cento e a Bologna del 15,3 per cento. Un fenomeno di cui non si ha contezza se ci si affida solo all’aneddotica o alle segnalazioni dei furti in metropolitana.

Anche se pagine come MilanoBellaDaDio e Roma fa schifo dicono di non avere nessuno scopo politico, il loro approccio è perlomeno contiguo con quello dei principali partiti di destra italiani. In una recente intervista al Corriere, Giovanni Santarelli ha raccontato di aver ricevuto un’offerta a candidarsi alle regionali proprio da Fratelli d’Italia, rifiutata. Uno degli autori dei video pubblicati da MilanoBellaDaDio, Nicholas Vaccaro, aveva anche la tessera del partito, non rinnovata «per evitare strumentalizzazioni». Tonelli, il fondatore di Roma fa schifo, due anni fa è stato al centro di una polemica per aver pubblicato una storia in cui criticava una mostra di arte africana usando un termine razzista.

La soluzione ai problemi documentati che propongono queste pagine è un aumento delle pene e un approccio più duro e securitario da parte delle autorità, accusate di non occuparsi della sicurezza nelle città. In realtà aumentare le pene contribuisce più che altro al sovraffollamento delle carceri, e meno a risolvere i problemi di esclusione e disagio sociale che sono tra le cause dei fenomeni di piccola criminalità. Un rapporto dell’associazione Antigone sulla situazione delle carceri in Italia, per esempio, rileva quanto la condizione economica e sociale di provenienza influisca sulla possibilità di delinquere e finire in carcere: se si rapporta il numero di persone detenute per regione di nascita a quello degli abitanti delle stesse regioni, si vede chiaramente come siano le regioni più povere quelle da cui proviene la maggior parte delle persone detenute.

Inoltre l’Associazione 21 luglio, onlus che si occupa di diritti, da tempo denuncia la segregazione e l’esclusione delle persone di etnia rom come uno dei fattori principali alla base del diffuso antiziganismo, specialmente a Roma. Ma lo stesso vale per Milano, dove il problema è stato gestito a partire dagli anni Duemila con i centri di accoglienza del comune che hanno permesso di rimuovere i grandi campi di via Novara e via Triboniano.