L’imbarazzata consacrazione di Pedro Pascal

L'attore protagonista di “The Last of Us” e “The Mandalorian” è amatissimo sui social network, anche troppo

(Richard Shotwell/Invision/AP)
(Richard Shotwell/Invision/AP)
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L’attore cileno Pedro Pascal era già diventato piuttosto famoso tra il 2014 e il 2015, quando aveva interpretato prima l’affascinante principe Oberyn Martell nel Trono di Spade e poi l’agente federale Javier Peña in una seguitissima serie Netflix, Narcos. Negli ultimi tre mesi, però, Pascal ha ottenuto un quantitativo di attenzione e complimenti senza precedenti, sulla stampa e sui social, dove i video delle sue apparizioni in pubblico, delle scene in cui recita e soprattutto delle interviste che gli vengono fatte ottengono sistematicamente milioni di visualizzazioni. È un interesse che Pascal ha a lungo mostrato di apprezzare e incoraggiare, ma che recentemente sembra cominciare a metterlo a disagio.

Pascal sta dando moltissime interviste di recente perché è il protagonista molto carismatico di due tra le serie più discusse e amate del momento: The Last of Us di HBO, in cui interpreta un uomo che da anni sopravvive facendo il contrabbandiere in un’America post-apocalittica, e la serie ambientata nell’universo di Star Wars The Mandalorian, in cui interpreta un cacciatore di taglie solitario di cui non si vede quasi mai il volto.

In entrambe le serie, Pascal interpreta il ruolo di un uomo taciturno e burbero a cui viene affidata suo malgrado la protezione di una creatura più piccola (“Baby Yoda” in The Mandalorian, la tredicenne Ellie in The Last of Us), per cui finisce per diventare una figura paterna. Questa coincidenza, unita al fatto che Pascal è un uomo attraente, ha portato molte persone online a scherzare affettuosamente sul fatto che vorrebbero che Pascal fosse il loro “paparino”, usando un termine, “daddy”, che nello slang di internet indica principalmente uomini di mezz’età di bell’aspetto, ma anche dall’aria autorevole, gentile, alla mano, magari un po’ goffa.

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Lo stesso Pascal ha spesso scherzato su questa caratterizzazione: in un’intervista con Vanity Fair in cui si sottopone per scherzo a una “macchina della verità”, ha detto ridendo che «essere daddy è uno stato d’animo» e ha raccontato che ogni tanto cerca quello che i fan pubblicano su di lui online. Una volta, durante un’intervista in cui gli è stato chiesto di commentare il tweet di una fan che diceva di immaginarselo come «il mio paparino figo e arrapante» (“my cool, slutty daddy” in inglese), ha guardato la telecamera e ha risposto «ma io sono il tuo paparino figo e arrapante».

E in un segmento andato in onda per il programma comico SNL ha interpretato il ruolo di un insegnante stanco del fatto che i suoi studenti lo riprendano costantemente per creare delle fancam, ossia video creati e pubblicati dai fan per mostrare quanto una celebrità sia bella e sexy. «Non vi capisco! Perché realizzate montaggi scintillanti, veloci e romantici di me ogni singolo giorno?», chiede Pascal ai propri studenti nello sketch, prima di accettare con una certa riluttanza il titolo di daddy.

«Immagino che il fenomeno di chiamare Pascal “daddy” sia in larga parte nato dal lavoro certosino di un esperto team di pubbliche relazioni che è riuscito a capire bene l’interminabile arrapamento della gente su internet» ha scritto su Vox il giornalista Alex Abad-Santos. Molte celebrità scelgono volontariamente di stare quanto più lontano possibile dalle discussioni su di loro online: Pascal, al contrario, è sembrato divertirsi molto a interagire con i propri fan. Spesso condivide disegni e illustrazioni create dai fan su Instagram, e prima di cancellare il suo profilo Twitter come risposta all’acquisizione della piattaforma da parte di Elon Musk era solito interagire spesso con gli utenti comuni.

@vanityfairitalia A Pedro Pascal concediamo anche una bugia. Soprattutto questa. #VFentertainment #PedroPascal #LieDetector #VanityFair #daddypascal ♬ suono originale – Vanity Fair Italia

A tutto questo si aggiunge il fatto che Pascal ha una storia personale piuttosto emozionante: nato a Santiago del Cile nel 1975, quando aveva nove anni la sua famiglia si rifugiò prima in Danimarca e poi negli Stati Uniti per sfuggire alla dittatura di Augusto Pinochet. La madre era peraltro lontanamente imparentata con Salvador Allende, presidente socialista deposto nel golpe.

Oggi Pascal parla spesso del suo stretto rapporto con la sorella, l’attrice transgender Lux. Pascal ha più volte espresso attivamente la propria vicinanza e solidarietà con la comunità LGBTQ+, ma non è mai stato chiaro se ne faccia parte, perché parla molto poco della propria vita sentimentale. L’attrice non-binary – cioè che non si riconosce nel binarismo di genere maschio/femmina – Bella Ramsey, a cui sembra essersi affezionato molto recitando insieme in The Last of Us, ha detto che Pascal l’ha aiutata moltissimo nel suo percorso di comprensione della propria identità di genere.

Dopo una carriera di soli ruoli minori, Pascal diventò famoso dopo i quarant’anni, con Game of Thrones e Narcos, e cominciò a lavorare molto di più: ha recitato insieme a Nicolas Cage nel film Il talento di Mr. C, è stato il principale antagonista di Wonder Woman 1984, ed è uno dei protagonisti di Strange Way of Life, un cortometraggio western di Pedro Almodóvar che sarà presentato al festival di Cannes, a maggio.

«In un’epoca post-Brad Pitt, Pascal è l’ideale platonico di ciò che un attore protagonista dovrebbe essere. È sempre simpatico senza essere viscido, a suo agio senza risultare troppo arrogante. Condivide aneddoti su se stesso che sembrano sinceri, e non artificiosamente creati per essere dati in pasto ai media», ha scritto la giornalista Mia Mercado su The Cut. «Quando GQ l’ha intervistato per la sua serie “10 cose senza cui non potresti vivere”, in cui normalmente le celebrità mostrano le loro macchine fotografiche vintage o i loro gusti musicali eclettici, Pascal ha preso l’incarico alla lettera. Ha scelto di mostrare articoli da toeletta, occhiali, scarpe e biancheria intima».

Benché storicamente sia stato al gioco anche di fronte a domande che metterebbero molti in imbarazzo, ultimamente Pascal ha cominciato a dare qualche segno di stanchezza di fronte alle ennesime domande sul fatto che i suoi fan lo trovino molto sexy. Durante un’intervista in concomitanza con un evento di presentazione di The Mandalorian, una giornalista gli ha mostrato una serie di tweet sconci che parlavano di lui, chiedendogli di commentarli insieme. Dopo averli letti con un’espressione un po’ preoccupata, Pascal si è gentilmente rifiutato di farlo, pur ringraziando la giornalista per il suo lavoro.

«Molti hanno incolpato le comunità di fan per questo genere di comportamento, dicendo che non trattano gli attori con il rispetto dovuto a un altro essere umano, ma credo che questa storia ci racconti qualcosa di diverso», ha scritto il giornalista e esperto di cultura di internet Ryan Broderick nella sua newsletter Garbage Day. «In questo momento c’è una tendenza un po’ sociopatica e francamente da squilibrati nel mondo dei media che si occupano di intrattenimento: le interviste con le celebrità vengono viste soltanto come potenziale fonte di contenuti virali. L’attore intervistato smette di avere importanza: l’importante è creare contenuti che siano più condivisi possibile sulle piattaforme».

«Pascal si è ritrovato intrappolato nell’occhio del ciclone, messo nel ruolo di “daddy” senza via di scampo. Ha finalmente deciso di mostrare il proprio disagio, e dovremmo leggerlo come il segnale chiaro che è tempo di smettere di riversargli addosso la nostra ossessione», ha scritto sulla rivista online The Gamer la critica Jade King. «Sicuramente possiamo continuare a sessualizzarlo nella nostra testa, ma oltrepassiamo veramente il limite quando gli viene messo in faccia un microfono e gli si chiede di stare al gioco».

Secondo King, il trattamento a cui è sottoposto Pascal è il sintomo di una questione molto più ampia: «la nostra necessità di trovare una nuova tendenza virale o un individuo con cui essere ossessionati ogni settimana per mantenere alto il nostro livello di serotonina». «Dipendiamo da queste piattaforme, e il loro ritmo frenetico ci impedisce di fare una discussione più approfondita sul fatto che i contenuti che consumiamo siano etici o meno», conclude.