Le startup della Silicon Valley nei guai

Con la chiusura di Silicon Valley Bank molte aziende emergenti tecnologiche non hanno accesso ai loro depositi e non possono pagare i dipendenti

La sede principale di Silicon Valley Bank a Santa Clara, California, Stati Uniti (Justin Sullivan/Getty Images)
La sede principale di Silicon Valley Bank a Santa Clara, California, Stati Uniti (Justin Sullivan/Getty Images)

Il fallimento di Silicon Valley Bank (SVB), tra le più grandi banche statunitensi nel settore tecnologico, sta avendo importanti ripercussioni per le startup che avevano depositi da svariati milioni di dollari nella banca. Molti dei loro responsabili hanno segnalato di non avere più accesso ai conti correnti e di non sapere se e quando potranno recuperare almeno in parte il loro denaro, con il rischio di non potere pagare i dipendenti o di dover chiudere le proprie attività.

SVB, il più grande fallimento nella storia finanziaria degli Stati Uniti dopo quello di Washington Mutual nel 2008, ha segnato la fine di una banca che solo un anno e mezzo fa aveva una valutazione di oltre 44 miliardi di dollari. I depositi entro i 250mila dollari sono garantiti dalla Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), l’ente che offre garanzie sui conti correnti, ma dalla chiusura della banca è emerso che la quasi totalità dei depositi non era garantita perché superiori al limite dei 250mila dollari.

La banca era utilizzata da numerosi venture capitalist (VC), gli investitori che scommettono sul futuro delle startup finanziandole anche se sono in perdita, confidando che alcune riescano ad affermarsi e a diventare le prossime Facebook o Google. A differenza di banche più tradizionali, SVB offriva servizi dedicati alle esigenze delle startup, semplificando l’accesso al credito e i trasferimenti di denaro. La banca aveva quindi un notevole successo, costruito in 40 anni di esistenza, ma l’aumento dei tassi d’interesse e il rallentamento degli affari nel settore tecnologico hanno infine determinato una crisi di fiducia in SVB, che in pochi giorni ha portato al suo fallimento.

Non potendo accedere ai propri conti e con la prospettiva di non avere indietro tutto il denaro depositato, ora molti responsabili delle startup si chiedono come potranno mantenere le proprie attività, che in molti casi non generano ancora utili. Ashley Tyrner di FarmboxRx, startup nel settore delle consegne a domicilio, ha condiviso i propri dubbi con CNN: «Adesso che la banca è fallita, voglio solo sapere che cosa accadrà. FDIC garantisce fino a 250mila dollari, ma come farò a recuperare i miei depositi nell’ordine di decine di milioni di dollari?».

L’incertezza è anche dovuta al fatto che in molti casi le startup dipendono dai periodici investimenti dei venture capitalist, concordati formalmente o promessi in modo più informale. Nelle ultime ore, varie piccole società hanno ricevuto comunicazioni dai loro VC di riferimento sul congelamento di nuovi finanziamenti a causa dell’impossibilità di accedere ai fondi di SVB.

Il blocco dei conti implica inoltre che i dipendenti di varie startup non possano essere pagati (lo stipendio negli Stati Uniti è spesso versato settimanalmente), o che non ci siano proprio fondi per continuare a pagarli nei prossimi mesi. FDIC riaprirà i conti lunedì 13 marzo, ma con il limite dei 250mila dollari, mentre nel frattempo cercherà di vendere il maggior numero possibile di risorse della banca in modo da offrire ai correntisti il recupero per lo meno parziale dei loro depositi.

Le startup un po’ più solide e che se lo possono permettere hanno intanto avviato iniziative per avere liquidità in breve tempo, in modo da pagare i dipendenti e affrontare altre spese. Ben Kaufman, il cofondatore di Camp, società che vende giocattoli online, ha inviato un’email a tutti i clienti del sito ammettendo che «buona parte dei nostri soldi» era gestita da una «banca che è appena collassata». Per questo Kaufman ha annunciato una grande vendita promozionale con il 40 per cento di sconto, ottenibile utilizzando il codice “BANKRUN”, cioè “corsa agli sportelli” (una delle cause di fallimento di una banca, quando tra i correntisti si diffondono preoccupazioni sull’istituto di credito e corrono a prelevare il loro denaro, lasciando la banca scoperta). Il codice è stato in seguito cambiato in un meno aggressivo “ILOVECAMP”.

I problemi non riguardano solamente le startup emergenti, ma anche quelle più affermate e mature. Etsy, il servizio molto utilizzato da artisti e artigiani per vendere i propri prodotti online, ha avvisato i propri rivenditori sul probabile rallentamento nei pagamenti a causa del fallimento di SVB. La società utilizzava la banca per gestire parte delle proprie attività economiche, ma non è ancora chiaro quanto avesse depositato. La comunicazione ai circa 7,5 milioni di rivenditori è piuttosto vaga e per questo molti hanno segnalato forte preoccupazione, considerato che la sospensione dei pagamenti può mettere in difficoltà chi vende con margini relativamente bassi.

La fine di SVB sta avendo ripercussioni anche nel settore delle criptovalute, le monete digitali non controllate da un’autorità centrale e le cui transazioni sono garantite da registri digitali decentralizzati. La banca non aveva molti clienti legati alle criptovalute, ma uno di questi era Circle, una società che gestisce criptovalute il cui prezzo è stabilizzato agganciandolo a valute non virtuali. Circle aveva circa 3,3 miliardi di dollari in SVB (le sue riserve complessive ammontano a 40 miliardi di dollari) e aveva provato a prelevarle giovedì scorso, senza riuscirci. La notizia ha avuto pesanti ripercussioni su alcune criptovalute e su varie società che offrono servizi per gestirle.

Il fallimento di SVB ha riportato di attualità il ruolo nella Silicon Valley dei venture capitalist, che periodicamente vengono accusati di fare investimenti spregiudicati e di non avere molta considerazione per le startup che non soddisfano le loro aspettative. Alcuni di loro avevano notato strani movimenti e sapevano che la banca sarebbe probabilmente fallita, tanto da avere consigliato alle proprie startup di ritirare il denaro dai depositi prima che fosse troppo tardi. Segnalazioni di questo tipo potrebbero avere favorito la corsa agli sportelli, tra le cause del fallimento della banca.

Peter Thiel, tra le persone più ricche al mondo e che deve i propri successi a PayPal e ad altri investimenti, aveva consigliato alle startup in cui aveva investito di ritirare il denaro dalla banca, secondo alcune fonti consultate da Bloomberg. Altri VC temendo la corsa agli sportelli avevano invece segnalato i rischi di un ritiro in massa dei depositi. Le indicazioni in un senso o nell’altro sono state comunque tardive per molte startup, considerato che già prima della chiusura da parte delle autorità statunitensi SVB di fatto non portava a termine i prelievi richiesti dai propri clienti.

Om Malik, esperto di lunga data del settore tecnologico statunitense, ha commentato il fallimento di SVB ricordando l’importanza che ha rivestito la banca in questi 40 anni, proprio per favorire le startup: «Più che un salvataggio, SVB ha bisogno di un cavaliere bianco, qualcuno che arrivi e rilevi la banca. […] Le recriminazioni e le accuse sono per altri. Ne parlo come membro da molto tempo di questa comunità. Noi (e intendo tutto l’ecosistema tech) dobbiamo renderci conto di che cosa stiamo perdendo. Certo, arriveranno le grandi banche a rimpiazzare SVB e avranno più denaro. Ma saranno lì prima di tutto per il denaro e i profitti, non per migliorare l’ecosistema del settore tecnologico».