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  • Venerdì 10 marzo 2023

Donald Trump sta cercando nuovi nomignoli per i suoi avversari

Riprendendo così una trovata efficace quanto crudele: sta prendendo di mira il Repubblicano più temibile, Ron DeSantis

(AP Photo/Alex Brandon)
(AP Photo/Alex Brandon)
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Una delle trovate politiche e mediatiche più note ed efficaci dell’ex presidente americano Donald Trump sono i nomignoli. Trump attribuisce nomignoli spesso molto efficaci ai suoi avversari politici, che in alcuni casi hanno così tanto successo da rimanere nel discorso pubblico statunitense e non solo, arrivando, nelle circostanze peggiori, a danneggiare la carriera politica delle persone prese di mira.

Da quando Trump, lo scorso autunno, ha annunciato la sua candidatura alle primarie del Partito Repubblicano per le elezioni presidenziali del 2024, si è subito cominciato a parlare dei nomignoli che attribuirà ai suoi avversari. E poiché la sua candidatura è arrivata con un eccezionale anticipo (Trump è stato il primo Repubblicano a candidarsi, e manca praticamente un anno all’inizio delle primarie) l’ex presidente sta approfittando del tempo a disposizione per diffondere nei discorsi e nei post sui social media diversi nomignoli per ciascun avversario, per capire quello più efficace e che ha più presa tra l’elettorato. Trump, per ora, sta concentrando le sue attenzioni su Ron DeSantis, il governatore Repubblicano della Florida che è di gran lunga il suo avversario più temibile.

I nomignoli di Donald Trump hanno cominciato a diventare famosi con l’avvio della sua carriera politica, alle primarie del Partito Repubblicano per le presidenziali del 2016, che poi Trump vinse. Trump affibbiò nomignoli a tutti i suoi avversari alle primarie Repubblicane, e alcuni di questi sarebbero rimasti attaccati alle persone prese di mira. I senatori Ted Cruz e Marco Rubio divennero “Lyin’ Ted”, e “Little Marco”, cioè “Ted il bugiardo” e “Marco il piccoletto”. Jeb Bush, che all’inizio delle primarie era considerato il favorito, divenne “Low Energy Jeb”, cioè “Jeb il fiacco”.

I nomignoli di Trump sono spesso insultanti e infantili, e in alcuni casi possono essere considerati una forma di umiliazione e bullismo (benché sia Cruz sia Rubio siano poi diventati alleati e strenui difensori di Trump). Alcuni si concentrano su una caratteristica fisica, come “Little Marco”, mentre altri su una caratteristica della personalità, come “Low Energy Jeb”: quest’ultimo nomignolo, in particolare, sarebbe rimasto attaccato a Jeb Bush per tutto il corso delle primarie, e avrebbe avuto un ruolo notevole nella percezione che l’elettorato Repubblicano aveva di lui.

Alcuni nomignoli contengono al loro interno delle accuse, come “Crooked Hillary” attribuito a Hillary Clinton, la sua avversaria Democratica alle presidenziali del 2016 (“crooked” vuol dire corrotta, disonesta). Altri invece sono razzisti o sessisti: Trump chiamò “Pocahontas” Elizabeth Warren, una candidata alle primarie Democratiche del 2020, per prendersi gioco delle sue lontane origini native americane. Amy Klobuchar, un’altra candidata alle primarie Democratiche del 2020, fu definita “Snowman(woman)”: in questo modo Trump voleva sia indicarne la freddezza (“snowman” significa pupazzo di neve) sia metterne in discussione la sessualità.

Nel corso della sua breve carriera politica, Trump ha attribuito decine di nomignoli, così tanti che c’è perfino una pagina di Wikipedia dedicata a tenerne traccia.

Una questione piuttosto notevole, tra l’altro, è che Trump attribuisce ai suoi avversari più temibili numerosi nomignoli, che varia e ruota nei suoi discorsi e nei suoi post sui social network, sondando quale di questi ottiene maggior successo e risulta più dannoso per la sua vittima. Per esempio, il nomignolo che Trump ha affibbiato all’attuale presidente Joe Biden, suo avversario alle presidenziali del 2020, è “Sleepy Joe”, cioè “Joe il sonnolento”. Ma prima di decidere che “Sleepy Joe” era il più efficace, Trump aveva testato su Biden una decina di nomignoli, tra cui “Slow Joe”, “SleepyCreepy Joe”, “Corrupt Joe”, “Beijing Biden”, “Crazy Joe Biden” e così via.

All’inizio delle primarie manca circa un anno, e molti tra i politici Repubblicani più promettenti non hanno ancora annunciato la propria candidatura. Ma i media americani già sorvegliano – con una soddisfazione abbastanza malcelata – a chi Donald Trump affibbierà nuovi nomignoli. Quando il mese scorso l’ex ambasciatrice americana all’ONU Nikki Haley ha annunciato la sua candidatura, Trump non le ha attribuito nessun aggettivo: questo è stato visto come segnale del fatto che ritiene Haley poco temibile.

Al contrario, i media americani sostengono che Trump stia lavorando piuttosto intensamente sul nomignolo da dare a Ron DeSantis, il governatore della Florida che al momento sembra l’unico in grado di battere Trump e ottenere la nomination Repubblicana. DeSantis per ora non si è candidato formalmente, ma è molto probabile che lo farà nei prossimi mesi.

I due sarebbero alleati molto stretti, ma quando un paio di mesi fa Trump ha parlato di “Ron DeSanctimonious” (“sanctimonious” significa ipocrita), è diventato chiaro che ormai vede in DeSantis un avversario. Secondo il New York Times, di recente Trump «ha trascorso settimane cercando di attirare DeSantis in uno scontro provocandolo con nomignoli sgarbati come “Ron DeSanctimonious”».

Sempre secondo il New York Times e altre testate come Bloomberg, Trump e il suo team sarebbero molto concentrati su DeSantis e starebbero testando numerosi nomignoli per lui. Trump ne scrive soprattutto sul suo social network Truth, che usa da quando è stato cacciato da Twitter (è stato poi riammesso, ma non ha ripreso a utilizzarlo).

Tra i nomignoli più notevoli ci sarebbero “Ron DeEstablishment”, “Ron DisHonest”, “Shutdown Ron” (in riferimento alle politiche di “shutdown”, cioè di chiusura, adottate da DeSantis nelle prime fasi della pandemia). Si è perfino parlato di “Tiny D”, un nomignolo che attaccherebbe il fatto che DeSantis porta spesso scarpe con tacchi relativamente alti, ma che sarebbe anche un possibile insulto sessuale (“tiny” significa piccolo, minuscolo, e la D può essere sia un riferimento all’iniziale di DeSantis sia un riferimento non tanto velato a una delle parole inglesi per pene, cioè “dick”).

Uno dei nomignoli più ridicoli e insultanti – “Meatball Ron”, che significa “Ron Polpetta” ed è un riferimento sia alle sue origini italoamericane sia al fatto che effettivamente DeSantis appare spesso gonfio e arrossato – Trump l’ha furbescamente utilizzato in una smentita, cioè in un post su Truth in cui ha detto che non avrebbe mai chiamato DeSantis “Ron Polpetta”.

Per Trump i nomignoli sono molto utili sia perché quando funzionano contribuiscono a influenzare il giudizio dell’elettorato sia perché costringono chi ne è vittima a rispondere e a entrare in una battaglia di insulti infantili in cui Trump si trova molto spesso a proprio agio. Inoltre, come è piuttosto evidente, attirano l’attenzione dei media.

C’è anzi chi ritiene che Trump abbia riadattato l’abitudine di affibbiare nomignoli proprio dai media americani, che nel passato ne hanno fatto largo uso, soprattutto nella stampa popolare e scandalistica. Harry Truman, presidente dal 1945 al 1953, veniva chiamato dai media “High Tax Harry” (“Harry Tasse Alte”) o “Little Harry”. Richard Nixon, presidente tra il 1969 e il 1974, era chiamato “Tricky Dick” (“tricky” significa scaltro, e Dick è anche il diminutivo di Richard).