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  • Mercoledì 8 marzo 2023

Gli statunitensi che vanno a curarsi in Messico

I quattro cittadini americani rapiti a Matamoros erano lì per un intervento di chirurgia estetica: il turismo medico è un settore in forte espansione

Un'ambulanza alla frontiera di Brownsville-Matamoros (Miguel Roberts/The Brownsville Herald via AP)
Un'ambulanza alla frontiera di Brownsville-Matamoros (Miguel Roberts/The Brownsville Herald via AP)
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I quattro cittadini statunitensi rapiti venerdì in Messico avevano attraversato il confine per un intervento di chirurgia estetica programmato da una di loro a Matamoros, città a pochi chilometri dalla frontiera col Texas. Sono stati ritrovati martedì: due erano morti, gli altri due sono stati rimpatriati, uno con varie ferite da arma da fuoco. La regione dove è avvenuto il rapimento, Tamaulipas, è considerata fra le più pericolose del Messico. Latavia “Tay” Washington McGee, 33 anni, aveva comunque deciso di andare a Matamoros per una addominoplastica, cioè la riduzione per via chirurgica del grasso addominale.

Il turismo medico dagli Stati Uniti al Messico è piuttosto comune: si stima che quasi un milione di americani ogni anno attraversino il confine per cure mediche o approvvigionamento di medicinali. È un fenomeno che esiste anche in Europa (specie verso il paesi dell’est o la Turchia), ma gli alti costi delle cure mediche statunitensi lo rendono particolarmente comune in Nord America. Fra le destinazioni principali del turismo medico nel mondo ci sono infatti Canada e Messico: secondo le stime di Patients Beyond Borders, una guida specializzata, i pazienti stranieri che ricorrono a cure a pagamento in Messico sono fra 1,5 e i 3 milioni ogni anno.

I quattro americani erano arrivati dal South Carolina, avevano attraversato in auto la frontiera dalla città di Brownsville, in Texas, e avevano un appuntamento per l’addominoplastica di Washington McGee fissato per venerdì a Matamoros, città da 500.000 abitanti appena oltre il confine.

Città del Messico, Cancun e Tijuana sono le destinazioni del turismo medico più frequenti, ma negli ultimi anni stanno sorgendo molte cliniche specializzate nei centri appena oltre il confine, sia in Tamaulipas che in Baja California, a pochi minuti di auto da San Diego. Alcune di queste zone sono però anche le più pericolose del Messico, ampiamente controllate dai narcotrafficanti.

Nel caso specifico non è chiaro cosa abbia portato al rapimento o all’attacco dei quattro cittadini statunitensi, un evento molto inusuale. Potrebbero essere stati oggetto di uno scambio di persona o potrebbero essere finiti in mezzo a una sparatoria fra gruppi rivali: dalle informazioni diffuse finora si sa che durante il rapimento è stata uccisa anche una donna messicana di 33 anni.

Le autorità statunitensi avvertono da tempo dei rischi del turismo medico: oltre alla sicurezza dei trasferimenti in zone considerate pericolose, ci sono quelli più strettamente legati alle cure, come possibili infezioni, problemi di comunicazione, impossibilità di svolgere visite di controllo successive alle operazioni, standard medici non sempre certificabili a distanza, viaggi aerei post-operatori che possono aumentare i rischi di trombosi.

Le cliniche messicane, ma anche canadesi, centroamericane e del sudest asiatico restano però destinazioni molto popolari per i pazienti statunitensi: il motivo principale sono i costi notevolmente più bassi, anche inferiori del 40-60 per cento rispetto a quelli previsti negli Stati Uniti.

Fra gli altri ci sono le lunghe liste d’attesa per alcuni tipi di interventi che si potrebbero svolgere all’interno del sistema sanitario statunitense, sebbene a prezzi più alti, ma anche il ricorso a cure non approvate negli Stati Uniti, oltre che la ricerca di medici che parlino spagnolo (in Messico e Centroamerica) per i pazienti di origine latinoamericana. Il trend era in forte crescita prima della pandemia da coronavirus: secondo uno studio dell’American Journal of Medicine nel 2017 gli americani che si erano andati a curare all’estero erano già oltre un milione. Il settore del turismo medico ha subito un’ulteriore crescita dopo la fine delle limitazioni per il Covid.

Una farmacia di Tijuana, in Messico (Photo by Sandy Huffaker/Getty Images)

I pazienti attraversano il confine principalmente per cure dentistiche, interventi chirurgici, interventi di chirurgia estetica, trattamenti di fecondazione assistita, trapianti di organi e tessuti, cure per il cancro (non sempre disponibili negli Stati Uniti). In Messico la gran parte dell’offerta è costituita da cliniche per cure dentistiche e chirurgia estetica: soprattutto nel secondo caso sono interventi che negli Stati Uniti non sono coperti nemmeno per i pazienti con un’assicurazione sanitaria. In Messico hanno costi di molto minori e nella maggior parte dei casi si trovano standard medici simili.

Gli interventi di chirurgia estetica possono costare anche migliaia di dollari: i pazienti sono stimolati a cercare migliori offerte all’estero, anche se ciò implica un viaggio non sempre agevole.

Per molti statunitensi che abitano vicino alla frontiera esiste inoltre un turismo medico di prossimità: alcune zone del Texas, come la Rio Grande Valley, sono aree in cui l’offerta di medicina specialistica è molto ridotta o inesistente, con i rapporti più alti fra il numero dei pazienti potenziali e quello dei medici e con tassi di obesità e diabete oltre la media.

L’offerta di cliniche mediche, anche di alto livello, è in forte crescita in Messico e in particolare nelle regioni più vicine agli Stati Uniti: a Matamoros negli ultimi anni sono sorti soprattutto centri per cure odontoiatriche. Di pari passo si è sviluppato il settore alberghiero, con hotel destinati a ospitare proprio questo genere di clienti. Il giro d’affari del turismo medico nel mondo è attualmente stimato intorno ai 12 miliardi di dollari, ma secondo alcuni studi di settore potrebbe crescere fino a 36 miliardi nei prossimi 10 anni, entro il 2032.

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