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  • Mercoledì 8 marzo 2023

La fiera di libri per ragazzi a cui non sono ammessi i ragazzi

La Bologna Children's Book Fair, solo per addetti ai lavori, è il più importante incontro mondiale dell'editoria per l'infanzia

di Ludovica Lugli

Libri esposti appesi alla Bologna Children's Book Fair, il 6 marzo 2023 (Bologna Children's Book Fair)
Libri esposti appesi alla Bologna Children's Book Fair, il 6 marzo 2023 (Bologna Children's Book Fair)

Sono sessant’anni che a Bologna si tiene la fiera di libri per bambini, ragazzi e adolescenti più importante del mondo. Si chiama “Bologna Children’s Book Fair” e l’edizione di quest’anno è iniziata lunedì 6 marzo e durerà fino a giovedì 9. Il fatto che si svolga nei giorni feriali non è un caso: sebbene sia una manifestazione in cui 1.456 editori e stampatori di tutto il mondo espongono libri scritti (e in molti casi illustrati) per persone da 0 a 20 anni suppergiù, l’accesso è riservato solo agli addetti ai lavori.

«È una fiera effettivamente abbastanza strana per chi non è del mestiere», racconta Francesca Archinto, direttrice editoriale di Babalibri, una casa editrice italo-francese che pubblica albi illustrati, giochi e narrativa per i bambini che hanno imparato a leggere da poco: «È una fiera cosiddetta B2B, cioè non si viene qui per incontrare e vendere libri alle famiglie e ai bambini, ma soprattutto per incontrarsi tra editori».

O nelle parole di Elena Pasoli, da 23 anni a capo dell’organizzazione della Bologna Children’s Book Fair: «Qui è dove gli adulti preparano i libri, i “gioielli” che andranno poi nelle mani dei bambini». Per questo per acquistare un biglietto d’ingresso bisogna dichiarare di lavorare nel settore e il sito della fiera dice espressamente che l’accesso è vietato ai minori di 18 anni.

La fiera di libri più conosciuta in Italia è il Salone del Libro di Torino, che invece è destinata principalmente ai lettori. Di fatto è una specie di enorme libreria che viene messa in piedi ogni anno per qualche giorno, offrendo inoltre la possibilità di vedere e ascoltare dal vivo tanti scrittori che presentano le proprie uscite. Per le case editrici è una importante occasione per vendere libri senza intermediari.

La fiera di Bologna somiglia di più ad altre due importanti fiere editoriali europee, quella di Francoforte, che si tiene a ottobre, e quella di Londra, ad aprile: come queste è un ritrovo internazionale per fare affari editoriali, e quindi fare proposte di vendita o acquisto di diritti di pubblicazione di un libro straniero, per incontrare faccia a faccia persone con cui si è parlato solo via email o videochiamate, e per creare i presupposti per eventuali collaborazioni future. Nei mesi precedenti alla fiera gli editor delle case editrici e gli agenti letterari che rappresentano gli autori prendono una lunga serie di appuntamenti – dal 2020 possono farlo con una piattaforma online della stessa fiera, Global Rights Exchange – e nelle giornate a Bologna sono impegnatissimi. Spesso gli incontri durano solo 15 minuti perché ci sia tempo per tutti.

Molti editori non hanno un vero e proprio stand alla Bologna Children’s Book Fair, ma solo un tavolo per appuntamenti con altri professionisti del settore: alla fiera di quest’anno è il caso ad esempio di HarperCollins Italia, entrata nel settore dell’editoria per l’infanzia da poco (Il Post)

Per fare un esempio, fu alla fiera di Bologna che nell’aprile del 1997 Arthur A. Levine, vicepresidente della casa editrice americana Scholastic, ricevette da Elinor Bagenal, della britannica Bloomsbury Children’s Books, la bozza di Harry Potter e la pietra filosofale, il primo dei romanzi della saga di J.K. Rowling, due mesi prima dell’uscita del libro nel Regno Unito. «È un fantasy», disse Bagenal a Levine, secondo i suoi ricordi, mettendo le mani avanti nel presentarglielo, «e so che non si legge tanto fantasy». Levine poi lesse il romanzo in aereo, tornando negli Stati Uniti, e subito dopo averlo finito decise di comprarne i diritti.

Il 1997 fu la prima volta della Bloomsbury Children’s Books, che come marchio editoriale per ragazzi esisteva solo da qualche anno, alla fiera di Bologna. I suoi due rappresentanti – oltre a Bagenal c’era Barry Cunningham, il primo editor a comprare Harry Potter – non avevano nemmeno un proprio stand: per gli appuntamenti «Walker Books mi diede una sedia», raccontò Cunningham in un’intervista per un libro celebrativo per i 50 anni della Bologna Children’s Book Fair, «e la adorabile Barefoot Books mise a disposizione di Elinor un divanetto», mentre Gallimard, la più importante casa editrice francese, «si era offerta di tenere d’occhio la voluminosa cartella» che conteneva Harry Potter.

La fiera dell’editoria di Bologna è l’unica internazionale e specializzata. «Francoforte e Londra hanno delle sezioni per ragazzi piccolissime rispetto a quello che si trova Bologna», dice Pasoli. Come nelle altre fiere internazionali a Bologna ci sono anche gli scout letterari, che si potrebbero descrivere come gli agenti di intelligence del mondo editoriale: si occupano di scoprire quali libri stanno per uscire nei diversi paesi del mondo, capire chi è interessato a pubblicarli e perché, in quali paesi sono stati venduti e dove no, e al contempo cercano di farsi un’idea delle loro possibilità di successo leggendoli per intero o solo in parte. Poi ridistribuiscono queste informazioni ad agenti, editori e anche produttori televisivi e cinematografici con cui lavorano.

«Il nostro lavoro è capire cosa è interessante, cosa ha potenziale internazionale per chi vende i diritti», spiegano Mathilde Rimbert e Florence Lacy della London Literary Scouting, una delle agenzie di scout più importanti del mondo, «e fare una triangolazione con il tipo di libri che cercano i nostri clienti e con le nostre opinioni sui libri di cui si parla. Cerchiamo di capire cosa può funzionare e cosa no per ciascun editore e ciascun paese. E dobbiamo capirlo prima della fiera per arrivarci preparate». Le giornate in fiera sono molto concitate e stressanti, ma a Bologna meno che a Francoforte e a Londra, anche perché il mondo dell’editoria per ragazzi è più piccolo e tanti si conoscono già.

Il Rights Centre della Bologna Children’s Book Fair, cioè le corsie di tavoli dove editori, agenti e scout si danno appuntamento per parlare di diritti di libri in vendita (Il Post)

In altri paesi europei ci sono tradizioni di scrittura, illustrazione e lettura di libri per ragazzi più radicate rispetto all’Italia, eppure la fiera internazionale più importante del settore si svolge qui per via di una lunga storia, che inizia negli anni Cinquanta.

All’epoca la fiera di Francoforte c’era già ma Renato Giunti, l’editore fondatore del gruppo editoriale che porta il suo nome, riteneva che lo spazio che dedicava ai libri per ragazzi fosse troppo ridotto, sacrificato. Inizialmente provò a far organizzare una fiera dedicata a questo settore dell’editoria a Firenze, sede della sua azienda ma anche del Centro didattico nazionale, tuttora un importante istituto di studi di pedagogia. «Firenze però non aveva una vocazione fieristica», racconta Pasoli, «a differenza di Bologna – per quanto allora il quartiere fieristico della città non ci fosse ancora – che aveva a sua volta una tradizione pedagogica importante». Proprio l’Università di Bologna è peraltro la prima università italiana ad avere avuto una cattedra di Storia della letteratura per l’infanzia.

L’allora direttore dell’Ente Autonomo della Fiera di Bologna (oggi Bolognafiere) fu convinto ad andare a vedere come si svolgeva la fiera di Francoforte e poi a organizzarne una simile. Fin dall’inizio lavorò all’organizzazione Carla Poesio, insegnante e studiosa di letteratura per l’infanzia, che dal Centro didattico nazionale si spostò a Bologna e poi fu consulente della fiera fino alla morte nel 2017. E fin dall’inizio la fiera fu internazionale, sebbene «a quel tempo non ci fosse ancora l’aeroporto, ma solo una pista militare», continua sempre Pasoli. «Eppure fin dalla prima edizione nel 1964 ci furono gli editori americani e già dalla seconda i giapponesi, oltre a tutti gli europei».

Questo aspetto internazionale è evidentissimo passeggiando per la fiera, soprattutto nel padiglione dove si concentrano gli stand degli editori stranieri: si sentono continuamente persone che parlano in lingue diverse, tedesco, olandese, coreano, giapponese, cinese e via dicendo.

Libri dell’editore sudcoreano Mind Bridge esposti alla Bologna Children’s Book Fair. Il bestseller dell’editore è quello in alto a sinistra, il cui titolo si potrebbe tradurre come “Un giorno difficile per fare la cacca” e parla di un lungo viaggio in macchina reso complicato dalla difficoltà di trovare un bagno accessibile alle persone disabili; anche in Europa i libri che parlano di cacca hanno un grande successo tra bambini e genitori (Il Post)

«Passeggiare per i corridoi è l’unico modo per conoscere nuovi editori stranieri», racconta Archinto. Anche se con internet è possibile scoprire dal proprio ufficio che libri si leggono in altre parti del mondo, le fiere internazionali continuano infatti a essere importanti: «Non è così facile cercare editori indiani, ad esempio, o australiani, online. Si perde un sacco di tempo. Invece, stamattina ho avuto un appuntamento con un’editrice australiana, poi tornando allo stand di Babalibri ho visto una copertina che mi interessava, ho tirato giù il nome dell’editore, e quando tornerò in ufficio guarderò il suo catalogo e nel caso lo contatterò».

Così possono nascere tanti nuovi libri. «L’editrice australiana mi ha proposto un libro di un’illustratrice giapponese. Le ho chiesto come l’avesse conosciuta e mi ha detto che si erano incontrate a Bologna, quando l’illustratrice era andata a presentarle il suo portfolio. Ora lavorano tantissimo insieme. Per fare un altro esempio, anni fa ho comprato da un editore coreano un libro, Nasi neri, i cui testi sono di un autore coreano, mentre le illustrazioni di un italiano, Emanuele Bertossi. A Bologna Bertossi aveva incontrato l’editore coreano, BookGoodCome, si erano piaciuti e avevano cominciato a lavorare insieme».

La Bologna Children’s Book Fair è molto frequentata dagli illustratori, in particolare giovani e ancora agli inizi della propria carriera: oltre ad avere la possibilità di prendere appuntamenti con editori di varie parti del mondo a cui presentare i propri progetti, possono sottoporre il proprio portfolio, cioè la raccolta dei propri lavori, a esperti del settore, come illustratori affermati, durante le cosiddette portfolio review organizzate dalla fiera stessa. In generale l’organizzazione dà tantissimo spazio al mondo dell’illustrazione, che è una parte fondamentale dell’editoria per l’infanzia, e all’interno della fiera si possono visitare mostre tematiche, che servono a esporre le tendenze più recenti ma anche a far conoscere meglio il lavoro di certi artisti.

In questo senso la più importante è la storica Mostra Illustratori, in cui sono raccolti i lavori più meritevoli di attenzione di illustratori emergenti di tutto il mondo, secondo una giuria di esperti. Quest’anno i candidati erano 4.345 da 91 paesi e regioni del mondo, e ne sono stati selezionati 80 (qui si può vedere una parte delle illustrazioni). Lorenzo Sangiò, italiano di 29 anni e autore di vari albi illustrati, è uno di loro: «La mia prima fiera di Bologna è stata nel 2016, mi ero appena appena avvicinato all’illustrazione per bambini ed era come essere un pesciolino in una vasca di squali: vedevo che tutti si salutavano e chiacchieravano come amici e speravo che sarebbe diventato così per me anche in futuro».

In passato, alla fiera, Sangiò ha potuto ricevere dei riscontri sul proprio lavoro e scoprire una scuola di illustrazione che poi ha frequentato. Ora alcune sue illustrazioni andranno in giro per il mondo, a partire dal Giappone, con la Mostra Illustratori, che è un importante riconoscimento: «È un’enorme pubblicità, perché tutto il mondo dell’editoria guarda i selezionati. Mi sono arrivate varie richieste di appuntamento con editori appena dopo l’annuncio pubblico della selezione».

La fiera dà anche una piccola possibilità di visibilità agli aspiranti illustratori: a fianco della Mostra Illustratori mette a disposizione varie pareti bianche perché ci si possano attaccare stampe e biglietti da visita. I primi a entrare al mattino alla fiera sono infatti i giovani illustratori che si fiondano verso queste pareti per trovare un buon posto per il proprio lavoro, anche se è difficile venir notati in mezzo a tantissime immagini diverse. «Noi lo chiamiamo “il muro del pianto”», scherza Sangiò, «però per qualcuno ha funzionato: ho una cara amica, Chiara Ficarelli, che mettendoci una cartolina è stata contattata da una casa editrice, Pulce, e ora ci lavora da due anni e ci ha pubblicato tre libri».

Due giovani illustratrici attaccano propri lavori su uno dei muri lasciati a disposizione a questo scopo dalla Bologna Children’s Book Fair (Il Post)

Oltre alle persone che lavorano nelle case editrici e agli illustratori, partecipano alla Bologna Children’s Book Fair librai, bibliotecari e insegnanti italiani. Per questo, girando tra i corridoi tra gli espositori, in particolare quelli italiani, si può avere l’impressione di essere a una fiera in cui si comprano singoli libri (qualche stand in effetti lo fa, anche se tecnicamente non si potrebbe).

Tolte le vendite eccezionali comunque le case editrici possono sfruttare la fiera per presentare a chi legge libri ai bambini o li vende ai loro genitori le proprie novità. L’Associazione Librai Italiani (ALI) organizza dei tour per librai dei vari stand, in cui si svolgono brevi presentazioni del catalogo o delle novità in uscita nei mesi successivi.

Per creare opportunità di parlare di libri anche con i bambini, la fiera organizza eventi e mostre parallele nel centro della città.

Molti editori comunque hanno stand simili a quelli di fiere come il Salone del Libro di Torino, molto frequentati da insegnanti, bibliotecari e librai: è il caso ad esempio di Orecchio Acerbo, casa editrice specializzata in albi illustrati (Il Post)

Come ogni anno e come in ogni fiera dell’editoria, anche quest’anno c’erano libri i cui diritti sono (o erano) ancora in vendita per molti paesi di cui si è parlato in modo particolare perché si ritiene che possano avere successo. Per la London Literary Scouting sono tutti e quattro fantasy scritti da autrici britanniche, per lo più rivolti a un pubblico di adolescenti, cioè in gergo tecnico YA, da “young adult”, “giovani adulti”.

«La cosa interessante è che però molti dei nostri clienti cercavano libri “middle grade”, per ragazzi più giovani, e praticamente non ce n’erano», racconta Rimbert: «Credo che sia per via dell’influenza di TikTok: i libri di cui si parla lì sono YA, sul BookTok funzionano i fantasy e i romance di quel tipo». Lacy aggiunge: «Le tendenze editoriali sono come una reazione a catena: dato che l’anno scorso si cercavano libri che funzionassero su TikTok, ora ce n’è una grande offerta, mentre ci sono meno titoli middle grade. Un po’ sono gli agenti che li spingono meno e se qualcuno è interessato propongono soprattutto libri pubblicati in passato ma non ancora usciti in tutti i paesi».

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