Papa Francesco ha abolito i privilegi di chi vive nelle case del Vaticano

Per anni appartamenti in zone prestigiose di Roma erano stati dati in affitto con canoni irrisori, a volte anche gratuitamente

Via della Conciliazione a Roma
(ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
Via della Conciliazione a Roma (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
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Papa Francesco ha deciso di far pagare affitti più alti a tutti gli inquilini di case che sono di proprietà dell’APSA, l’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica. Questo significa che d’ora in poi sacerdoti, cardinali ma anche politici, giornalisti, dirigenti statali e persone con conoscenze in Vaticano non potranno più stare in quelle case gratuitamente o con canoni irrisori, come accaduto fin qui. Peraltro molte delle case si trovano in zone prestigiose di Roma, adiacenti al Vaticano come Borgo Pio, dove le quotazioni di mercato sono decisamente alte.

La decisione del papa è contenuta in un rescriptum ex audientia, ossia una risposta scritta su questioni di attinenza giuridica. In particolare il rescriptum in questione è stato firmato dal prefetto della segreteria per l’Economia del Vaticano, Maximino Caballero Ledo, che papa Francesco ha nominato pochi giorni fa membro della Commissione materie riservate. La commissione, istituita nel 2020, è quella che ha il compito di vigilare sui contratti stipulati dalla Segreteria di Stato e stabilire su quali atti di natura economica è opportuno mantenere la riservatezza.

Il rescriptum verrà consegnato a tutti gli inquilini degli appartamenti di proprietà del Vaticano o di proprietà di enti che fanno diretto riferimento al Vaticano. Nel frattempo è stato già consegnato ad alcuni importanti prelati ed è affisso nel cortile di San Damaso, vicino al Palazzo Apostolico.

Nel rescriptum Caballero Ledo ha scritto che «per far fronte agli impegni crescenti che l’adempimento al servizio della Chiesa Universale e ai bisognosi richiede in un contesto economico quale quello attuale, di particolare gravità» papa Francesco gli «ha manifestato la necessità che tutti facciano un sacrificio straordinario per destinare maggiori risorse alla missione della Santa Sede, anche incrementando i ricavi della gestione del patrimonio immobiliare». 

E quindi il documento prosegue specificando che il papa ha disposto:

l’abrogazione di tutte le disposizioni, da chiunque e in qualunque tempo emanate, che consentano o dispongano il godimento a Cardinali, Capi Dicastero, Presidenti, Segretari, Sottosegretari, Dirigenti, Uditori ed equiparati, del Tribunale della Rota Romana, degli immobili di proprietà delle Istituzioni Curiali e degli Enti che fanno riferimento alla Santa Sede inclusi nella lista allegata allo Statuto del Consiglio per l’Economia comprese le Domus, gratuitamente o a condizione di particolare favore.

Nel documento non c’è nessun accenno a sfratti: i contratti verranno man mano adeguati. Inoltre è spiegato che verranno eliminati anche i cosiddetti “contributi per gli alloggi”, cioè contributi che vengono erogati per pagare l’affitto. Il documento stabilisce che «Gli Enti proprietari degli immobili dovranno pertanto praticare al soggetto di cui sopra i prezzi normalmente applicati nei confronti di quanti siano privi di incarichi di qualsiasi tipo nella Santa Sede e nello Stato della Città del Vaticano». È anche specificato che eventuali deroghe dovranno essere autorizzate da «Egli», cioè dal papa.

Il patrimonio immobiliare della Santa Sede comprende oltre 5mila immobili, di cui circa 4mila in Italia. Di questi, il 92 per cento è nella provincia di Roma, il 2 per cento tra Viterbo, Rieti e Frosinone, il 6 per cento fuori dal Lazio. La maggior parte comunque si trova nella zona del Vaticano. Gli immobili all’estero sono invece circa 1.200 e si trovano tra Londra, Parigi, Ginevra e Losanna.

Parlando con l’Huffington Post, il presidente dell’APSA Nunzio Galantino ha detto che il 14 per cento degli immobili è destinato al mercato libero, mentre l’86 per cento «è funzionale alle necessità istituzionali e/o per dipendenti e pensionati della Curia romana». Galantino divide gli immobili in quattro grandi categorie: «Libero mercato (immobili con canoni di mercato); Canone agevolato (immobili destinati ai dipendenti e/o pensionati vaticani a canoni agevolati); Canone nullo (immobili in uso a Dicasteri, alti prelati, ordini religiosi […] in regime di gratuità); altri immobili emersi dal censimento immobiliare, oggetto di approfondimento».

Sempre secondo cifre fornite da Galantino, il patrimonio immobiliare del Vaticano rappresenta in totale una superficie commerciale di circa 1,5 milioni di metri quadrati. Per l’anno d’imposta 2021 l’APSA aveva versato 5,83 milioni di euro di IMU, l’imposta sui patrimoni immobiliari, e 2,57 milioni di euro di IRES, l’imposta sui profitti delle società.

Dopo la decisione di papa Francesco tutti coloro che abitano in case di proprietà del Vaticano o di enti collegati quindi dovranno pagare affitti più alti, anche se ancora non è chiaro se saranno allo stesso livello dei prezzi di mercato. La questione del patrimonio immobiliare del Vaticano è al centro delle cronache da molti anni, almeno da quando uscì il libro Avarizia del giornalista Emiliano Fittipaldi, in cui si parlava tra l’altro del vasto attico romano in cui viveva il cardinale Tarcisio Bertone, ex Segretario di Stato, e dove erano stati fatti lavori di ristrutturazione con fondi dell’ospedale pediatrico vaticano Bambino Gesù.

In Vaticano, secondo quanto ha scritto proprio Fittipaldi su Domani, la decisione di papa Francesco ha suscitato reazioni controverse, in particolare è stato notato il fatto che il papa abbia deciso di far passare le deroghe attraverso la sua personale autorizzazione. Parlando con Domani, un sacerdote che ha preferito rimanere anonimo ha detto: «In Vaticano noi viviamo dentro case che sicuramente non possono essere affittate a soggetti esterni, essendo dentro la città santa. Spesso poi abitiamo insieme a due o tre suore. Si rischia dunque che noi e loro si debba andare via, ma che poi gli appartamenti restino inutilizzati».