Le accuse di razzismo contro il creatore del fumetto Dilbert

Per via di alcune sue affermazioni sulle persone nere: centinaia di giornali hanno deciso di non pubblicare più la striscia

Scott Adams, l'ideatore di Dilbert (AP Photo/Marcio Jose Sanchez, File)
Scott Adams, l'ideatore di Dilbert (AP Photo/Marcio Jose Sanchez, File)
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Negli Stati Uniti è in corso una grossa polemica che riguarda il creatore della popolare striscia a fumetti Dilbert, Scott Adams, per alcune sue affermazioni ritenute razziste e inaccettabili fatte sul suo canale YouTube. Tra le altre cose, Adams ha definito le persone nere un «gruppo d’odio» e sostenuto che i bianchi dovrebbero «starsene alla larga» dai neri. La reazione è stata immediata, e nel giro di pochi giorni diverse centinaia di giornali e periodici hanno deciso di sospendere la pubblicazione di Dilbert.

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Adams ideò la striscia umoristica Dilbert nel 1989: ritraeva le avventure in ufficio dell’omonimo protagonista, dei suoi colleghi e del suo cane Dogbert. Fin dalla sua creazione la striscia ironizzava in modo molto efficace su temi familiari a un pubblico estremamente vasto negli Stati Uniti (la vita in ufficio, il mondo del lavoro e delle aziende), motivo per cui la striscia divenne popolarissima. Nel corso degli anni è apparsa su migliaia di giornali e riviste (in Italia su Linus), e tra il 1999 e il 2000 ne fu creata anche una serie animata.

Lo scandalo di questi giorni sulle dichiarazioni di Adams non è particolarmente sorprendente: da anni l’autore, che ha 65 anni, su vari temi assume posizioni vicine all’ideologia di estrema destra e a teorie cospirazioniste. Cominciò a farlo soprattutto dal 2016, anno in cui sostenne l’ex presidente Repubblicano Donald Trump, diventando via via sempre più estremista.

Nel 2020, per esempio, disse che per il fatto di essere bianco vent’anni prima era stato penalizzato dalla rete televisiva UPN che aveva deciso di sospendere la trasmissione della serie animata e prediligere un’audience prevalentemente afroamericana. Adams aggiunse che era «il terzo lavoro che perdeva perché era bianco». A gennaio dell’anno scorso aveva invece detto di volersi «identificare come una donna nera», sempre per non perdere opportunità lavorative. In altre occasioni si è espresso contro i vaccini per il coronavirus, e ha sostenuto che agli americani fosse stato fatto «il lavaggio del cervello» per sostenere l’Ucraina nel corso dell’invasione russa.

Già in passato alcuni giornali avevano deciso di sospendere la pubblicazione delle strisce a seguito di alcune sue affermazioni nei confronti delle minoranze. «Scott Adams è una disgrazia», ha commentato il fumettista afroamericano Darrin Bell, creatore della striscia Candorville e la prima persona afroamericana ad aver vinto un premio Pulitzer per le vignette pubblicate sui giornali.

I commenti di Adams che hanno dato origine alla polemica di questi giorni risalgono a mercoledì scorso: Real Coffee with Scott Adams, il canale su cui li ha fatti, è quello su cui ogni giorno fa una diretta per i suoi oltre 120mila follower in cui commenta l’attualità. Nello specifico, Adams aveva commentato un sondaggio circolato su Twitter e pubblicato dalla società di sondaggi americana Rasmussen in cui si diceva che all’affermazione «Essere bianchi è ok» il 56 per cento delle persone nere si era detta d’accordo e il 26 per cento in disaccordo.

Sia la società che il sondaggio sono ritenuti discutibili: Rasmussen è stata in più occasioni criticata perché non ritenuta accurata e affidabile. Inoltre, ha detto al Guardian l’ong statunitense Anti-Defamation League, che si occupa di diritti civili e lotta al pregiudizio, l’affermazione di partenza – «Essere bianchi è ok» – era nata come forma di trolling (nel gergo di internet, contenuti che sviano di proposito le discussioni, spesso con contenuti provocatori e paradossali) in un forum di discussione, per poi essere stata adottata soprattutto nell’ambiente del suprematismo bianco.

Prendendo spunto da questo sondaggio, comunque, Adams ha iniziato un caotico discorso sui rapporti tra neri e bianchi, dicendo che «se a quasi la metà di tutti i neri non piacciono i bianchi… allora [i neri] sono un gruppo d’odio». E ha aggiunto: «Non voglio avere nulla a che fare con loro. E direi che, visto come stanno andando le cose, il miglior consiglio che darei ai bianchi è quello di starsene alla larga dai neri… perché non c’è rimedio». Adams si è inoltre detto «stufo» di vedere «video di americani neri che picchiano cittadini non neri».

Le reazioni alle sue affermazioni sono state immediate, prima sui social network e poi sui giornali, anche a seguito delle pressioni ricevute dai lettori per la sospensione delle strisce di Dilbert. Negli Stati Uniti sono distribuite dalla Andrews McMeel Syndication, società che ne ha la licenza e che le distribuisce ai giornali che le pubblicano.

Nel corso del fine settimana i giornali che hanno deciso di interrompere la pubblicazione delle strisce sono stati centinaia. Lo ha fatto USA Today Network, rete di giornali e siti di news posseduta dalla Gannett, il più grande editore di giornali degli Stati Uniti. USA Today Network comprende oltre 300 pubblicazioni su tutto il territorio nazionale tra cui USA Today, il quotidiano a maggior diffusione degli Stati Uniti. La rete ha dichiarato di voler sospendere la pubblicazione delle strisce «a causa dei commenti discriminatori del loro autore».

Ha fatto lo stesso il Washington Post: un portavoce sabato ha detto che le parole di Adams «promuovono la segregazione». Tra gli altri, anche il Los Angeles Times si è unito alla decisione, sostenendo che era da tempo che ogni tanto ripubblicava le strisce di Dilbert passate perché quelle nuove non «soddisfacevano gli standard» del giornale.

Adams nel frattempo sabato ha pubblicato un nuovo video sul suo canale YouTube, in cui ha difeso le sue dichiarazioni e si è lamentato per la perdita di guadagni che la polemica in corso gli causerà.