La storia di Lidia Poët, la prima avvocata italiana

È uscita una serie di Netflix su di lei, il Post ne aveva parlato nel numero di “Cose spiegate bene” dedicato alla giustizia

L'attrice Matilda De Angelis nei panni di Lidia Poët (Lucia Iuorio/Netflix © 2023 via ANSA)
L'attrice Matilda De Angelis nei panni di Lidia Poët (Lucia Iuorio/Netflix © 2023 via ANSA)
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A febbraio è uscita su Netflix La legge di Lidia Poët, serie che racconta la storia di Lidia Poët, la prima avvocata italiana, vissuta dal 1855 al 1949. Il Post ne aveva parlato nel quarto numero di Cose spiegate bene, intitolato E giustizia per tutti e dedicato al funzionamento della giustizia in Italia. Come i precedenti numeri, anche questo è stato pubblicato dall’editore Iperborea.

È stata la prima avvocata italiana. Il 9 agosto 1883, dopo lunghe polemiche e discussioni, l’Ordine degli avvocati di Torino accettò la sua iscrizione con un voto a maggioranza, di otto favorevoli e quattro contrari. La vittoria, però, durò poco.

Il Procuratore generale del Regno d’Italia presentò appello, sostenendo che la professione di avvocato fosse un pubblico ufficio e che per questo fosse vietata alle donne, e la Corte d’appello di Torino gli diede ragione e cancellò l’iscrizione, dicendo che: «Sarebbe disdicevole e brutto vedere le donne discendere nella forense palestra, agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano e nelle quali anche, loro malgrado, potrebbero esser tratte oltre ai limiti che al sesso più genti le si conviene osservare.» E poi che «le quali (donne, N.d.R.) avranno pure a riflettere se sarebbe veramente un progresso e una conquista per loro quello di poter mettersi in concorrenza con gli uomini, di andarsene confuse tra essi, di divenirne uguali anziché le compagne, siccome la provvidenza le ha destinate».

Lidia Poët presentò ricorso alla Corte di cassazione ma perse. Continuò a esercitare la professione in maniera quasi clandestina, lavorando presso lo studio legale del fratello e battendosi in favore dei diritti delle donne. Il Parlamento italiano approvò la legge che permise alle donne di accedere agli uffici pubblici nel 1919.

La legge di Lidia Poët è uscita su Netflix il 15 febbraio: è diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire ed è stata prodotta col sostegno di Film Commission Torino Piemonte e il patrocinio della città di Torino, in cui è interamente girata: la protagonista è interpretata dall’attrice Matilda De Angelis. Per ora è uscita la prima stagione (e non ci sono notizie di una eventuale seconda stagione) ed è suddivisa in sei episodi.

Benché la serie sia stata molto apprezzata dal pubblico, è stata invece duramente criticata dai familiari di Poët. Ad esprimere queste critiche è stata in particolare la pronipote di Poët, Marilena Jahier Togliatto: in un’intervista data a La Stampa, Jahier Togliatto ha detto di aver visto una sola puntata della serie e di averla successivamente abbandonata «per sdegno».

La pronipote di Poët, che ha 75 anni, ritiene troppo volgare la rappresentazione della sua antenata: ha criticato una scena di sesso all’inizio della prima puntata, in cui Poët è ritratta a letto insieme al suo amante, e il linguaggio in cui «scade» in alcuni punti della serie. Secondo Jahier Togliatto, quel tipo di comportamento e linguaggio non sono verosimili per una donna dell’Ottocento, e finiscono per dare un’immagine che lei ritiene indecorosa di «un personaggio che tanto bene ha fatto alla storia dell’emancipazione femminile». Anche un altro discendente di Lidia Poët, Valdo Poët, 82 anni, ha criticato la serie, nel suo caso senza averla vista ma basandosi su quanto gli era stato riferito, ha detto sempre a La Stampa.

– Leggi anche: Il nuovo numero di Cose spiegate bene