Quando le suffragette vendevano giochi da tavolo

Le attiviste britanniche per il voto alle donne furono tra le prime a capirne il potenziale politico

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Negli ultimi anni sono stati creati diversi giochi da tavolo apertamente politici, spesso con il patrocinio di associazioni o istituzioni, o con il sostegno di un pubblico interessato su siti di crowdfunding come Kickstarter. Da Daybreak a Wingspan, molti hanno deciso di incorporare nel design e nelle meccaniche del gioco dei principi ambientalisti, oppure in aperto contrasto con l’ambientazione bellica o imperialista che si ritrova spesso in giochi molto famosi come Risiko! o Puerto Rico. Altri ancora scelgono di raccontare storie locali che qualcuno potrebbe aver dimenticato – come Resistenza! o Repubblica ribelle, entrambi sui partigiani dell’Appennino tosco-emiliano.

L’idea di incorporare la propria visione del mondo nei giochi da tavolo esiste però da oltre un secolo. Sia la Germania nazista che la Russia sovietica crearono diversi giochi a fini propagandistici: secondo l’Associazione internazionale per lo studio dei giochi da tavolo, il peggiore di tutti fu Juden Raus!, un gioco tedesco pubblicizzato come «divertente e istruttivo» negli anni Trenta, il cui scopo era spostare tutte le pedine rappresentanti gli ebrei dal tabellone verso un “punto di raccolta” dove sarebbero poi stati deportati verso la Palestina. «Se riesci a eliminare sei ebrei, hai vinto!», diceva il tabellone.

Ma prima della Guerra fredda e di entrambe le guerre mondiali, nel Regno Unito c’era già un gruppo che disegnava e vendeva giochi da tavolo, sia per diffondere i propri obiettivi politici sia per finanziare le proprie attività: le suffragette, ovvero le donne che lottavano per l’emancipazione femminile e la conquista del diritto di voto.

Questa tattica fu impiegata dalla Women’s social and political union (WSPU), organizzazione militante fondata da Emmeline Pankhurst nel 1903 con l’intenzione di instaurare «un regime di terrore» attraverso atti di disobbedienza civile e attacchi mirati contro le istituzioni fino a quando non si fosse ottenuto il diritto di voto per le donne. Fin da subito l’organizzazione si rese conto di non poter fare sistematicamente affidamento sulle donazioni di individui facoltosi e cominciò a produrre e vendere varie cose per raccogliere fondi sufficienti a sostenere il proprio lavoro nel momento del bisogno. Ne nacque una rivista, chiamata Votes for Women, e una serie di giochi da tavolo.

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Tra il 1908 e il 1909, la WSPU cominciò a vendere Suffragetto, gioco astratto simile agli scacchi che ricalcava l’opposizione tra attiviste femministe e forze dell’ordine che si stava svolgendo, negli stessi anni, anche nella vita reale. Al suo interno, un giocatore muove le pedine delle suffragette, l’altro quelle della polizia: l’obiettivo delle suffragette è sfondare le linee della polizia ed entrare nella Camera dei comuni per una protesta, quella della polizia entrare nel quartier generale delle attiviste, Albert Hall, per interrompere le loro attività.

I poliziotti possono “arrestare” le suffragette, confinandole nella sezione “prigione” del tabellone; le suffragette possono “ferire” i poliziotti, mandandoli nella sezione “ospedale”. Le due parti possono anche concordare uno scambio di prigionieri. Vince chi riesce per primo a introdurre sei membri nell’edificio degli avversari.

(Suffrajitsu)

Nella biblioteca Bodleiana di Oxford, che custodisce l’ultima copia fisica originale conosciuta di Suffragetto, si legge che «esplorando le tattiche delle attiviste che lottano per il voto, il gioco riflette la lotta delle donne che hanno osato fare l’imprevisto per raggiungere il loro obiettivo». La storica Renee M. Shelby ha scritto invece che «Suffragetto era un modo per interagire con il tipo di femminismo militante promosso dalla WSPU nel proprio tempo libero. Permette di mettere in atto l’ideologia femminista all’interno di un ambiente che è un ibrido tra fantasia e mondo reale. Inoltre, consente ai giocatori di sperimentare forme alternative di resistenza». Oggi è possibile giocarci online o stampare il tabellone per conto proprio.

Oltre a essere utili per raccogliere fondi, questi giochi spesso celebravano la storia e le attività delle suffragette: Panko, per esempio, era composto da 52 carte che rappresentavano vari eventi e personaggi pubblici dell’epoca che si erano espressi a favore o contro il voto per le donne, tra cui Pankhurst e Winston Churchill. Fu messo in vendita nei negozi della WSPU sotto Natale, nel 1909: secondo un’edizione di Votes for Women del 10 dicembre 1909, il gioco «non era soltanto un regalo perfetto, ma era utile anche a diffondere gli obiettivi politici e i colori delle suffragette».

(Museum of Australian Democracy)

In Pank-a-squith – una sorta di gioco dell’oca in cui i giocatori impersonavano alcune suffragette intente a raggiungere il parlamento – la sesta casella mostrava un gruppo di donne lanciare sassi contro le finestre del ministero dell’Interno britannico, la quarantatreesima una donna incarcerata che si rifiuta di mangiare (lo sciopero della fame era una delle principali tattiche delle suffragette incarcerate). Nella venticinquesima era raffigurata Emmeline Pankhurst mentre veniva arrestata dopo aver colpito un agente di polizia, come era avvenuto il 29 giugno 1909. La sedicesima diceva: «qualsiasi giocatore che atterra su questo spazio deve inviare un penny ai fondi delle suffragette».

Il principale avversario del gioco è il primo ministro liberale H. H. Asquith, che si era opposto al voto per le donne già a partire dal 1882 e non cambiò mai idea mentre era primo ministro: nel corso degli anni fu più volte avvicinato e aggredito dalle attiviste, ma fino al 1917 rimase convinto che il tema fosse frivolo e interessasse soltanto una minoranza dei cittadini. Nel Regno Unito le donne sopra i trent’anni ottennero il diritto di voto nel 1918, quello per tutte le donne britanniche maggiorenni arrivò invece nel 1928.