Un museo che riceve tantissime opere dello stesso artista si mette nei guai?

È successo al Met di New York, uno dei più importanti degli Stati Uniti, che ora dovrà decidere quali esporre e cosa fare delle altre

Una serie di piccoli quadri di Philip Guston appesi a un muro e una persona di spalle che li osserva
Una serie di opere di Philip Guston in mostra a Francoforte, in Germania, nel 2013 (EPA/Daniel Reinhardt, ANSA)

Il Metropolitan Museum of Art di New York (Met), uno dei più importanti musei degli Stati Uniti, ha ricevuto una grossa donazione di opere d’arte: 96 dipinti e 124 disegni di Philip Guston, un prolifico artista canadese americano di origine ebraica vissuto tra il 1913 e il 1980. È una donazione importante per valore e quantità, ma c’è chi ha criticato la scelta del Met di accettarla.

Le ragioni sono principalmente due. Per un museo avere così tante opere di un unico artista rischia di togliere visibilità a quelle, presenti in numero molto minore, di altri artisti e artiste. Inoltre il fatto che siano affidate a un’unica istituzione museale, invece che a tante diverse, limita l’accesso all’opera di quello specifico artista per molte persone.

Guston è considerato uno dei più importanti esponenti dell’espressionismo astratto, il movimento artistico di Jackson Pollock, e del neoespressionismo, una sua evoluzione verso forme figurative. Spesso viene definito il “traditore” dell’astrattismo, perché dopo aver dipinto forme astratte per una ventina d’anni, ottenendo un buon successo, cambiò genere e passò a dipingere immagini di satira politica con uno stile fumettistico.

Sono particolarmente note le sue opere in cui sono rappresentati uomini incappucciati come i membri del Ku Klux Klan, l’organizzazione terroristica di suprematisti bianchi responsabile di migliaia di morti e crimini contro gli afroamericani. Guston aveva visto il Ku Klux Klan in azione quando era giovane e in quanto ebreo aveva a sua volta subito discriminazioni razziste. Dopo l’assassinio di Martin Luther King, il leader delle lotte per i diritti civili, si mise a riflettere sull’identità dei razzisti, anche provando a mettersi nei loro panni.

Il Met possedeva già 16 opere di Guston, acquistate o ricevute a partire dal 1950. Con la donazione recente è dunque arrivato ad averne 236: per avere un termine di confronto, i dipinti espressionisti astratti presenti nella collezione del museo sono una sessantina. Comprendono opere di Pollock ma anche di Mark Rothko, Willem de Kooning e altri artisti: per nessuno di loro c’è un numero di dipinti comparabile a quello delle opere di Guston.

Più in generale, di nessun altro artista, vivo o morto, il Met o altri musei americani importanti hanno così tante opere. Se si considerano gli altri musei di New York, il Museum of Modern Art (MoMA) ha 55 dipinti di Pablo Picasso e il Guggenheim ne ha 70 di Vasilij Kandinskij. Il Whitney ha 222 opere di Edward Hopper, ma molte di queste sono molto piccole oppure opere giovanili di minore importanza. Il Met è un museo enciclopedico, nel senso che ospita opere e oggetti di valore storico di molti periodi diversi e di diverse parti del mondo, ma ora di fatto avrà al suo interno un sotto-museo dedicato a un unico artista.

Per questa ragione una delle preoccupazioni di Roberta Smith, tra i principali critici d’arte del New York Times e l’autrice di un articolo che ha messo in discussione la scelta del Met di accettare la grossa donazione di opere di Guston, è che per il museo avere così tante opere di un singolo artista metta in secondo piano quelle di tanti altri e altre, esposte in misura minore. Smith ha osservato che negli ultimi anni il Met si è impegnato in molti modi a dare risalto ad artiste e artisti che per decenni avevano ricevuto minore attenzione per pregiudizi di genere e razzisti. In questo senso impegnarsi così tanto per un singolo artista e in particolare uno come Guston – un uomo bianco – sembra andare in controtendenza, anche rispetto alla vocazione di rappresentazione universale del museo.

Al tempo stesso c’è anche un rischio opposto: avendo un numero così grande di opere di un unico artista, il Met potrebbe trovarsi a tenerne una gran parte nei magazzini per non sbilanciare troppo le proprie esposizioni, privando le persone della possibilità di vederle. Il Met ha detto che ha in programma di condividere con altri musei la donazione facendo prestiti di opere a lungo termine, ma accettandola ha anche promesso di non venderne mai nessuna. Secondo Smith è un limite perché «obbliga il museo a occuparsi di una grande quantità di opere e poche opportunità di mostrarle al pubblico».

Le opere di Guston sono state donate al Met da Musa Mayer, la figlia dell’artista. Mayer lo ha fatto dopo che nel 2021 il museo aveva ricevuto una donazione di 125 milioni di dollari (più di 110 milioni di euro) per costruire la sua nuova ala dedicata all’arte moderna e contemporanea. «Pensai che forse sarebbero stati interessati ad acquisire più opere degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta», aveva raccontato a dicembre Mayer al New York Times. Una decina di anni fa peraltro Mayer aveva collaborato con l’attuale direttore del Met, lo storico dell’arte austriaco Max Hollein, per una mostra sulle ultime opere di Guston alla Schirn Kunsthalle di Francoforte.

Mayer ha anche donato al Met 10 milioni di dollari (9 milioni di euro) per la creazione di un fondo che finanzi borse di studio intitolate a Guston e iniziative che promuovano la collezione di opere dell’artista. Con queste risorse, oltre che grazie al gran numero di opere in suo possesso, il Met sarà il principale centro di ricerca sull’opera di Guston nel mondo.

Accettando la donazione delle opere e del fondo, il museo si è impegnato a tenere sempre esposta una decina di opere di Guston per almeno cinquant’anni.

Smith ritiene che una controproposta più interessante e adeguata da parte del Met sarebbe stata accettare solo «metà (o anche un terzo) dei dipinti e dei disegni per sé e distribuire il resto ad altri musei in giro per il paese»: in questo modo avrebbe permesso a un maggior numero di persone di vedere opere di Guston più facilmente e allo stesso tempo evitato disequilibri nella collezione del Met.