L’intervento di Donzelli è diventato un problema per la maggioranza

Pochissimi lo hanno difeso per aver rivelato conversazioni tra detenuti al 41-bis, ma non si sa ancora se ci saranno conseguenze

Giovanni Donzelli (Cecilia Fabiano/LaPresse)
Giovanni Donzelli (Cecilia Fabiano/LaPresse)
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Negli ultimi due giorni la maggioranza che sostiene il governo di Giorgia Meloni è sembrata piuttosto in difficoltà nella gestione delle polemiche intorno a Giovanni Donzelli, il deputato di Fratelli d’Italia che martedì in un discorso alla Camera aveva diffuso alcune conversazioni tra detenuti in regime di 41-bis nel carcere di Sassari. Donzelli, che è uno dei più importanti esponenti del partito di Meloni, aveva riferito gli scambi avvenuti tra Alfredo Cospito, l’anarchico che è in sciopero della fame da oltre cento giorni proprio per protestare contro il 41-bis, e due membri della criminalità organizzata: il problema è che per il suo ruolo sembra probabile – ma questo aspetto è attualmente in corso di verifica – che non avrebbe dovuto conoscere quelle informazioni, né tantomeno avrebbe potuto divulgarle.

Nel frattempo sono stati chiariti diversi aspetti su come Donzelli abbia ottenuto i testi di quelle conversazioni: dopo alcune giustificazioni che non stavano in piedi, il deputato aveva ammesso di averle ottenute dal sottosegretario al ministero della Giustizia Andrea Delmastro, anche lui deputato di Fratelli d’Italia e con il quale Donzelli condivide l’appartamento a Roma. Non è ancora chiaro però se ci saranno conseguenze per entrambi, ed eventualmente quali: mercoledì in un’informativa urgente alla Camera il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha fatto sapere di aver chiesto un’indagine interna al capo di gabinetto del ministero, lo stesso per cui lavora Delmastro, e che ne riferirà gli esiti al parlamento quando sarà terminata. È quindi probabile che il caso sarà discusso ancora per giorni.

Sempre mercoledì è stata aperta un’indagine dalla procura di Roma per i reati di rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio, dopo un esposto del deputato dell’alleanza Verdi-Sinistra Angelo Bonelli. In generale diversi esponenti dei partiti di opposizione, soprattutto del Partito Democratico, hanno chiesto le dimissioni sia di Delmastro che di Donzelli: il primo per aver riferito a un altro deputato informazioni sensibili, il secondo per averle maneggiate con grande imprudenza, in un modo che secondo le accuse dimostrerebbe la sua inadeguatezza a ricoprire l’incarico di vicepresidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che si occupa di supervisionare il lavoro dei servizi segreti.

Delmastro e Donzelli hanno detto di non avere intenzione di dimettersi, e il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia Tommaso Foti, uno dei pochi nel partito a prendere posizione pubblicamente sulla questione, ha confermato che «restano al loro posto». Eventuali conseguenze per Delmastro e Donzelli però dovranno necessariamente basarsi sulle regole in vigore per il tipo di documenti che contenevano le informazioni divulgate: è soprattutto questo aspetto a non essere ancora chiaro, cioè se Delmastro potesse condividerne il contenuto con un altro deputato e in che forma, e che tipo di violazione abbia commesso poi Donzelli rendendolo pubblico.

Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (ANSA/ANGELO CARCONI)

Il regime di detenzione di 41-bis, il cosiddetto “carcere duro”, comporta per la quasi totalità del tempo un isolamento estremo, perché ha l’obiettivo di evitare qualsiasi contatto tra il detenuto e l’organizzazione criminale a cui apparteneva all’esterno. L’unica occasione in cui i detenuti possono parlare con altri detenuti è la cosiddetta “ora d’aria”, quella in cui le persone in carcere escono dalle celle. Chi è sottoposto al 41-bis ne ha al massimo due al giorno e deve trascorrerle sempre con le stesse tre persone: è in queste occasioni che Cospito avrebbe avuto le conversazioni riferite da Donzelli con membri della criminalità organizzata.

– Leggi anche: Come si vive al 41-bis

Le conversazioni di quel tipo finiscono in relazioni redatte dal reparto di polizia penitenziaria del Gom (Gruppo operativo mobile), che le fa avere al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) del ministero della Giustizia, quello per cui è competente proprio Delmastro in quanto sottosegretario. Secondo Repubblica sarebbe stato lo stesso Nordio a richiedere quelle conversazioni per valutare il caso di Cospito, di cui si discute da settimane per decidere se debba o meno restare al 41-bis: in ogni caso non è strano che le avesse a disposizione Delmastro, visto che ha la delega al Dap.

Alla Camera Nordio non ha chiarito se tali documenti potessero o meno essere condivisi con un altro deputato come Donzelli: «Bisogna comprendere di che tipo di atti si tratta, quale livello di segretezza essi abbiano, se e chi potesse averne conoscenza e se il destinatario potesse a sua volta divulgarli o condividerli con terzi». Questi quesiti secondo Nordio sono suscettibili «per alcuni aspetti di diverse interpretazioni». Ha però specificato che «in linea di principio, tutti gli atti riferibili in regime di 41-bis sono per loro natura sensibili», per questo per divulgarli «occorre una preventiva verifica e una valutazione del loro contenuto». Le reazioni scomposte dei due deputati interessati hanno fatto pensare che questa verifica preventiva non sia avvenuta.

Inizialmente infatti Donzelli aveva detto di aver preso le conversazioni «da documenti che sono presenti al ministero della Giustizia», ma è una tesi che è stata smentita dagli uffici del ministero a diversi giornali e che lui stesso ha poi ritrattato. Delmastro invece aveva detto di aver risposto a semplici domande di Donzelli, senza però fornirgli documenti: nel discorso alla Camera però Donzelli aveva citato le conversazioni testualmente.

Giovedì Delmastro ha dettoRepubblica che sarebbe disposto a dimettersi «se venisse dimostrato che quegli atti sono riservati e classificati», ribadendo però che «non è così».

L’intento di Donzelli nel suo discorso alla Camera era di denunciare l’esistenza di una presunta collaborazione tra la criminalità organizzata e Cospito per spingere lo stato ad abolire il 41-bis: un’accusa molto grave che, almeno per ora, non è sostenuta da prove, ma che doveva servire a spiegare perché il governo non avesse intenzione di rivedere la detenzione di Cospito in regime di 41-bis.

Molti hanno fatto notare che è difficile che un intervento così importante non fosse stato concordato con il governo, o comunque con i vertici del partito e quindi con la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni: in effetti dopo il discorso di Nordio mercoledì alla Camera è intervenuto per Fratelli d’Italia il deputato Ciro Maschio, che pur senza difendere Donzelli e Delmastro ha ribadito la necessità che Cospito rimanga al 41-bis a causa delle conversazioni con gli esponenti della criminalità organizzata. Fonti nel governo in questi giorni però hanno fatto sapere informalmente ai giornali che, a quanto dicono loro, né Meloni né Nordio fossero al corrente del contenuto preciso dell’intervento di Donzelli.

Meloni, come d’altra parte moltissimi altri in Fratelli d’Italia, non è intervenuta per difendere Donzelli e Delmastro, che sono due dei più importanti esponenti del partito, e anche negli altri partiti di governo i commenti sono stati pochissimi. Quelli che ci sono stati, semmai, sono stati piuttosto critici: il deputato di Forza Italia Giorgio Mulé per esempio ha detto alla Stampa che Donzelli «ha fatto un processino» che non appartiene «allo stile di tutta Forza Italia» e che «ha usato metodi che non dovrebbero avere cittadinanza nella battaglia politica».

L’unico ad aver difeso i due è stato il leader della Lega e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che parlando con i giornalisti al termine di un evento pubblico ha minimizzato la cosa definendola «una polemica parlamentare di un pomeriggio».

Nel frattempo il presidente della Camera Lorenzo Fontana, della Lega, ha chiesto la nomina di un “giurì d’onore” per le accuse che Donzelli ha rivolto ad alcuni parlamentari del PD che erano andati in carcere a verificare le condizioni di salute di Cospito. Il giurì d’onore è una commissione d’indagine che può essere convocata dai presidenti delle camere su richiesta di uno o più parlamentari per giudicare la fondatezza di accuse dirette che hanno ricevuto: si convoca molto raramente e non ha grossi poteri in termini pratici, se non quello di riferire alle camere le sue conclusioni, che possono poi decidere di agire di conseguenza. In passato le controversie che hanno richiesto un giurì d’onore si sono risolte con semplici scuse da parte dei parlamentari accusati.